In primo piano

Aspettando i Mondiali, un gol per la lettura

 
Perch hai iniziato a lavorare nel Terzo Settore?

È stato naturale, n più n meno del mettere in pratica la responsabilità sociale che tutti abbiamo. A maggior ragione, proprio grazie alla mia popolarità ed al successo che ho avuto, mi sono sentito in dovere di fare di più, così come dovrebbero fare le persone privilegiate e le imprese. Questa coscienza deve crescere sempre di più e lo Stato dovrebbe stimolare e sostenere questa crescita.

Come è nata l’idea di una Fondazione?

Ho conosciuto Leonardo nel 1990, quando giocavamo nel Sao Paulo Football Club; già allora sentimmo di condividere la stessa idea. Nel 1997, entrambi passati al Paris Saint Germain in Francia, iniziammo a studiarne la fattibilità. Nel 1999 tornai in Brasile e mi occupai dei primi contatti, visto che Leonardo giocava in Italia nel Milan. Per scrivere il progetto, ebbi indicazioni dalla Fondazione Abrinq e dall’Istituto Airton Senna. Insieme al governo dello stato di Sao Paulo, abbiamo iniziato la ricerca di luoghi particolarmente adatti e poi dei finanziamenti.

Qual è stata la prima difficoltà?

Trovare i fondi, con il progetto appena scritto sulla carta. Ci aiutò abbastanza l’aver già rapporti con istituti conosciuti nell’ambiente, quali l’Abrinq e il Centro di Studi e Ricerca in Educazione, Cultura ed Azione Comunitaria, enti che godevano già di una certa credibilità. In questo modo, non era solo l’idea di due atleti ma qualcosa di più professionale. Questo ha aiutato. Il primo partner finanziatore fu la Fondazione W.K. Kellog.

Perch bambini e adolescenti?

È un’idea che viene dal 1990. Sono convinto che l’ingiustizia sociale inizi proprio nella differenza delle opportunità. Vorremmo contribuire alla formazione dei bambini e dei ragazzi brasiliani.
Ha anche aiutato il convivere con giocatori di calcio, che solitamente hanno origini umili?
Certamente. Il 95 per cento dei calciatori proviene da ceti sociali non particolarmente abbienti; l’aver giocato uno sport popolare ci ha dato l’opportunità di conoscere un’altra realtà, vedere da vicino ciò che la vita offriva loro. La differenza tra le nostre e le loro opportunità certamente ha aiutato il lavoro.

Quali sono le sfide principali che ancora dovete affrontare?

Una è certamente la sostenibilità nel lungo periodo. Un’altra, che stiamo vincendo, è la qualità del lavoro, principalmente quella legata all’educazione, alla formazione dei bambini e dei ragazzi. Abbiamo investito molto nei collaboratori, scegliendo persone che avessero contatto esperienza di lavoro a contatto diretto con i bambini. Gli stessi giovani che hanno fatto parte del progetto e che abitano nel territorio si stanno preparando per diventare educatori.

Da dove vengono i proventi della Fondazione?

Abbiamo iniziato con un fondo istituzionale, nel quale investimmo Leonardo ed io. Ancora oggi circa il 30 per cento delle risorse deriva da questo Fondo obbligazionario. Il resto viene da accordi con istituzioni, privati e Governo.

Che bilancio fai della Fondazione Gol de Letras?

I risultati sono stati molto più rapidi di quanto ci potessimo immaginare e il coinvolgimento della comunità che siamo riusciti ad ottenere ci ha sorpresi. Dobbiamo persino stare attenti a non andare fuori strada rispetto agli obiettivi primari che ci siamo preposti; infatti, ci viene proposto di affrontare altre questioni e problematiche e temiamo che aprendoci a queste richieste rischieremmo di perdere in qualità. L’obiettivo rimane quello di concentrarci sul nostro lavoro, migliorare di volta in volta la qualità, ottenere risultati concreti nella rieducazione dalla violenza e nella formazione dei ragazzi. A partire da questo, vorremmo definire un modello pilota, che potrebbe essere ripreso da altre organizzazioni con le nostre stesse finalità e perfino dagli organismi pubblici competenti.

Come giudichi l’evoluzione del terzo Settore?

Percepisco la preoccupazione delle istituzioni ad organizzarlo sempre di più, cercando la qualità e i risultati e non perseguendo la pura e semplice assistenza. Esiste anche una domanda da parte degli investitori privati che vuole sapere come il lavoro si sta portandoavanti e in quale forma. Comunque, la qualità della gestione e del lavoro sta crescendo.

Cosa manca ancora?

Che le istituzioni prendano coscienza della propria missione; inoltre, sarebbe necessaria una diversa e maggiore preoccupazione nei confronti del modello di gestione dei progetti. Bisogna ottenere maggior collaborazione tra gli operatori del Terzo Settore, così da evitare di duplicare gli sforzi sul medesimo problema, e lavorare anche con altri settori della società per la costruzione di un modello educativo. Questa è una cosa nuova che potrebbe portare novità al Brasile, un Paese creativo che politicamente sta maturando molto. Siamo in un momento importante per il Paese, con molti problemi ma anche moltissime possibilità di soluzione.

 

7 giugno 2006

L’intervista è tratta da  "O consumidor moderno"

Rai, insieme al collega Leonardo, nel 1998 ha cominciato a dare vita a un sogno: cercare un’idea per offrire l’accesso all’educazione e alla cultura ai bambini e adolescenti brasiliani con poche opportunità. La prima sede del Gol de Letra sorge a San Paolo, nella comunità di Vila Albertina. Nel 1999 iniziano le attività e i progetti. Nel 2001, seguendo gli stessi programmi di San Paolo, viene aperto un nuovo spazio a Rio de Janeiro, in un quartiere molto povero di Niteroi. Rai è anche uno dei membri del consiglio "Fame Zero" (l’organo mondiale che si occupa di debellare la fame nel mondo).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *