Come condividere con i cittadini la metodologia e il linguaggio scientifico propri della medicina?
È necessario cominciare a lavorare attraverso corsi di aggiornamento e formazione su tematiche di interesse condiviso: ad esempio, come si costruisce l’evidenza scientifica, quali sono le caratteristiche degli studi clinici, come si può lavorare in un comitato etico, ecc.
Secondo la mia esperienza si tratta di corsi molto interessanti dal momento che coloro che lavorano nelle associazioni tendono ad avere una visione più parziale del problema e della malattia; lavorano molto intensamente sul proprio territorio, seguendo le esigenze dei pazienti che rappresentano, ma difficilmente hanno una visione d’insieme o si pongono il problema di come poter partecipare in maniera più completa all’assistenza sanitaria. In genere attraverso i corsi si acquisiscono maggiori conoscenze dell’argomento che permettono di vedere numerose nuove possibilità di lavoro e attività.
Un maggiore coinvolgimento di "pazienti&cittadini" non li espone al rischio di strumentalizzazione da parte dell’industria e degli "esperti"?
È un rischio che esiste per i pazienti come per le categorie professionali e le società scientifiche. I pazienti hanno naturalmente un atteggiamento un po’ più naïf delle associazioni medico-scientifiche e sono esposti ad un rischio maggiore.
Dalla parte delle aziende farmaceutiche c’è sicuramente un interesse dal momento che hanno visto nelle associazioni di pazienti un altro partner per la promozione dei propri prodotti. Anzi si può dire che hanno capito la potenzialità di questo nuovo partner ben prima di altre categorie. È necessario organizzarsi e discutere di questo tema, perché il rischio è che non sia solo un interesse scientifico quello che spinge l’industria e gli esperti a coinvolgere le associazioni. Si tratta di un rischio reale, peraltro ci sono associazioni di pazienti che hanno redatto dei documenti per evitare di essere ostaggio delle sponsorizzazioni e hanno limitato le tipologie di sponsorizzazione che possono essere fatte alla loro associazione.
Quali sono gli obiettivi di Partecipa salute?
Questo progetto di ricerca è innovativo nel suo genere perché si inserisce in un contesto come quello italiano dove le associazioni di cittadini e pazienti ancora partecipano raramente alle scelte della ricerca e della politica sanitaria. Il progetto nasce dall’idea e dalla necessità sempre più sentita di far collaborare in modo attivo cittadinanza, associazioni di pazienti e comunità scientifica, creando un tavolo di confronto tra le parti.
Supportata dalla compagnia di San Paolo di Torino, l’iniziativa che avrà valenza triennale, poggia sull’idea di creare entro un paio di anni le condizioni per lavorare con le associazioni di pazienti, mettendole in comunicazione con le aspettative e necessità delle relative società scientifiche. Il progetto vanta la collaborazione del Centro Cochrane Italiano e della Agenzia di giornalismo scientifico Zadig. L’obiettivo è creare un dialogo affinch differenti iniziative possano concretizzarsi su un piano comune, con lo scopo di coinvolgere sia associazioni di "pazienti&cittadini" sul tema dell’assistenza sanitaria, quindi su tematiche come l’efficacia clinica, l’impatto sulla qualità della salute, sia le organizzazioni professionali. Queste ultime possono così rendersi conto del potenziale offerto dalle associazioni e coinvolgerle in progetti d’interesse comune. Esempi di attività di questo genere vengono sempre più spesso riportati nei paesi anglosassoni mentre sono più rari in Italia.
Tuttavia la partecipazione attiva dei "pazienti&cittadini" alle scelte di salute non sembra essere un elemento acquisito della nostra cultura…
Tra i primi passi di questo progetto, vi è stato un censimento delle federazioni di associazioni di cittadini e pazienti. Questo ci ha permesso di renderci conto dell’esistenza di un lavoro disgiunto tra le associazioni di pazienti e quelle a carattere medico-scientifico. Sono rari i casi in cui medici e pazienti lavorano congiuntamente ad un progetto comune, per esempio alla stesura delle linee-guida, alla partecipazioni ai lavori delle conferenze di consenso, o più specificatamente a progetti di ricerca come gli studi clinici.
Sempre nell’ambito del progetto stiamo lavorando ad una iniziativa concreta di collaborazione tra associazioni e società medico scientifiche: a giugno del prossimo anno verrà celebrata la conferenza di consenso dal titolo "Bisogni riabilitativi ed assistenziali delle persone con disabilità da grave cerebrolesione acquisita e delle loro famiglie, nella fase post-ospedaliera". Per la preparazione della conferenza di consenso un gruppo di lavoro formato proprio da rappresentanti di associazioni che attraverso indagini e la produzione di documenti ad hoc porteranno il loro importante e unico contributo alla discussione.
Se da una parte esistono iniziative di sensibilizzazione e formazione rivolte a pazienti e associazioni che li rappresentano, dall’altra si rende necessaria l’educazione anche delle organizzazioni scientifiche?
Il problema, infatti, si pone anche per le associazioni scientifiche che, spinte dal dibattito culturale in corso, cominciano ad avvicinarsi al tema di una collaborazione stretta con cittadini e pazienti e loro rappresentanze. Anche in questo caso le iniziative di sensibilizzazione non sono numerosissime, anche se, ad esempio, proprio la settimana scorsa si è svolto un convegno a Firenze – in collaborazione con il Centro Cochrane Italia e con l’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana – che ha avuto come tema centrale proprio la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni nella ricerca clinica ponendo la domanda “Coinvolgere i pazienti nelle scelte della ricerca: obiettivo giusto e possibile?"
Sono necessarie anche in questo caso azioni concrete e specifiche che possano far conoscere e capire alle associazioni di esperti quali siano le potenzialità di un lavoro comune con i pazienti o i rappresentanti dei pazienti e quali possono essere i reciproci ruoli. All’estero, ad esempio, cominciano ad essere pubblicate esperienze che, coinvolgendo i pazienti a discutere sin dall’inizio il protocollo di uno studio clinico, determinano una maggiore razionalizzazione dello studio stesso, una maggior facilità nel reclutamento dei pazienti e nello sviluppo dello studio.
17 novembre 2004
In primo piano
Cittadini e sanità: seminare un terreno comune
Come condividere con i cittadini la metodologia e il linguaggio scientifico propri della medicina?
È necessario cominciare a lavorare attraverso corsi di aggiornamento e formazione su tematiche di interesse condiviso: ad esempio, come si costruisce l’evidenza scientifica, quali sono le caratteristiche degli studi clinici, come si può lavorare in un comitato etico, ecc.
Secondo la mia esperienza si tratta di corsi molto interessanti dal momento che coloro che lavorano nelle associazioni tendono ad avere una visione più parziale del problema e della malattia; lavorano molto intensamente sul proprio territorio, seguendo le esigenze dei pazienti che rappresentano, ma difficilmente hanno una visione d’insieme o si pongono il problema di come poter partecipare in maniera più completa all’assistenza sanitaria. In genere attraverso i corsi si acquisiscono maggiori conoscenze dell’argomento che permettono di vedere numerose nuove possibilità di lavoro e attività.
Un maggiore coinvolgimento di "pazienti&cittadini" non li espone al rischio di strumentalizzazione da parte dell’industria e degli "esperti"?
È un rischio che esiste per i pazienti come per le categorie professionali e le società scientifiche. I pazienti hanno naturalmente un atteggiamento un po’ più naïf delle associazioni medico-scientifiche e sono esposti ad un rischio maggiore.
Dalla parte delle aziende farmaceutiche c’è sicuramente un interesse dal momento che hanno visto nelle associazioni di pazienti un altro partner per la promozione dei propri prodotti. Anzi si può dire che hanno capito la potenzialità di questo nuovo partner ben prima di altre categorie. È necessario organizzarsi e discutere di questo tema, perché il rischio è che non sia solo un interesse scientifico quello che spinge l’industria e gli esperti a coinvolgere le associazioni. Si tratta di un rischio reale, peraltro ci sono associazioni di pazienti che hanno redatto dei documenti per evitare di essere ostaggio delle sponsorizzazioni e hanno limitato le tipologie di sponsorizzazione che possono essere fatte alla loro associazione.
Quali sono gli obiettivi di Partecipa salute?
Questo progetto di ricerca è innovativo nel suo genere perché si inserisce in un contesto come quello italiano dove le associazioni di cittadini e pazienti ancora partecipano raramente alle scelte della ricerca e della politica sanitaria. Il progetto nasce dall’idea e dalla necessità sempre più sentita di far collaborare in modo attivo cittadinanza, associazioni di pazienti e comunità scientifica, creando un tavolo di confronto tra le parti.
Supportata dalla compagnia di San Paolo di Torino, l’iniziativa che avrà valenza triennale, poggia sull’idea di creare entro un paio di anni le condizioni per lavorare con le associazioni di pazienti, mettendole in comunicazione con le aspettative e necessità delle relative società scientifiche. Il progetto vanta la collaborazione del Centro Cochrane Italiano e della Agenzia di giornalismo scientifico Zadig. L’obiettivo è creare un dialogo affinch differenti iniziative possano concretizzarsi su un piano comune, con lo scopo di coinvolgere sia associazioni di "pazienti&cittadini" sul tema dell’assistenza sanitaria, quindi su tematiche come l’efficacia clinica, l’impatto sulla qualità della salute, sia le organizzazioni professionali. Queste ultime possono così rendersi conto del potenziale offerto dalle associazioni e coinvolgerle in progetti d’interesse comune. Esempi di attività di questo genere vengono sempre più spesso riportati nei paesi anglosassoni mentre sono più rari in Italia.
Tuttavia la partecipazione attiva dei "pazienti&cittadini" alle scelte di salute non sembra essere un elemento acquisito della nostra cultura…
Tra i primi passi di questo progetto, vi è stato un censimento delle federazioni di associazioni di cittadini e pazienti. Questo ci ha permesso di renderci conto dell’esistenza di un lavoro disgiunto tra le associazioni di pazienti e quelle a carattere medico-scientifico. Sono rari i casi in cui medici e pazienti lavorano congiuntamente ad un progetto comune, per esempio alla stesura delle linee-guida, alla partecipazioni ai lavori delle conferenze di consenso, o più specificatamente a progetti di ricerca come gli studi clinici.
Sempre nell’ambito del progetto stiamo lavorando ad una iniziativa concreta di collaborazione tra associazioni e società medico scientifiche: a giugno del prossimo anno verrà celebrata la conferenza di consenso dal titolo "Bisogni riabilitativi ed assistenziali delle persone con disabilità da grave cerebrolesione acquisita e delle loro famiglie, nella fase post-ospedaliera". Per la preparazione della conferenza di consenso un gruppo di lavoro formato proprio da rappresentanti di associazioni che attraverso indagini e la produzione di documenti ad hoc porteranno il loro importante e unico contributo alla discussione.
Se da una parte esistono iniziative di sensibilizzazione e formazione rivolte a pazienti e associazioni che li rappresentano, dall’altra si rende necessaria l’educazione anche delle organizzazioni scientifiche?
Il problema, infatti, si pone anche per le associazioni scientifiche che, spinte dal dibattito culturale in corso, cominciano ad avvicinarsi al tema di una collaborazione stretta con cittadini e pazienti e loro rappresentanze. Anche in questo caso le iniziative di sensibilizzazione non sono numerosissime, anche se, ad esempio, proprio la settimana scorsa si è svolto un convegno a Firenze – in collaborazione con il Centro Cochrane Italia e con l’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana – che ha avuto come tema centrale proprio la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni nella ricerca clinica ponendo la domanda “Coinvolgere i pazienti nelle scelte della ricerca: obiettivo giusto e possibile?"
Sono necessarie anche in questo caso azioni concrete e specifiche che possano far conoscere e capire alle associazioni di esperti quali siano le potenzialità di un lavoro comune con i pazienti o i rappresentanti dei pazienti e quali possono essere i reciproci ruoli. All’estero, ad esempio, cominciano ad essere pubblicate esperienze che, coinvolgendo i pazienti a discutere sin dall’inizio il protocollo di uno studio clinico, determinano una maggiore razionalizzazione dello studio stesso, una maggior facilità nel reclutamento dei pazienti e nello sviluppo dello studio.