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ECM sponsorizzata dall’industria: sì o no?

ECM e industria: uno scomodo binomio? Si parla ancora di restituire legittimità e qualità al processo di formazione ed aggiornamento professionale in medicina. Abbiamo chiesto quali sono le strade percorribili a Francesco Fedele, presidente della Società Italiana di Cardiologia, a Nino Cozzolino e Barbara Andria del Cardarelli di Napoli…

“L’impegno dell’industria a sostegno dell’ECM non deve essere escluso o criminalizzato, ma deve iscriversi in progetti formativi strutturati a priori”, risponde Gianfranco Gensini. “Ma il rischio è di mettere al centro della attività formative gli interessi di profitto dell’industria” replica Alfredo Pisacane, che illustra cinque obiettivi da perseguire per eliminare, o almeno diminuire, conflitto di interesse…

“No grazie, perché la formazione deve essere salvaguardata da qualsiasi interesse diverso dalla protezione della salute delle persone”, risponde Luisella Grandori per il gruppo No grazie pago io!. A chi l’onore della spesa? Al SSN e agli stessi medici che potrebbero contribuire di tasca propria. Ma prima ancora “ci vorrebbero dei veri Maestri, completamente liberi da schemi rigidi”.

Francesco Fedele
Presidente della Società Italiana di Cardiologia, direttore della I Scuola di Specializzazione in Cardiologia, Dipartimento di Scienze cardiovascolari e respiratorie Policlinico Umberto I, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

La mia risposta è sì, in qualità di docente universitario e attualmente anche in veste di Presidente della SIC. Come tale, ritengo che le Società Scientifiche rivestano il ruolo di soggetti deputati all’aggiornamento scientifico e che la formazione continua sia un aspetto irrinunciabile delle professioni sanitarie. Le Società Scientifiche devono prevedere quindi, tra le finalità istituzionali, anche l’attività di aggiornamento professionale e di formazione permanente nei confronti degli associati, con programmi annuali di attività formativa ECM.
La formazione continua deve avvalersi sia di fondi istituzionali che di fondi privati.
Le Società Scientifiche in accordo con le Istituzioni, l’Università, Farmindustria-Assobiomedica-AIFA-Ordini, devono individuare regole precise di comportamento per la valutazione scientifica e per l’accesso ai fondi destinati alla realizzazione degli eventi scientifici.
Le Società scientifiche devono assumersi la responsabilità di valutare la qualità degli eventi, selezionando i più validi in termini di contenuto formativo e scientifico, vigilando che questi siano anche coerenti rispetto ad etica e sobrietà dell’organizzazione e delle sedi congressuali, per dare il loro patrocinio ad un numero limitato e selezionato di essi.
L’industria dal canto suo dovrebbe intrattenere rapporti di collaborazione con le Società Scientifiche e le Associazioni mediche purché la stessa sia ispirata alla divulgazione della conoscenza scientifica ed al miglioramento della conoscenza professionale, e venga svolta in cooperazione con enti di provata affidabilità e di levatura nazionale, di cui sia ben nota la “mission”.
Quindi il ruolo dell’industria come sponsor di eventi formativi non deve essere inteso in maniera negativa, nel momento in cui sussistano i criteri di informazione “non condizionata”, di elevato livello qualitativo, assicurata dalla chiarezza e dalla trasparenza dei rapporti tra i soggetti interessati.
I potenziali conflitti di interesse vanno dichiarati esplicitamente dai formatori garantendo quindi totale trasparenza al sistema.
La fase sperimentale del programma ECM ha purtroppo mostrato dei limiti evidenti nell’eccessiva burocratizzazione e nel privilegiare gli aspetti formali, piuttosto che quelli qualitativi sostanziali.
Per tale motivo il coinvolgimento delle Società Scientifiche nella responsabilità di verifica oggettiva della valenza qualitativa dell’evento formativo, unitamente alla trasparenza dei rapporti con il privato, può garantire l’impiego ottimale delle potenziali risorse messe a disposizione dall’industria.

Santolo Cozzolino, Barbara Andria
Rispettivamente dirigente e consulente Farmacista Centro di Biotecnologie Azienda Ospedaliera “Antonio Cardarelli” di Napoli

Negli ultimi mesi tanto si è discusso circa la necessità o meno della sponsorizzazione degli eventi formativi da parte dell’industria farmaceutica. Nell’ottobre 2006, come contromisura ai nuovi tagli imposti ai listini dalla Finanziaria 2007, Farmindustria e Assobiomedica hanno assunto la drastica decisione di bloccare ufficialmente tutte le sponsorizzazioni dei convegni medici scientifici da parte delle aziende farmaceutiche.

Lo sblocco ufficiale delle sponsorizzazioni dei convegni medici e l’assenso alla revoca della decisione presa sono arrivati con la Giunta di Farmindustria che, nella riunione del 28 marzo 2007, ha approvato la nuova autoregolamentazione in materia di convegni e congressi.

In attesa di disposizioni legislative in merito, lo sblocco promosso da Farmindustria ha proposto direttive miranti a restituire ordine e chiarezza ad una tematica, quella relativa agli ECM, piuttosto tormentata negli ultimi tempi. Tanto si è parlato, e tanto ancora si parla, di restituire legittimità e qualità al processo di formazione ed aggiornamento professionale in medicina; una strada percorribile è quella di razionalizzare l’impiego del finanziamento da parte dell’industria farmaceutica solo agli eventi formativi e congressuali di qualità.

L’obiettivo della nuova posizione assunta da Farmindustria e Assobiomedica è quello di promuovere tavoli di consultazione e nuovi modelli di cooperazione, in concertazione con le Federazioni/Associazioni mediche e con le Società Scientifiche, che abbiano tra le finalità principali:

  • la valorizzazione del ruolo basilare che l’informazione medico-scientifica viene ad assumere agli occhi del paziente/cittadino, della società e dell’intero mondo scientifico;
  • la promozione dell’ottimizzazione e dell’appropriatezza d’uso di tutte le risorse disponibili;
  • il potenziamento dei processi relativi all’aggiornamento e alla formazione professionale degli operatori sanitari, al fine di ridurre gli errori in medicina e realizzare la buona pratica clinica;
  • lo sviluppo di un dialogo, tanto costruttivo quanto auspicato, tra il mondo professionale e il mondo dell’industria.

Le nuove disposizioni mirano a rendere più severi e restrittivi i criteri di sponsorizzazione degli eventi formativi e congressuali; ad esempio solo gli eventi accreditati ECM o certificati e validati dall’Agenzia Italiana del Farmaco possono usufruire del finanziamento delle spese per l’ospitalità dei medici ad iniziative congressuali da parte delle aziende farmaceutiche.
La tipologia di eventi formativi e congressuali che rientrano nel codice di autoregolamentazione proposto da Farmindustria all’attenzione dell’AIFA comprendono:

  • eventi all’estero organizzati da Società Scientifiche o Enti/Istituzioni pubblici;
  • eventi in Italia internazionali e nazionali organizzati da Società scientifiche o Enti/Istituzioni pubblici (mono- o pluri-sponsor);
  • simposi organizzati o sponsorizzati dalle aziende;
  • eventi locali sponsorizzati, ma non organizzati dalle aziende;
  • eventi organizzati dalle aziende all’estero e a livello nazionale (comprese le visite guidate ai laboratori di ricerca e/o produzione).

È previsto che ciascuna azienda possa finanziare allo stesso medico in un anno non più di 2 eventi. Inoltre queste limitazioni non si applicano ai relatori e/o ai moderatori, sono esclusi programmi sociali o di intrattenimento e cene di gala, il soggiorno in alberghi classificati de-luxe e località a carattere esclusivamente turistico, sia di mare che di montagna; sono previsti voli solo in classe economica.
Altre due novità proposte dai due colossi Farmindustria e Assobiomedica risultano particolarmente interessanti e promettenti. Queste riguardano i mini-simposi e le visite guidate ai laboratori di ricerca e/o produzione (tali eventi devono prevedere momenti formativi della durata rispettivamente di otto e quattro ore di lavori congressuali effettivi) e i medici partecipanti di età inferiore a 35 anni (che devono essere scelti dalle aziende in proporzione pari ad almeno il 10%).

Alla domanda: ECM sponsorizzata dall’industria: sì o no?, la risposta è sicuramente sì. Sì, ma con dei limiti. L’industria farmaceutica svolge un ruolo leader in Italia e nel mondo nel finanziamento delle sperimentazioni cliniche e delle attività formative professionali ed è giusto che limiti la compartecipazione finanziaria solo agli eventi formativi certificati di qualità. È stata ormai battuta la strada diretta ad una razionalizzazione delle risorse al fine di privilegiare e garantire la qualità; quello che si auspica è che presto arrivino disposizioni legislative in merito che diano formalmente ordine a questo settore.
http://ecm.sanita.it è l’indirizzo del sitoweb del Ministero della Salute in cui è possibile reperire tutte le informazioni e le novità in merito al programma ECM.

Alfredo Pisacane
Ufficio Formazione Azienda Ospedaliera Universitaria e Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II, Napoli

Così come nella maggioranza dei Paesi occidentali, anche in Italia l’aggiornamento dei medici è sponsorizzato in maniera rilevante dall’industria del farmaco. Le imprese farmaceutiche possono sponsorizzare eventi ECM in base alla legge 326/2003, ottenendo benefici fiscali e pubblicità per i propri prodotti. Ma è utile e opportuno che l’industria privata sponsorizzi la formazione continua dei professionisti della salute? Cosa vuole l’industria privata in cambio della sponsorizzazione della formazione? Il conflitto di interesse è la condizione in cui un professionista occupa contemporaneamente due ruoli differenti, con possibili interferenze e influenze di interessi economici o personali su comportamenti che dovrebbero essere del tutto autonomi. In un sistema di aggiornamento in medicina sponsorizzato dall’industria il conflitto di interesse può riguardare chi organizza i corsi ECM, chi insegna e chi vi partecipa in qualità di discente. Il rischio è di mettere al centro della attività formative di miglioramento dell’assistenza e della salute dei cittadini gli interessi di profitto dell’industria dei farmaci e dei prodotti biomedicinali.

Che un’industria desideri visibilità e buona accoglienza dei propri prodotti è legittimo, specialmente quando tali prodotti sono validi, ma ciò non può passare attraverso un sostegno ai prescrittori di tali prodotti, perché si potrebbe sospettare, e molti cittadini già lo fanno, che la prescrizione possa essere fatta non solo per oggettive ragioni di salute, ma per interessi privati in nessun modo legati alla salute. Per eliminare, o almeno diminuire, il conflitto di interessi andrebbero perseguiti cinque obiettivi.

Primo far rispettare alle regioni ed alle aziende il finanziamento previsto per l’ECM. Le Aziende sanitarie dovrebbero spendere in formazione continua non meno dell’1% del loro budget per i salari; in realtà, la maggioranza di esse, per i noti dissesti finanziari, spende da 5 a 10 volte meno di tale importo. Fare formazione diventa quindi difficile ed è più naturale chiedere aiuto esterno. Inoltre, come si verifica per tutti gli altri professionisti, anche quelli del settore sanitario potrebbero pagare una parte della propria formazione, facendo in modo che si possa dedurre, in una certa misura, dalle tasse.

Secondo, far diventare la formazione continua “sobria” e a basso costo senza perdere in qualità. Per contenere le spese ricordiamoci che la formazione può essere organizzata in reparto, in ambulatorio, in laboratorio, nelle palestre delle scuole; inoltre, privilegiamo la “formazione sul campo” attraverso la quale si aprono dei canali di comunicazione e di confrontano sugli aspetti organizzativi e tecnici del lavoro di tutti i giorni, tentano di risolvere i problemi dell’assistenza. Per gli aspetti teorici, esiste la formazione “a distanza”, che si può fare anche da casa propria collegandosi a Internet: niente viaggi, niente pranzi, niente assenze dal lavoro. Molti degli eventi formativi realizzati in questi anni sono stati convegni e grandi meeting, la cui efficacia formativa ed impatto sulla salute sono molto bassi. Poi ci sono i viaggi, i coffe-break, i pranzi. Tutte cose che costano molto e con la formazione c’entrano poco.

Terzo punto: la formazione va fatta sui reali problemi dell’organizzazione dell’assistenza e della salute. La maggior parte della formazione dovrebbe funzionare “in piccolo”, su progetti aziendali e regionali di miglioramento della qualità dell’assistenza. Gli audit, i piccoli progetti di miglioramento organizzativo ed assistenziale, lo scambio con colleghi che lavorano in situazioni di eccellenza dovrebbero rappresentare la maggior parte delle attività formative. E per questo tipo di aggiornamento non servono sponsor.

Quarto punto: nel caso servano più soldi, va costituito un Ente Terzo, un “blind trust” di garanzia, che raccolga fondi da aziende private su progetti di qualità, con programmi e docenti autonomi, indipendenti e valutati, che distribuisca le risorse in modo equo tra tutti i professionisti di un’azienda sanitaria, anche i non-medici, che confermi le risorse solo a quelli che raggiungano obiettivi di miglioramento della qualità, che impedisca contatti diretti delle aziende private con i professionisti e con i Provider. In questo modo, un’ azienda privata non potrà finanziare un determinato corso né un determinato professionista, ma solo l’Ente Terzo. In cambio, riceverà una menzione annuale pubblica nell’albo dei sostenitori della formazione continua di quell’azienda sanitaria o di quella regione.

Quinto e ultimo punto: la fiducia tra i professionisti della salute e le persone. Non è una presa di posizione politica o un’infuocata ideologia anticapitalista a spingere molti a contrastare il conflitto di interessi. Il problema reale è il rapporto di fiducia con i cittadini. Quanta fiducia possono avere in noi i cittadini, se sospettano che prescriviamo un farmaco perché siamo in debito con qualcuno per il nostro aggiornamento? La relazione di cura si basa sulla fiducia e, se la gente perde fiducia in noi, nessuno più si fiderà e si affiderà.

Gian Franco Gensini
Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze

Il tema della sponsorizzazione della Educazione Continua in Medicina (ECM) da parte dell’industria è attualmente molto dibattuto e non può prescindere da una solida impostazione metodologica. Sul piano organizzativo chiari riferimenti di fondo sono contenuti sul sito del Ministero della Salute, nella sezione dedicata appunto alla Educazione Continua in Medicina. Qui si può leggere infatti che “Il programma nazionale di E.C.M… riguarda tutto il personale sanitario, medico e non medico, dipendente o libero professionista, operante nella Sanità, sia privata che pubblica. Il programma nazionale prevede che l’E.C.M. deve essere controllata, verificata e misurabile”.
Un primo spunto è relativo al controllo ed al monitoraggio della attività di formazione sanitaria permanente. Verificare e misurare, per quanto possibile, la qualità degli eventi formativi rappresentano compiti essenziali dei sistemi che hanno titolo a proporre e valutare l’offerta educativa per gli operatori sanitari. Sono obiettivi su cui i sistemi formativi sono chiamati a concentrare il massimo sforzo per garantire standard elevati ed omogenei di educazione continua in medicina, e più in generale in sanità.
L’impegno educativo in sanità dei diversi interlocutori, incoraggiato dichiaratamente dal nostro Ministero della Salute, deve rientrare nella cornice della massima trasparenza e verificabilità degli eventi, a tutti i loro livelli organizzativi, compresi quelli più direttamente legati alla dimensione economica dei finanziamenti, pubblici o privati.
A mio avviso l’impegno dell’industria a sostegno dell’ECM non deve essere escluso o criminalizzato, ma deve iscriversi in progetti formativi strutturati a priori, che vedono l’industria come sostegno esterno, non coinvolto nella stesura del progetto.
In buona sostanza, ritengo che l’ECM dovrebbe svolgersi per progetti organici, a valenza di reale “manutenzione” delle competenze, dotata per questo anche della ciclicità necessaria a garantire una appropriata omogeneità dell’intervento nei professionisti da formare. In questo senso l’intervento dell’industria, in particolare se in “pool” e non a sostegno di progetti isolati, è certamente possibile e utile.

Luisella Grandori
Coordinatrice del gruppo No grazie, pago io!

La risposta è no! Pensiamo che la formazione dei medici e di tutti gli operatori sanitari – così come l’informazione del cittadino su tutto ciò che riguarda la salute – non dovrebbe essere finanziata dall’industria del farmaco, ma salvaguardata con attenzione da qualsiasi possibile interesse diverso dal nostro interesse primario: la protezione della salute delle persone. La formazione rappresenta, infatti, il “cuore” dell’attività del medico, le informazioni sulle quali baserà il suo approccio alla malattia a le sue scelte prescrittive, determinando la salute di chi assumerà i farmaci, ma anche la salute del SSN.

In un quadro generale di crescente preoccupazione internazionale per la forte interferenza dell’industria sulla salute, ci sembra che sia doveroso un atteggiamento di cautela. A partire dalle ricerche che risultano doppiamente favorevoli all’efficacia dei farmaci, quando sono finanziate dall’industria, all’occultamento di gravi effetti collaterali (come fu per il Vioxx o per gli antidepressivi nei bambini), all’aumento progressivo degli investimenti nel marketing, rispetto alla ricerca, a cui corrisponde un costante aumento delle vendite di farmaci e una scarsa capacità di vera innovazione (1), alle tattiche usate per aumentare le prescrizioni dei medici o per individuare gli opinion leaders (2), fino alla crescita delle spese per lobbying sui politici denunciata negli USA, per bloccare leggi sulla sicurezza o sui prezzi dei farmaci (3). Per non parlare del disease mongering, cioè del meccanismo ormai noto – e pubblicamente dichiarato dall’industria – di trasformare in malattie da curare con farmaci aspetti naturali della vita come la menopausa, il calo del desiderio sessuale con l’avanzare dell’età o caratteristiche della personalità come la timidezza e la distrazione, oltre al costante abbassamento delle soglie della glicemia, del colesterolo, della pressione sanguigna, allo scopo di allargare il mercato del farmaco alle persone sane (4). L’ultimo rapporto di Consumers International ci mostra come l’industria del farmaco influenzi la prescrizione di farmaci anche nei paesi più poveri, offrendo regali di ogni tipo e di ogni valore ai medici, aggravando una situazione già tanto drammatica.

Non ci pare che esistano le condizioni per affidare con serenità il finanziamento della formazione dei medici all’industria del farmaco. Sarebbe ingenuo credere che chi paga non voglia avere un ritorno. Come dice un antico detto popolare inglese “chi paga il flauto decide la musica”… e non sembra una bella musica.

Non è un caso che nel mondo siano in aumento gruppi come il nostro No grazie, pago io!
(5), dai No free lunch americani e inglesi, agli Healthy Skepticism australiani, ai Non merci francesi, e anche associazioni di studenti di medicina come l’AMSA statunitense e università come la Stanford University, che invitano a rifiutare anche i regali di minor valore dell’industria del farmaco e a salvaguardare l’informazione sulla salute da qualsiasi ingerenza indebita.

Dovrebbe essere il SSN a farsi carico di informare e formare il suo personale in modo indipendente. Mettendo ad esempio a disposizione nelle ASL (o nelle Regioni o presso lo stesso Ministero) centri di riferimento di elevata competenza, finanziati con denaro pubblico, per formare i professionisti sul metodo con cui affrontare i quesiti clinici che incontrano ogni giorno, su come leggere la letteratura senza lasciarsi ingannare e come accedere alle biblioteche e alle banche dati online. Spendere per questi centri sarebbe un ottimo investimento, poiché i costi verrebbero ampiamente ammortizzati da una migliore e più oculata prescrizione, e ne risulterebbe alla fine un risparmio per il SSN e, soprattutto, una maggiore salute delle persone. Ci risulta che esistano già esperienze simili in Italia (Istituto Mario Negri, Ceveas, progetto ECCE del Ministero). Andrebbero incentivate e ampliate su tutto il territorio nazionale. Lo stesso dicasi dei Bollettini indipendenti di informazione del farmaco, che pure abbiamo e di ottima qualità, eppure non vengono diffusi né letti a sufficienza. E spesso hanno vita difficile per lo scarso o nullo finanziamento pubblico.

Ma non ci sembra neppure scandaloso che i medici paghino di tasca propria parte della formazione, come fanno tutti gli altri professionisti (avvocati, ingegneri, eccetera), ad esempio attraverso l’abbonamento a riviste scientifiche (l’abbonamento online a una rivista come il BMJ costa solo 30 euro all’anno). In Francia, la Revue Préscrireè finanziata dagli stessi medici, che pagano pur di avere un’informazione indipendente. Quanto poi alla partecipazione a congressi, se si pagasse di persona, si diventerebbe certo molto selettivi sulla qualità. I congressi nazionali dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP) da anni vengono organizzati senza sponsorizzazione delle case farmaceutiche, e i pediatri pagano per partecipare e partecipano numerosi. Sarà, forse, perché ci si porta sempre a casa delle informazioni preziose e delle sollecitazioni culturali che migliorano la professionalità (e la persona) e, quindi, le cure offerte ai bambini.

Si tratta poi anche di capire cosa sia realmente necessario ai medici per educarsi continuamente” visto che si parla – giustamente – di educazione continua (ECM). Sicuramente esistono aspetti tecnico-scientifici da mantenere costantemente aggiornati e, a questo scopo, la pletora di convegni e congressi offerti dall’industria, non sembra essere lo strumento più adeguato. Ce ne sono molti altri poco o niente dispendiosi e assai più efficaci, come lo studio personale e il confronto tra pari sui quesiti che si incontrano nella pratica quotidiana. Sono molti gli esempi in proposito, dai journal club al metodo degli “scenari” utilizzato dall’ACP, alle molte iniziative spontanee di gruppi di medici, in ospedale o sul territorio. Oggi, è poi possibile la formazione a distanza che andrebbe incentivata risparmiando tempo, denaro, spostamenti e inquinamento ambientale.

Ma esistono anche altri aspetti della formazione che si dimenticano sempre, che riguardano i principi che devono ispirare la professione, il rapporto con i pazienti. L’elenco che riporta il Royal College of Physician del Regno Unito in un documento del 2005, inizia così: “onestà, integrità, altruismo, compassione“, dopo aver ricordato che la società in grande trasformazione in cui viviamo, sollecita a comportamenti spesso opposti. Andrebbero quindi ridiscusse le regole (letica) sulle quali fondare i rapporti con i pazienti, con i colleghi, con la società intera. Per non dimenticare che il ruolo sociale e la responsabilità del medico sono del tutto peculiari. Sarebbe anche urgente formare al pensiero critico, a porsi domande e mettersi in dubbio, cercare con onestà mentale, curiosità (e metodo scientifico) le soluzioni migliori per i propri pazienti e per la difesa della salute in generale, non dando mai niente per scontato. Rendendosi conto, con umiltà, dei limiti della nostra conoscenza, sempre in divenire. Ma per questo ci vorrebbero dei veri Maestri, completamente liberi dagli schemi rigidi di cui siamo vittime, che stanno provocando un allarmante appiattimento del pensiero.

Forse, su questi ultimi temi si potrebbe proporre che il SSN finanziasse una formazione per tutti, anche per l’industria del farmaco e non viceversa. Ne avremmo bisogno tutti, noi e loro.

Bibliografia

  1. Marcia Angell, ” Farma & Co“, Il Saggiatore 2006
  2. Marcia Angell, ” Farma & Co“, Il Saggiatore 2006.
  3. Center of Public integrity, 2007.
  4. Un numero speciale di PLoS medicine che raccoglie diversi articoli sul tema del disease mongering (April 2006; Vol.3, Issue 4).
  5. I No grazie pago io! sono un gruppo di oltre 200 operatori sanitari tra medici generalisti, pediatri, ginecologi, epidemiologi, farmacisti, farmacologi, direttori di distretto, ricercatori, psicologi, infermieri, ostetriche, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Luisella Grandori è coordinatrice del gruppo No grazie, pago io!. È impegnata nella ricerca e nella formazione inerente la prevenzione vaccinale. Lavora al Servizio epidemiologia, Dipartimento di sanità pubblica dell’Azienda Usl di Modena ed è responsabile della prevenzione vaccinale ACP.

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