Quali sono le riviste che più usano le funzionalità del web 2.0?
Soprattutto quelle internazionali. L’adozione degli strumenti del web 2.0 ha l’obiettivo di avvicinare il più possibile il lettore alla rivista, coinvolgendolo, in diversi casi, anche nell’evoluzione della rivista e dei suoi contenuti. Le riviste mediche più famose (ad esempio il Lancet e gli Annals of Internal Medicine) già oggi offrono tutti questi strumenti. E non è un caso che i siti web di alcune (ad esempio, il British Medical Journal, il New England Journal of Medicine, il JAMA) abbiamo assunto la forma tipica di un portale scientifico.
Ovvero?
La presenza di una forte componente interattiva che prevede l’impiego dei blog (che l’editor periodicamente propone ai lettori su specifici argomenti), dei podcast e del servizio di podcasting (attraverso il quale scaricare e/o ascoltare i sommari dei volumi più recenti e le interviste dell’editor ad alcuni personaggi di spicco della comunità medica internazionale o agli autori degli articoli più rappresentativi in pubblicazione), e dei feed RSS (per ricevere via web l’indice e i riassunti degli articoli più recenti).
E le riviste che si occupano di farmacologia?
Nell’area della farmacologia solo il British Journal of Pharmacology sembra riuscire a stare al passo, mentre altre riviste, come Nature Reviews Drug Discovery, Clinical Pharmacology & Therapeutic, American Journal of Therapeutics eThe Annals of Pharmacotherapy si limitano ad usare i feed RSS.
Quali di questi strumenti possono essere utili per la formazione continua in tema di terapia?
Non sono ancora disponibili studi che valutino l’efficacia dell’intervento formativo di questi strumenti, ma senza dubbio i servizi di podcasting e i feed RSS hanno enormi potenzialità nel campo della formazione.
Possono aggiornare in "tempo" reale il lettore su qualunque novità "postata" sul sito, dall’ultimo articolo pubblicato dalla rivista all’ultima notizia; permettono di filtrare gli aggiornamenti e riceverli solo se, ad esempio, riguardano la farmacologia; consentono di esplorare nuovi mezzi di comunicazione come i vodcast (i podcast nel formato video) particolarmente usati da riviste come quelle di chirurgia o dermatologia dove le immagini (e i video) sono fondamentali nel processo di aggiornamento. Inoltre, grazie agli aggregatori di notizie (ad esempio Google Reader) chiunque può crearsi un’informazione personalizzata, alimentata dai feed RSS e dai podcast forniti dalle fonti (riviste mediche ma anche portali scientifici e organizzazioni istituzionali) che ritiene affidabili. Un esempio sono quelli forniti dal portale della Food and Drug Administration che i medici americani usano per ricevere in tempo reale le segnalazioni sul profilo di sicurezza dei farmaci registrati negli Stati Uniti e le notifiche di un eventuale ritiro.
Ma c’è ancora una frontiera "beta" del web 2.0?
Nuove applicazioni di strumenti del web 2.0 sono comunque in studio e sottoposte al giudizio dei lettori prima del loro definitivo impiego, come dimostra la versione beta del sito del New England Journal of Medicine, dove, ad esempio, è in fase di sperimentazione l’inserimento di diapositive all’interno dei podcast rilasciati dalla rivista. Permettere ai lettori di esprimere un giudizio e un voto a ciascun articolo pubblicato dalla rivista è quanto invece è già stato sperimentato dalla rivista PLos ONE forse l’esempio più illuminante di uso di strumenti del web 2.0 da parte di una rivista medica. Attraverso le "community" che si creano attorno a un articolo, la rivista riesce infatti a coinvolgere i lettori nel processo di post-review (dando loro la possibilità di annotare gli articoli e di richiedere all’autore di apportare delle modifiche) e di valutazione di quanto pubblicato dalla rivista.
E il medico quanto usa queste funzionalità?
Non esistono molti dati sull’uso degli strumenti del web 2.0 in ambito medico. Si tratta di strumenti relativamente nuovi il cui uso non è stato ancora studiato adeguatamente. Esiste però una ricerca del 2007 condotta nel Regno Unito sui medici e sugli studenti di medicina, che indica in circa il 15% la percentuale di coloro che usano i podcast per fini formativi, sebbene lo strumento sia conosciuto da circa la metà della popolazione intervistata; sono inferiori al 10% le percentuali per altri strumenti del web 2.0 come i social network, i blog e i wiki. Con differenze significative rispetto alla età degli intervistati (i più giovani sono più abituati al loro impiego), ma con una globale e omogenea convinzione che tali strumenti possano offrire nuove opportunità di formazione e aggiornamento. Vista la partecipazione su base volontaria a questa indagine, come indicato anche dagli autori che l’hanno condotta, i dati possono essere sovrastimati: come spesso capita in questi casi, coloro che hanno risposto erano (probabilmente in maggioranza) i più interessati a questi argomenti.
Trasferire database di farmacologia clinica sul palmare può aiutare il medico in corsia?
Probabilmente si potrebbe aiutare il medico in corsia a individuare possibili reazioni avverse a cui un paziente andrebbe incontro assumendo un dato farmaco. Oppure a identificare possibili interazioni tra farmaci potenzialmente pericolose per un paziente che soffre di una determinata patologia. Detto questo va sicuramente valutata l’efficacia di questi sistemi.
Se lei dirigesse una rivista, quali novità porterebbe per prime?
Se fossi il direttore di una rivista, cercherei di sfruttare al massimo gli strumenti del web 2.0. Userei feed RSS capaci di permettere ai lettori di filtrare gli aggiornamenti in base ai loro interessi. Poi sistemi di podcasting in grado di inviare in audio la presentazione del numero corrente, magari chiedendo il coinvolgimento, di volta in volta, di opinion leader del settore. Inoltre, farei uso dei "cloud tags", cioè di quelle parole chiave che, attraverso la loro differente visualizzazione sul portale, permettono di identificare gli argomenti più ricercati dai lettori. Infine, cercherei di coinvolgere i lettori con strumenti di social networking per consentire loro di condividere pareri, commenti e giudizi sugli articoli pubblicati, e con blog (moderati dall’editor) su tematiche di attualità.
È vero che così facendo rischierei di apportare novità fruibili dai medici più giovani, abituati a muoversi tra social network e blog, ma così facendo preparerei il terreno per un nuovo modo di comunicare che presto vedremo affiancarsi ai mezzi di comunicazione che conosciamo.
21 maggio 2008
In primo piano
Il web 2.0 può migliorare le riviste?
Quali sono le riviste che più usano le funzionalità del web 2.0?
Soprattutto quelle internazionali. L’adozione degli strumenti del web 2.0 ha l’obiettivo di avvicinare il più possibile il lettore alla rivista, coinvolgendolo, in diversi casi, anche nell’evoluzione della rivista e dei suoi contenuti. Le riviste mediche più famose (ad esempio il Lancet e gli Annals of Internal Medicine) già oggi offrono tutti questi strumenti. E non è un caso che i siti web di alcune (ad esempio, il British Medical Journal, il New England Journal of Medicine, il JAMA) abbiamo assunto la forma tipica di un portale scientifico.
Ovvero?
La presenza di una forte componente interattiva che prevede l’impiego dei blog (che l’editor periodicamente propone ai lettori su specifici argomenti), dei podcast e del servizio di podcasting (attraverso il quale scaricare e/o ascoltare i sommari dei volumi più recenti e le interviste dell’editor ad alcuni personaggi di spicco della comunità medica internazionale o agli autori degli articoli più rappresentativi in pubblicazione), e dei feed RSS (per ricevere via web l’indice e i riassunti degli articoli più recenti).
E le riviste che si occupano di farmacologia?
Nell’area della farmacologia solo il British Journal of Pharmacology sembra riuscire a stare al passo, mentre altre riviste, come Nature Reviews Drug Discovery, Clinical Pharmacology & Therapeutic, American Journal of Therapeutics eThe Annals of Pharmacotherapy si limitano ad usare i feed RSS.
Quali di questi strumenti possono essere utili per la formazione continua in tema di terapia?
Non sono ancora disponibili studi che valutino l’efficacia dell’intervento formativo di questi strumenti, ma senza dubbio i servizi di podcasting e i feed RSS hanno enormi potenzialità nel campo della formazione.
Possono aggiornare in "tempo" reale il lettore su qualunque novità "postata" sul sito, dall’ultimo articolo pubblicato dalla rivista all’ultima notizia; permettono di filtrare gli aggiornamenti e riceverli solo se, ad esempio, riguardano la farmacologia; consentono di esplorare nuovi mezzi di comunicazione come i vodcast (i podcast nel formato video) particolarmente usati da riviste come quelle di chirurgia o dermatologia dove le immagini (e i video) sono fondamentali nel processo di aggiornamento. Inoltre, grazie agli aggregatori di notizie (ad esempio Google Reader) chiunque può crearsi un’informazione personalizzata, alimentata dai feed RSS e dai podcast forniti dalle fonti (riviste mediche ma anche portali scientifici e organizzazioni istituzionali) che ritiene affidabili. Un esempio sono quelli forniti dal portale della Food and Drug Administration che i medici americani usano per ricevere in tempo reale le segnalazioni sul profilo di sicurezza dei farmaci registrati negli Stati Uniti e le notifiche di un eventuale ritiro.
Ma c’è ancora una frontiera "beta" del web 2.0?
Nuove applicazioni di strumenti del web 2.0 sono comunque in studio e sottoposte al giudizio dei lettori prima del loro definitivo impiego, come dimostra la versione beta del sito del New England Journal of Medicine, dove, ad esempio, è in fase di sperimentazione l’inserimento di diapositive all’interno dei podcast rilasciati dalla rivista. Permettere ai lettori di esprimere un giudizio e un voto a ciascun articolo pubblicato dalla rivista è quanto invece è già stato sperimentato dalla rivista PLos ONE forse l’esempio più illuminante di uso di strumenti del web 2.0 da parte di una rivista medica. Attraverso le "community" che si creano attorno a un articolo, la rivista riesce infatti a coinvolgere i lettori nel processo di post-review (dando loro la possibilità di annotare gli articoli e di richiedere all’autore di apportare delle modifiche) e di valutazione di quanto pubblicato dalla rivista.
E il medico quanto usa queste funzionalità?
Non esistono molti dati sull’uso degli strumenti del web 2.0 in ambito medico. Si tratta di strumenti relativamente nuovi il cui uso non è stato ancora studiato adeguatamente. Esiste però una ricerca del 2007 condotta nel Regno Unito sui medici e sugli studenti di medicina, che indica in circa il 15% la percentuale di coloro che usano i podcast per fini formativi, sebbene lo strumento sia conosciuto da circa la metà della popolazione intervistata; sono inferiori al 10% le percentuali per altri strumenti del web 2.0 come i social network, i blog e i wiki. Con differenze significative rispetto alla età degli intervistati (i più giovani sono più abituati al loro impiego), ma con una globale e omogenea convinzione che tali strumenti possano offrire nuove opportunità di formazione e aggiornamento. Vista la partecipazione su base volontaria a questa indagine, come indicato anche dagli autori che l’hanno condotta, i dati possono essere sovrastimati: come spesso capita in questi casi, coloro che hanno risposto erano (probabilmente in maggioranza) i più interessati a questi argomenti.
Trasferire database di farmacologia clinica sul palmare può aiutare il medico in corsia?
Probabilmente si potrebbe aiutare il medico in corsia a individuare possibili reazioni avverse a cui un paziente andrebbe incontro assumendo un dato farmaco. Oppure a identificare possibili interazioni tra farmaci potenzialmente pericolose per un paziente che soffre di una determinata patologia. Detto questo va sicuramente valutata l’efficacia di questi sistemi.
Se lei dirigesse una rivista, quali novità porterebbe per prime?
Se fossi il direttore di una rivista, cercherei di sfruttare al massimo gli strumenti del web 2.0. Userei feed RSS capaci di permettere ai lettori di filtrare gli aggiornamenti in base ai loro interessi. Poi sistemi di podcasting in grado di inviare in audio la presentazione del numero corrente, magari chiedendo il coinvolgimento, di volta in volta, di opinion leader del settore. Inoltre, farei uso dei "cloud tags", cioè di quelle parole chiave che, attraverso la loro differente visualizzazione sul portale, permettono di identificare gli argomenti più ricercati dai lettori. Infine, cercherei di coinvolgere i lettori con strumenti di social networking per consentire loro di condividere pareri, commenti e giudizi sugli articoli pubblicati, e con blog (moderati dall’editor) su tematiche di attualità.
È vero che così facendo rischierei di apportare novità fruibili dai medici più giovani, abituati a muoversi tra social network e blog, ma così facendo preparerei il terreno per un nuovo modo di comunicare che presto vedremo affiancarsi ai mezzi di comunicazione che conosciamo.
Eugenio Santoro. Il web 2.0: dalla partecipazione alla in-formazione (PDF 32,7 Kb). Ricerca & Pratica 2007; 23: 266-9
Eugenio Santoro. I podcast al servizio della formazione e dell’aggiornamento del cardiologo. Recenti Progressi in Medicina 2008; 99 (3):163-70