In primo piano
Ciao Roberto
Un collega, un amico. Roberto Bonini ha lavorato al Pensiero Scientifico Editore per più di quarant’anni, prima nella distribuzione dei periodici e poi nella redazione editoriale delle riviste tra cui Assistenza infermieristica e ricerca, GImPIOS, Giornale Italiano di Farmacia Clinica, Bollettino della SIFO, Richard e Piggle.
Ci ha lasciati improvvisamente il 7 novembre.
Tutto qui
“Posso?” Aver lavorato insieme per quarantasei anni non faceva sentire Roberto autorizzato a entrare nella mia stanza senza chiedere il permesso. “Solo due parole” premetteva a mo’ di rassicurazione. Iniziava da lì una concatenazione di racconti, storie, digressioni, flashback, imitazioni, vocine, previsioni che potevano spaziare dalla necessità di riconsiderare la gabbia della sezione di un periodico all’interlinea di una nuova rubrica, dall’impossibile riproducibilità di un’illustrazione all’esagerata incapacità di passare la palla di Zaniolo, il quale – aggiungeva – aveva proprio stufato (be’ non usava esattamente questo termine). Chiudendo infine con una delle sue espressioni preferite: “Tutto qui”.
Tutto qui? Roberto è stato una digressione vivente, avendo attraversato un percorso di vita nel quale si aprivano costantemente porte su scenari nuovi e diversi. Un’adolescenza non facile, la passione per la chitarra classica e, giovanissimo, l’arrivo in casa editrice. Poi, altri innamoramenti: il windsurf e gli orologi nei quali ricercava la bellezza e dei quali imitava l’esattezza. La famiglia: Maria, poi Serena e Fabio. Credo abbia amato molto anche il proprio lavoro: aver iniziato la sua avventura al Pensiero curando la distribuzione dei periodici e non la loro redazione, lo ha messo nelle condizioni di provare – per quelle riviste e per chi con la propria intelligenza ne costruiva i contenuti – un rispetto particolare. Forse perché – come il signor Palomar – iniziava a guardare la luna nel pomeriggio, quando ancora non aveva preso quella forma che tutti avrebbero conosciuto. E questo allenamento alla costruzione paziente si è sempre manifestato nella cortesia, disponibilità, attenzione verso i suoi interlocutori e, forse ancor di più, per il “prodotto” che vedeva nascere col suo lavoro.
La sua socievolezza lo aiutava a stare a proprio agio ovunque si trovasse e il suo carattere – un equilibrio riuscito tra meticolosa precisione, inclinazione al cazzeggio, grande umanità e una competenza che si rifiutava di considerare definitiva – lo ha reso una persona unica. Nella tristezza della separazione, però, non voglio pensare che l’originalità della personalità e del modo di essere di Roberto sia qualcosa di inimitabile. La sua presenza in casa editrice è stata un prezioso esercizio didattico di una leggerezza – chiedo aiuto ancora a Calvino – che aiuta a planare sulle cose dall’alto. Sarebbe bello se le ragazze e i ragazzi che sono oggi al Pensiero e a Think2it rubassero a Roberto la capacità di osservare anche le cose più “gravi” da una prospettiva diversa. A differenza di Perseo, Roberto forse aveva “macigni sul cuore”: ci ha dato l’illusione che non fosse così, dandoci tutto quello che sentiva di poterci regalare.
Tutto qui.
Luca De Fiore
Il vento e le parole
A volte, temevo le incursioni improvvise di Roberto in camera mia: ogni tanto gli piaceva lo ascoltassi mentre mi esponeva un concetto, per poi chiedermi un parere. Prima di me, lo aveva fatto con mio padre Francesco, del quale manteneva il ricordo.
Il problema era che si trattava di questioni difficili. Tipo: secondo me, diceva, la democrazia è questa cosa qui. Oppure: essere di destra o di sinistra vuol dire quest’altra cosa. Essere padre significa. E così via. Mi usava come sparring partner perché mi occupo anche di filosofia e – bontà sua – mi credeva ferrato, appunto, in concetti e definizioni.
Al fondo, quei confronti erano una manifestazione del suo carattere. Aveva bisogno di punti di riferimento, come noi tutti, ma ne cercava di precisi. Ecco perché si vestiva con cura, quasi sempre in giacca e cravatta, impeccabile con la sua cartella di cuoio e le scarpe lucidate. E perché gli piacevano così tanto gli orologi. Oltre a ricordargli il padre, quei meccanismi così eleganti sono dei perfetti strumenti di misura. Per lo stesso motivo, Roberto era un ottimo suonatore di chitarra: dalle corde devono uscire note nette, precise, senza errori. Anche in windsurf non doveva sbagliare, per quanto il vento fosse forte. Anzi, più alto era il rischio, più provava piacere nel fendere le onde. Desiderio di precisione, cura dei particolari, determinazione: passioni e virtù, trasposte con diligenza e trasporto anche nel lavoro.
Ma aveva anche bisogno di qualcosa che arruffasse la vita, scompigliasse i programmi, facendo volare gli spartiti. Di qui, il fascino dell’azzardo, altra sua passione. Era attratto dal rischio, ma insieme – forse di più – dalle regole in grado di segnare una via, di indicare un cammino. Il che lo ha portato ad essere un padre affettuoso e presente, pur nel rispetto della libertà dei figli e delle loro scelte.
Già mi mancano le sue visite in stanza e le sue domande. Che poi sono quelle giuste e scomode, quelle che dovremmo rivolgerci tutti.
Luciano De Fiore
Roby
Ventitré anni di colleganza a stretto gomito (prima la stanza poi addirittura l’isola e nell’isola la scrivania), racconti di vita, di esperienze, supporto, assistenza, consigli e narrazioni, risate, lacrime e commozioni, arrabbiature e silenzi contrariati; tutto questo a nulla è valso – in termini di mia autorevolezza – quando nell’ultimo anno trascorso provavo a convincerti che, sì, era il momento di mollare, di godersi un po’ di meritato riposo.
Ridendo poi di me stessa per averlo anche solo pensato e addirittura espresso… magari anche più di una volta… Roberto in pensione? Che idea bislacca, che pensiero fuori luogo. Figuriamoci poi: in pensione prima del tempo!
Più ci penso più mi convinco che così dovevi salutare e partire, proprio così dovevi lasciare la tua ultima gigantesca impronta su questo suolo. Al Pensiero, alla tua scrivania, tra le tue cose nell’ordine in cui ogni mattina le mettevi. Solo che lunedì non le hai riposte. L’ha fatto, per te, Fabio.
E lunedì sono stata anche io, incredula come tutte e tutti, lì con te, ma sono andata via prima di te. Tu, so, che sei andato via alle 16.45, come ogni giorno. E come ogni giorno eri arrivato, alla solita ora. In mezzo l’enorme indicibile vuoto improvviso che è rimasto di te.
Un vuoto che ora toccherà riempire, anche se penso che non sarà poi troppo difficile: tanto eri tanto e presente che mi piace pensare di riuscire a portarti giorno per giorno con me, con noi, nel ricordo, nelle battute, nello scambio tra colleghe e colleghi, nella custodia del tuo lavoro e del tuo essere. Portarti, come se tu fossi lì alla scrivania accanto alla mia, almeno fino alla fine del 2023, quando veramente a quel punto il saluto dal e del Pensiero per il tuo pensionamento avrebbe probabilmente buttato giù le pareti per i botti e i fuochi d’artificio.
Ora che ci penso, sai che hai fatto Roby? Hai trovato il modo e la maniera, come solo tu potevi trovare, di non andarci proprio in pensione, di rimanere con noi, al Pensiero, facendo tanto di verso a chi – dopo 40 anni di lavoro e di servizio – conta i giorni che lo separano dalla “nuova vita”. Ecco, mandiamoci gli altri in pensione. Tu, Roby, resta con noi.
Manuela Baroncini
Sempre presente
Forse la principale qualità di Roberto era riuscire sempre a strapparti un sorriso. Lo ricordo già quando mi capitava di passare in casa editrice da piccola. Quando andavo con mia sorella Celeste, Roberto si divertiva a farla arrabbiare chiamandola “Rebecca”. Lei si offendeva, strillava, ma alla fine ridevamo tutti insieme. Questa qualità non l’ha persa negli anni. Il “Bonini show” delle pause pranzo era un classico: difficilmente dimenticheremo i tormentoni “alla patente” o “ti offro ’na bibbbita” o gli aneddoti sul drago di Komodo su cui si era fissato ultimamente. Roberto era anche la prima persona che incrociavo entrando in ufficio, seduto a una delle prime scrivanie, uno dei pochi a essere sempre presente. E credo continuerò a incrociarlo, tutti i giorni, girandomi verso di lui e immaginando il suo sorriso, la sua risata, e il buongiorno che ci dava ogni mattina. Ieri abbiamo salutato un collega, ma anche un amico. Un punto fermo per tutta la casa editrice.
Rebecca De Fiore
Discorso, discorso!
Più di trentadue anni passati assieme. In un altro tempo e occasione ti avremmo detto: “Discorso, discorso!” e tu schernendoti avresti detto di no e poi avresti iniziato a parlare magari raccontando una delle tue “tremende” barzellette e finendo con la tua risata particolare. Contagiosa.
Oppure sarebbe venuto qualcuno da me a lamentarsi che non funziona la lampada del bagno di sopra chiedendo di chiamare un tecnico per ripararla e io avrei detto che lo avrei chiamato subito. Poi mi sarei alzata e avrei girato l’angolo del tramezzo che separa la mia dalla tua postazione e sarei venuta da te, il nostro tecnico di fiducia, e ti avrei chiesto di aiutarmi a cambiare la lampada offrendomi di andare a prendere la scala nel mezzanino.
La scala l’avresti portata tu ma io te la avrei comunque retta, per la tua sicurezza, tu mi avresti spiegato (ancora) come girare la plafoniera per sbloccarla e del perché la lampada si fulmina così frequentemente. Avremmo parlato delle tue donne Serena, Maria e di Fabio e anche di Davide e della passione per gli orologi che vi accumuna.
Adesso non facciamo che lasciamo aperte le finestre se no Roberto chi lo sente!
“Bacetti nu ne stanno”. Ciao Roberto…
Luisa Cerquatti
Ascolto più empatia
Amico di tutti, ma veramente. Acceleratore di umanità, umorismo, buon umore. Impossibile resistergli, anche nella sua verbalità straripante. Non aveva una sfera privata, tutto per lui era da condividere, da compartir, irrefrenabilmente. Aveva un bisogno esistenziale di confrontarsi, di sapere, di conoscere. Ma in questo vortice che lo conduceva, c’era tutto lo spazio per l’ascolto, per l’altro, per l’empatia. E per questo era amico di tutti, ma veramente.
Marialidia Rossi
Andare insieme “alla patente”
La mia vita al Pensiero è appena diventata maggiorenne. Pronta per andare “alla patente”. Mi piacerebbe se l’accompagnassi. Così come l’hai accompagnata in questi anni, dal primo giorno, tutti i giorni, col sorriso e le risate, con gli aneddoti più strampalati, con i racconti veraci della tua gioventù romana di periferia, con quella cura estrema, quasi maniacale, che ti ha reso di diritto un pilastro della redazione, della casa editrice. Ci sei sempre stato. A dirimere le questioni concrete, come un neon fulminato, tanto quanto quelle editoriali – ho ancora la tua nota scritta, non più tardi 12 giorni fa, con la pilot blu e la bella grafia, sul mio tavolo, con l’elenco di cosa serve per registrare un periodico al tribunale. E più ci penso, e più questo elenco si dipana all’infinito nella mia mente. Ci sei sempre stato, e sempre ci sarai, tra i mattoni che costituiscono e sostengono il Pensiero. Presenza esplosiva, ma a volte anche discreta. Come puoi non mancarmi?
Se potessi metterti una foto in borsa, forse te ne metterei una di Bibliostar. Ogni tanto ancora mi dicevi “ma ti ricordi Bibliostar? Che bel convegno, quello, e tu eri proprio bella”. Ero in piena metamorfosi, cercando di capire cosa fare da grande, al Pensiero. E sì, hai ragione, quel convegno è stato proprio bello. E ricordarlo ora ha un gusto dolceamaro, perché ero con te e con Arabella…
Ciao Roby caro, un abbraccio dalla tua Vasco Vegana (aka Livia’s).
Livia Costa
Un ponte tra le generazioni
Quando sei fresco di università ed entri in un’azienda che esiste da settant’anni è normale avere un po’ di timore reverenziale nei confronti dei colleghi più esperti. Uno si aspetta un po’ di distacco, di indifferenza. Dei primi giorni al Pensiero ricordo invece il sorriso di Roberto, il suo “buongiorno Fabio” nel silenzio dell’ufficio ancora deserto, le sue battute per farmi sentire a mio agio. Voleva essere un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, tra il passato e il futuro del mestiere che tanto amava. Da tempo, ad esempio, stava portando avanti una battaglia con l’Ordine dei giornalisti per permettere anche a noi giovani redattori di essere riconosciuti come veri giornalisti. Non lo dimenticheremo.
Fabio Ambrosino
Roberto a numeri
Il primo volto il primo giorno di lavoro, il terzo saluto di tutti i giorni, sei gli anni di lavoro passati insieme, il primo ad aprire (io l’ultimo a chiudere), immenso l’orgoglio per i figli, molteplici gli aneddoti, poca la pazienza, puntale il “a Simò non me la racconti giusta”, rare le sfuriate al telefono (ma epiche!), costante la risata, difficile da dimenticare, quella che per la legge del contrappasso renderà malinconico il suo ricordo.
Simone Maggio
Un bacetto
Caro Roberto, mi mancherà sentirmi dire che sono seria e precisa proprio come tua sorella Simonetta; mi mancherà la richiesta di un “bacetto” in cambio di un favore o di una gentilezza (che nei miei confronti non sono mai mancati); mi mancheranno i tuoi racconti interminabili, le tue confidenze, le tue battute. “Beata te Simó” mi dicevi spesso quando ci incrociavamo al caffè.
È stato bello conoscerti, fai buon viaggio.
Simona Maiorano
Il tuo simpatico sorriso
Eri una costante, una certezza e con dolcezza paterna mi dicevi sempre “Pamelina mia”.
Mi hai fatto ridere tantissime volte e cercherò di ricordarti sempre con il tuo simpatico sorriso. Ciao Robertino.
Pamela Appella
L’ufficio più silenzioso
Nonostante Roberto me lo sia vissuto relativamente poco rispetto a voi, a parte la simpatia, ricordo nello specifico i primi giorni in cui scherzava sul mio cognome: “Scovacricchi”, dicendo che era azzeccato per un programmatore (nonostante io la correlazione non ce la vedessi proprio XD).
Purtroppo oggi l’ufficio è più silenzioso.
Francesco Scovacricchi
Un punto di riferimento
Se c’è qualcosa che rimpiango è di non averti mai ringraziato per la tua accoglienza al mio primo giorno di lavoro: non la dimenticherò mai. Grazie per essere stato un punto di riferimento, una spalla e uno stimabile collega. Ciao Robbè.
Gianni Esposito
Piccole grandi preziose attenzioni
Difficile pensare che d’ora in avanti, dopo ormai quasi trent’anni, non ci sarai più tu da salutare tra le prime persone presenti la mattina al Pensiero.
Hai lasciato un vuoto che si farà sentire a lungo.
Ricordo con tenerezza quando venivi a sbrogliare il filo del ricevitore del mio telefono quando si arrotolava su sé stesso. Proprio non riuscivi a lasciarlo così.
Perché, oltre a essere un compagno di lavoro sempre disponibile a dare una mano, avevi per noi quelle piccole attenzioni che si riservano alle persone alle quali si vuole bene, come se facessero parte della tua stessa famiglia.
E sei riuscito in questa grande impresa di riunire noi, la tua seconda famiglia, accanto alla tua nell’ultimo giorno della tua vita.
Ti abbraccio ovunque tu sia.
Mara Losi
Booom!
In 14 anni di Pensiero con Bonini non siamo mai stati “vicini di banco”. Lui curava le riviste, io i progetti legati al web, quindi molto di rado ci è capitato di condividere questioni strettamente legate ai nostri ruoli e compiti in casa editrice.
Ma nonostante questo Roberto è stato per me, fin da subito, tra le figure più riconoscibili di questa grande famiglia. E credo con ciò di interpretare un sentimento comune a tutti i colleghi, persino ai più giovani che sono arrivati da poco. Non solo perché quasi mai riuscivi ad incrociare Bonini in uno degli ambienti dell’ufficio senza essere catturata da uno dei suoi mitici aneddoti, ma anche perché, al di là della naturale attitudine allo “show”, Roberto era un’anima empatica, sinceramente curiosa verso il prossimo. Non ricordo una volta che in quelle circostanze, alla fine di un’esilarante tirata, non mi abbia chiesto qualcosa di me, restando ad ascoltare con attenzione la mia risposta.
Sul nostro Bonini piovono tormentoni. Ognuno di noi ha il suo preferito. Io ne ho uno personalissimo, di cui vado particolarmente “fiera”…
È la primavera del 2016 e alla fine di un’intensa giornata di lavoro mi preparo ad uscire per adempiere alle incombenze familiari che mi attendono di lì a poco. Saluto tutti frettolosamente, timbro e mi precipito giù, verso il parcheggio retrostante l’ingresso della sede di Settebagni. Raggiungo la mia C1, accendo il motore, do un’energica sterzata a marcia indietro e… “Booom!”. Mi ritrovo piantata sulla Punto nera di Roberto Bonini. Ora, chi lo conosce sa della cura di Roberto per le sue cose. Quella per la macchina era paragonabile all’attenzione dedicata alle sue scarpe stringate: anche queste nere, fulgide e immacolate.
Tempo di contare “Tre-due-uno…”, lui si è già affacciato, reso conto dell’accaduto e scapicollato di sotto a constatare il danno. Io, che ero incinta all’ottavo mese, riesco nel mentre a scastrarmi dall’auto, sfoderare il pancione e un sorriso smagliante da offuscare er Mandrache di “Febbre da cavallo”. Spunta Roberto dall’angolo dell’edificio, con le mani sulla testa (mentre dalle finestre i colleghi sono pronti a gustarsi la scena): “Oddio-oddio, che hai fatto!”. Io ovviamente mi scuso tantissimo, ma di fronte alla sua preoccupazione minimizzo: “Roby non è niente, un fanalino!”. “Oddio che disastro!”, incalza lui. “Dai Robe”, il carrozziere te lo sistema in mezz’ora e passa la paura”, insisto per tranquillizzarlo. E lui tenerissimo, a mani protese: “A Giu’, te possino, ma te sei fatta male?!”.
Giulia Volpe
‘Na bibbita
Ciao Robby, so che non vorresti parole gravi, tu che alleggerivi la pesantezza con la tua positività. Porto con me la tua risata, i tuoi racconti esilaranti, il tuo sguardo rivolto fisso a me anche tra 15 colleghi, e io chiedevo “ma perché fissi solo me?”… e tu ridevi.
Ricordo le nostre chiacchiere quando venivi nella mia stanza per condividere alcune preoccupazioni, ed io le mie o quando parlavamo della passione comune per il mare incontaminato. Sei l’unica persona a cui ho regalato il gadget della palla con la neve da un viaggio negli Stati Uniti: quanto ho riso quando hai aperto il pacchetto!
Non perdevi occasione per citarmi le migliori battute di Carlo Verdone, e io ogni volta ci cascavo, perché pensavo mi volessi chiedere una cosa seria, e invece con il braccio poggiato con il finestrino abbassato dell’auto, mi chiedevi: A Mari’, te posso offri na bibbita?
Robby, sappi che la tua presenza non è sostituibile, il Bonini show continua!
Maria Nardoianni
Bonini Show
Caro Roberto, devo a malincuore farti una critica, malgrado la stima e l’affetto. Il finale di questa stagione del “Bonini Show” non mi è piaciuto proprio per niente. Per giunta ho saputo che la serie è stata cancellata, che non ci sarà una nuova stagione. Spero che ai piani alti qualcuno ci ripensi, perché non si fa così, no. Ci manchi.
David Frati
Te vojo bene
Non c’è un solo ricordo di te che non porti con sé la comparsa di un sorriso. Non c’è un messaggio su Skype, WhatsApp, Facebook, mail che ci siamo scambiati che non finisca con una grande risata, una battuta, un abbraccio. Ogni tanto venivi alla mia scrivania per prendermi in giro, come al solito, e prima di andare via mi dicevi “Benedè, quanto te vojo bene”, e immancabilmente la risposta era “Anch’io Robè”.
Benedetta Ferrucci
Simpatia, umanità, professionalità
Mi mancheranno i tuoi “A’ Lore, me devi fa’ ‘n favore”, “Ao’, ma che patacca c’hai ar porso?…”, i tuoi occhi che si intenerivano quando ti parlavo dei miei bimbi, i tuoi racconti epici di gioventù alla Oscar Pettinari, le risate senza senso sotto i baffi quando c’incrociavamo per l’ufficio, ma soprattutto mi mancherà un riferimento costante e quasi imprescindibile di simpatia, umanità e professionalità nella mia vita di ogni giorno al Pensiero, e non solo… Il vuoto che lasci non si può misurare.
Lorenzo Consenti
Mio carissimo amico
Dolce, gentile, generoso, allegro, preciso, attento, garbato e non basta per descriverti. In tutti questi anni sei stato tutte queste e molto altro. Te ne sei andato troppo in fretta, tu ci sei sempre stato, sempre e ora? Come faccio a pensare di entrare in ufficio e non trovarti più lì, seduto alla scrivania, oppure nella nostra stanza o al caffè a ridere, a confidarci, a raccontarci le storie e i problemi vecchi e nuovi delle nostre vite. Tu ci hai aperto tante volte il tuo cuore e a noi senza accorgercene ci veniva naturale aprirti il nostro, il mio… ed è lì che ti ricorderò mio carissimo amico, addio Roberto.
Lucia Zarra
Una naturale bontà d’animo
Come contenere in una manciata di parole il ricordo di una persona come Roberto? Impossibile. Roberto era una presenza quotidiana e costante della nostra vita lavorativa: il primo ad arrivare e a darci il buongiorno al nostro ingresso in redazione, sempre disponibile ad aiutare tutti per un problema tecnico che non si era in grado di risolvere da soli, sempre “sul pezzo” qualsiasi fosse l’argomento da affrontare. E che dire della sua peculiare capacità di ravvivare la parte finale della nostra pausa pranzo, quando il caffè prima di tornare alla scrivania si trasformava in un’improvvisazione di fronte a una platea pronta a dargli il la. Amici d’infanzia, conoscenti, bagnanti e guardia costiera, colleghi vecchi e nuovi diventavano personaggi irresistibili di un canovaccio condiviso che si costruiva giorno dopo giorno, anno dopo anno, di cui tirava le fila con maestria: una commedia dell’arte a nostro uso e consumo che faceva ridere di cuore anche chi veniva preso di mira. Perché anche con i suoi momenti no e con i suoi problemi, Roberto aveva la capacità di aprirsi a tutti e di esserci per tutti con una naturale bontà d’animo… E questa sua dote lo farà restare sempre accanto a noi.
Bianca Maria Sagone
Legami di vicinanza e intimità
Non riesco a credere che sia successo davvero, che non ti vedrò più, che non mi aiuterai più a risolvere i miei mille piccoli problemi. In tutti questi anni ci sei stato sempre, con allegria, leggerezza, lealtà. Ci siamo fatti un sacco di risate insieme, ma soprattutto ci siamo raccontati cose privatissime stabilendo un legame di vicinanza e intimità raro e profondo. Avevi il dono dell’empatia, ti bastava un’occhiata la mattina per capire se qualcosa mi stava andando storto, allora con una scusa ti avvicinavi e trovavi sempre le parole giuste per farmi raccontare. Facevo lo stesso con te, cercando di schivare i tuoi momenti no, quelli in cui non ti lasciavi avvicinare altro che per fare il tuo teatrino. Sei stato un amico sincero e fedele e adesso riesco solo a pensare che sono disperata all’idea di non averti più.
Erica Sorelli
Una persona speciale
Un caro amico e collega da 40 anni, non riesco a non vederlo la mattina appena arrivo in ufficio, senza più poter scambiare due chiacchiere oltre il “muretto” tra una scartoffia e l’altra… Dovevamo andare in pensione insieme il prossimo anno e parlavamo spesso di conteggi e progetti futuri. Mi mancherai tanto per tutto, per i problemi quotidiani di cui discutevamo, gli scherzi che ci facevamo, nascondendoci a vicenda il mio cornetto della Misura e il tuo panino, come due ragazzini… Una grande perdita per la sua competenza, intelligenza e simpatia. Una persona speciale.
Massimo Pucci
Un tramonto marino
Non è facile scriverti.
Trovo tutto questo innaturale. Sarai sempre nei miei pensieri, magari davanti ad un tramonto marino o quando sentirò una bella brezza o vedendo qualche spericolato su di un windsurf.
Ho condiviso molti anni della mia vita lavorativa con te. Anni divertentissimi. Ho potuto contare sempre su di te.
Sono disperato Roberto.
Ti ringrazio per le ore che hai perso nel sentirmi e ti ringrazio dei consigli che mi hai dato.
Un abbraccio.
Andrea De Fiore
Azzurro
Non è facile trovare le parole giuste per salutarti, per raccontare la persona che eri. Il dolore che abbiamo vissuto nel giorno in cui te ne sei andato mi ha strappato via dalle emozioni che avevo imparato a riconoscere. Qualcosa quel giorno è cambiato per sempre. Ma in quel giorno uno dei primi pensieri lucidi è andato al mare, al vento, all’azzurro nei tuoi occhi quando mi parlavi della passione che ci avvicinava, la barca a vela, il mare, il vento. “Hai visto che bel maestrale ‘sto weekend?” Mi dicevi solo poche settimane fa, il lunedì mattina. E i libri, i consigli, le manovre quando “c’è onda” e molto altro è ciò che mi hai donato. Ecco, sarà con il pensiero a te che cercherò il vento più forte, quello che ingrassa le vele e ti spinge avanti. Sarà con il pensiero a te che chiuderò gli occhi nel momento in cui spegni il motore e nella tua testa c’è soltanto mare, c’è soltanto vento, c’è libertà.
Buon vento Roberto.
Giada Savini
Libertà
“Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati, a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato. Libertà l’ho vista svegliarsi ogni volta che ho suonato, per un fruscio di ragazze a un ballo, per un compagno ubriaco…E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare. Finii con i campi alle ortiche, finii con un flauto spezzato, e un ridere rauco e ricordi tanti, e nemmeno un rimpianto”.
In questi giorni, mentre cerco di cancellare dalla mente la paura, il dolore, la sensazione di assenza, un solo motivetto continua a ronzarmi nella testa, e come spesso mi capita nelle situazioni in cui cerco conforto, è De André a venirmi in soccorso. La sua voce che scalda, la sua sottile ironia, la sua irriverenza, le sue parole giuste al momento giusto. Sembra un quadro dipinto per te Roby, una melodia che vuole ricordare la tua libertà di essere, di vivere, di partecipare, di riempire gli spazi con risate, con racconti, con esperienze…e poi il flauto spezzato, come i nostri cuori, i ricordi, e i non rimpianti, se non quelli di non averti più qui per condividere ancora insieme qualche racconto. E allora è proprio questa canzone che voglio dedicarti Roby, quella del Suonatore Jones, volgendo a te un pensiero ogni volta che la sentirò riecheggiare lungo la mia strada. Non so dire altro adesso, il dolore deve maturare ancora dentro, ma la musica lo sai…aiuta a sciogliere la tristezza. Ciao Roby.
Liliana Scaffa
Così, ‘de botto, senza senso
‘Quante cose avremmo da “raccontare” noi del Pensiero attraverso i musei della Scienza in Italia? Mille euro (netti eh…) a chi mi darà l‘idea vincente’, ci aveva scritto il nostro direttore nella bacheca Facebook del gruppo della casa editrice. La richiesta, apparentemente semplice, nascondeva delle insidie.
Roberto, qualche mattina dopo, era arrivato dritto alla mia scrivania perché voleva capire se il senso di straniamento che aveva provato nel leggere l’articolo Musei come luoghi del racconto, che Luca aveva postato insieme a questa call for proposal, era solo il suo. Aveva delle idee che bollivano, ma non le aveva condivise: la lettura forse lo aveva inibito. Siamo finiti a dichiararci la nostra profonda inadeguatezza intellettuale. A parlare di Pasolini e di Foucault, di altezze e di semplicità. Per poi concludere che la complessità di alcune riflessioni deve stare attenta a non fallire nell’intento di muovere i cambiamenti.
Poi, così ‘de botto, senza senso’ mi ha detto: comunque Silvana scrive proprio bene. Chiara. Diretta. La sua ‘penna’ preferita tra le colleghe, insomma. Il messaggio oggi mi è chiaro: Norina quando scrivi, resta umile, semplifica. Mi si spezza il cuore a pensare che non ci sia più, ma mi consola l’infinità di perle che ci ha regalato.
Norina Di Blasio
Impossibile non volerti bene
Ciao Roby, ci hai sorpreso un sacco di volte in tutti questi anni di lavoro comune, ma ora ci hai lasciato davvero senza parole. Siamo attoniti. La vivacità, la curiosità e la generosità con cui ti rivolgevi a tutti noi ci mancheranno davvero, così come l’affetto sincero che trasmettevi. Con ognuno di noi cercavi, e trovavi, un terreno comune, un argomento da condividere, qualcosa per accorciare la distanza. Era impossibile non volerti bene.
Che la terra ti sia lieve Roberto.
Martina Teodoli
Para Roberto
Da INSTRUCCIONES PARA DAR CUERDA AL RELO, di J De Julio Cortázar
Allá en el fondo está la muerte, pero no tenga miedo. Sujete el reloj con una mano, tome con dos dedos la llave de la cuerda, remóntela suavemente. Ahora se abre otro plazo, los árboles despliegan sus hojas, las barcas corren regatas, el tiempo como un abanico se va llenando de sí mismo y de él brotan el aire, las brisas de la tierra, la sombra de una mujer, el perfume del pan. ¿Qué más quiere, qué más quiere? Átelo pronto a su muñeca, déjelo latir en libertad, imítelo anhelante. El miedo herrumbra las áncoras, cada cosa que pudo alcanzarse y fue olvidada va corroyendo las venas del reloj, gangrenando la fría sangre de sus pequeños rubíes. Y allá en el fondo está la muerte si no corremos y llegamos antes y comprendemos que ya no importa.
Argenis Ibáñez


















Caro Roberto, difficile poter scrivere qualcosa dopo una notizia così inaspettata e crudele.
Ancor più difficile lasciarti un pensiero considerando che non ci siamo mai conosciuti “de visu” nonostante ti possa, a ragione, considerare un caro amico anche se virtuale…
Eri un prezioso collaboratore nel “nostro” forum tematico sull’orologeria, hai sempre dimostrato una rettitudine ed un impegno assolutamente mirabili, a maggior ragione perché tutto è sempre stato dimostrato nell’ambito di un vero e proprio “volontariato culturale”.
Ciao Roberto, che la terra ti sia lieve, non verrai dimenticato.
Ciao Roberto.
Sia nel Forum, sia sul posto di lavoro la stima di chi ti conosceva e le parole usate per ricordarti sono le medesime. Mancherai a chi ti conosceva di persona e chi solo ‘virtualmente’, ma soprattutto all’affetto dei tuoi cari cui va il mio abbraccio più grande.
Incredibile che proprio in questi giorni io abbia sentito il bisogno di cercare Il Pensiero Scientifico Editore e quindi cercare te. Ero sicura di trovare una persona attenta, cordiale e sincera, vera e professionale, la persona adatta a cui chiedere consiglio, con cui confrontarmi. Così ti ho conosciuto più di venti anni fa, il tuo modo di porti con gentilezza, di usare ironia e cercare sempre confronti costruttivi per lasciarci poi, sempre, con un sorriso. Grazie Roberto, grazie per esserci stato così.
Roberto è stato un collega di staff sul forum di orologeria che frequentava, e come spesso accade con questo tipo di “frequentazioni” si era creata un’interazione pressoché quotidiana senza però esserci mai conosciuti di persona.
Noi tutti avevamo un’idea di Roberto, di cui non conoscevamo neanche il volto ma i vostri messaggi ci hanno aperto a una persona che doveva davvero essere meravigliosa al punto che vi invidiamo la possibilità di averlo potuto frequentare nel quotidiano.
Era integro, una persona tutta d’un pezzo e pur essendo il nostro “un gioco” lui ha realmente dato il massimo e lo ha fatto perennemente, con una correttezza ed un’intransigenza che a volte ci è sembrata perfino eccessiva dandoci l’idea di una rigidità caratteriale che si è scontrata con “la bibbita” ed il “Bonini show”.
Una cosa su tutte, mi ha commosso infinitamente quell’atteggiamento paterno che aveva con i più giovani di voi, questo tratto è emerso tante volte anche sulle pagine del nostro forum.
Ci mancherà tantissimo e non lo dimenticheremo.
Personalmente ho vissuto la sua partenza come una lacerazione che è arrivata in un frangente personale non facile, e proprio questa repentinità mi è servita a ricordare quanto sia indispensabile andare all’essenza del Bello che c’è nel nostro quotidiano, come mi sarebbe piaciuto andare “oltre” il nickname (che era Roberto Pensiero, vi aveva talmente nel cuore da avervi messi nel suo nick) e conoscere questo uomo meraviglioso che da lassù da adesso in poi ci metterà una mano sulla spalla.
Ancora una volta quindi, Grazie Rob.
Antonio “AntoMe”
Di Roberto porterò con me la gentilezza, il garbo e la disponibilità. E sarò più ricco sicuramente e forse più simpatico? Mai quanto lui. Beati gli angeli ad averti tra loro, sai quante risate gli stai facendo fare adesso per presentarti… Ma loro sanno bene chi sei e t’avranno già accolto. Fammi sapere se usate orologi e cronometri lassù, per contare le nuvole, quando passa il vento o dare un numero alle stelle. Magari avrai incontrato mio padre e gli avrei detto “dottore…” aggiornandolo delle novità in catalogo ed altre storie. Senza fretta, con grazia come facevi tu. Posso? tutto qui! Buon vento, Roberto