Immaginò una collana di libri capace di accogliere Il Capitale di Karl Marx, Le mille e una notte e La Bibbia. Quando il suo editore accettò di pubblicare un suo libro, Paesi tuoi, lo ringraziò e chiese in cambio il dono di una pipa, “onde fumarmela e preparare in serenità altri e più seducenti racconti”. Il principale obiettivo del suo lavoro editoriale era difendere “l’autonomia e l’indipendenza della casa editrice di cui si sentiva parte dominante”, sottolineò Giulio Einaudi.
Era, il suo, un lavoro instancabile iniziato con l’assunzione il giorno del primo maggio del 1938; era incapace di accettare che la casa editrice non fosse “una macchina lubrificata in modo perfetto”. Scriveva: “Ho rifiutato manoscritti che ho visto stampati presso altre case: hanno avuto successo, ma nella mia biblioteca non potevano entrare con tutti gli onori. La novità, il milione di copie fuori d’Italia, il gusto o pseudo gusto corrente non mi interessano”.
Propose alla Einaudi la raccolta di poesie Lavorare stanca ricordando come, in una precedente edizione, avesse avuto “un certo insuccesso e non può mancare di averne un altro”. Diceva di s come di un “uomo-libro” ma … “Accade coi libri come con le persone. Vanno presi sul serio. Ma appunto per ciò dobbiamo guardarci dal farcene idoli, cioè strumenti della nostra pigrizia. In questo l’uomo che fra i libri non vive, e per aprirli deve fare uno sforzo, ha un capitale di umiltà, d’inconsapevole forza (…) la cultura comincia di qui. I libri non sono gli uomini, sono mezzi per giungere a loro; chi li ama e non ama gli uomini, è un fatuo o un dannato”.
Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paese di piccoli agricoltori delle Langhe. Muore il 27 agosto 1950, togliendosi la vita in un albergo di Torino, l’Hotel Roma. Lascia scritto sul frontespizio di uno dei suoi libri preferiti, Dialoghi con Leucò: “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.
10 settembre 2008
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In ricordo dell’uomo-libro
Era, il suo, un lavoro instancabile iniziato con l’assunzione il giorno del primo maggio del 1938; era incapace di accettare che la casa editrice non fosse “una macchina lubrificata in modo perfetto”. Scriveva: “Ho rifiutato manoscritti che ho visto stampati presso altre case: hanno avuto successo, ma nella mia biblioteca non potevano entrare con tutti gli onori. La novità, il milione di copie fuori d’Italia, il gusto o pseudo gusto corrente non mi interessano”.
Propose alla Einaudi la raccolta di poesie Lavorare stanca ricordando come, in una precedente edizione, avesse avuto “un certo insuccesso e non può mancare di averne un altro”. Diceva di s come di un “uomo-libro” ma … “Accade coi libri come con le persone. Vanno presi sul serio. Ma appunto per ciò dobbiamo guardarci dal farcene idoli, cioè strumenti della nostra pigrizia. In questo l’uomo che fra i libri non vive, e per aprirli deve fare uno sforzo, ha un capitale di umiltà, d’inconsapevole forza (…) la cultura comincia di qui. I libri non sono gli uomini, sono mezzi per giungere a loro; chi li ama e non ama gli uomini, è un fatuo o un dannato”.
Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paese di piccoli agricoltori delle Langhe. Muore il 27 agosto 1950, togliendosi la vita in un albergo di Torino, l’Hotel Roma. Lascia scritto sul frontespizio di uno dei suoi libri preferiti, Dialoghi con Leucò: “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.
10 settembre 2008