La medicina industriale contribuisce per il 9 per cento all’emissione di gas serra e quindi all’emergenza climatica. Abbiamo dedicato a questa tragedia l’intero approfondimento di Forward uscito negli ultimi giorni dello scorso anno anche perché sarebbe ora che la sanità si impegnasse concretamente: una risonanza al ginocchio scalda il pianeta e pure un esame del sangue “concesso” a un paziente insistente. Ma per una volta Forward ha resistito alla tentazione di giocare con le parole e non ha considerato un’altra questione che comunque ci sta a cuore: il clima politico e culturale che sta cambiando.
Intendiamoci: non che fino a qualche mese fa si stesse una meraviglia, ma le ultime settimane ci hanno messo di fronte alla novità della furbizia. Eravamo ormai abituati alle prevedibili dichiarazioni di Roberto Speranza davanti alle bandiere italiana e europea: sapevamo tutto prima che iniziasse a parlare. Ora è tutto diverso. Stavamo là coi popcorn ad aspettare davanti alla tivù che nominassero il nuovo direttore dell’Aifa e invece no: ci hanno tolto anche la soddisfazione di vincere la scommessa sul nome sul quale avevamo puntato perché hanno deciso – furbi – che all’Agenzia un direttore non serve più. Seguivamo con partecipazione l’impegno dei medici che entro la fine dell’anno dovevano raggiungere il fatidico numero di crediti formativi mantenendosi tanto più aggiornati quanto maggiori oggi sembrano essere le incertezze e invece no: perché loro – furbi – hanno deciso che un triennio è fatto di quattro anni. Col fiato sospeso ci siamo allora spostati sul telegiornale per avere notizia dell’ennesima nave di una ong che soccorreva persone nel Mediterraneo: altra sorpresa perché loro – furbi – amano vederle navigare le navi, più a lungo che si può, in cerca di un porto sicuro.
Ciascuna col proprio carico residuale a bordo.
Di questi tempi l’unico modo per sperare di non avere sorprese è volgere lo sguardo all’indietro e riflettere su quello che abbiamo fatto nell’anno appena concluso. Chi fa il nostro mestiere, con un po’ di coraggio può camminare tra gli scaffali del magazzino mentre Marco fa l’inventario. Ogni scaffale ancora pieno e un bancale colmo di copie porta a ragionare sulle scelte fatte. Alla fine ti convinci che c’è poco da fare, perché il libro che consideri di maggior valore dell’anno passato è proprio quello meno venduto. E ha anche la copertina più bella di tutte.
L’inverno è una stagione strana che obbliga ad avere speranza, con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole.
In primo piano
Il nuovo anno
La medicina industriale contribuisce per il 9 per cento all’emissione di gas serra e quindi all’emergenza climatica. Abbiamo dedicato a questa tragedia l’intero approfondimento di Forward uscito negli ultimi giorni dello scorso anno anche perché sarebbe ora che la sanità si impegnasse concretamente: una risonanza al ginocchio scalda il pianeta e pure un esame del sangue “concesso” a un paziente insistente. Ma per una volta Forward ha resistito alla tentazione di giocare con le parole e non ha considerato un’altra questione che comunque ci sta a cuore: il clima politico e culturale che sta cambiando.
Intendiamoci: non che fino a qualche mese fa si stesse una meraviglia, ma le ultime settimane ci hanno messo di fronte alla novità della furbizia. Eravamo ormai abituati alle prevedibili dichiarazioni di Roberto Speranza davanti alle bandiere italiana e europea: sapevamo tutto prima che iniziasse a parlare. Ora è tutto diverso. Stavamo là coi popcorn ad aspettare davanti alla tivù che nominassero il nuovo direttore dell’Aifa e invece no: ci hanno tolto anche la soddisfazione di vincere la scommessa sul nome sul quale avevamo puntato perché hanno deciso – furbi – che all’Agenzia un direttore non serve più. Seguivamo con partecipazione l’impegno dei medici che entro la fine dell’anno dovevano raggiungere il fatidico numero di crediti formativi mantenendosi tanto più aggiornati quanto maggiori oggi sembrano essere le incertezze e invece no: perché loro – furbi – hanno deciso che un triennio è fatto di quattro anni. Col fiato sospeso ci siamo allora spostati sul telegiornale per avere notizia dell’ennesima nave di una ong che soccorreva persone nel Mediterraneo: altra sorpresa perché loro – furbi – amano vederle navigare le navi, più a lungo che si può, in cerca di un porto sicuro.
Ciascuna col proprio carico residuale a bordo.
Di questi tempi l’unico modo per sperare di non avere sorprese è volgere lo sguardo all’indietro e riflettere su quello che abbiamo fatto nell’anno appena concluso. Chi fa il nostro mestiere, con un po’ di coraggio può camminare tra gli scaffali del magazzino mentre Marco fa l’inventario. Ogni scaffale ancora pieno e un bancale colmo di copie porta a ragionare sulle scelte fatte. Alla fine ti convinci che c’è poco da fare, perché il libro che consideri di maggior valore dell’anno passato è proprio quello meno venduto. E ha anche la copertina più bella di tutte.
L’inverno è una stagione strana che obbliga ad avere speranza, con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole.