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Io non avrò paura

“Ora si ha paura. Se stasera fossi solo e senza i miei amici non parteciperei alla marcia”: sono le parole di Riccardo, un amico di scuola di Melissa. Dovremmo guardare con gli occhi dei ragazzi, bersaglio e vittime dell’attentato alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi, per comprendere l’impatto di questo atto terroristico intollerabile e inimmaginabile che non ha precedenti?

Un attentato come quello che ha colpito Brindisi è inconcepibile e non può che sollevare sconcerto nei compagni di scuola di Melissa, nell’Istituto e anche nei genitori, insieme ad una forte reazione di paura. Una situazione traumatica che colpisce inaspettatamente genera paura e destabilizza l’equilibrio psichico: è una reazione normale,  ma difficile da gestire per chiunque e ancor di più per i ragazzi e i bambini per i quali la dimensione politico sociale è lontana e spesso incomprensibile, e che vivono la loro quotidianità con valori morali semplici, lineari, concreti “puliti”. È fondamentale e prioritario in questi frangenti garantire un sostegno psicologico per aiutare i ragazzi a comprendere che i sentimenti di paura, rabbia e sconcerto sono normali, incrementano la loro capacità di tolleranza degli stessi. E’ anche giusto informarli che alla prima risposta inevitabile di paura può seguire una reazione di “passivizzazione” oppure, come abbiamo potuto scoprire con diverse indagini e studi realizzati dalla nostra associazione, una reazione combattiva e paranoica contro un mostro immaginario. Per tali motivi è necessario un intervento immediato nell’emergenza, al quale deve poter seguire, in una seconda fase, un supporto psicologico continuativo, affinché il trauma e le reazioni emozionali prodotte dall’evento, possano essere vissute con maggiore consapevolezza.

Intervenire nell’emergenza è doveroso…

Il concetto basilare è che in queste situazioni quando ci sono i bambini e i ragazzi bisogna intervenire in tempi brevi, avere dei professionisti formati a questi specifici compiti, e pronti a partire in brevissimo tempo. Perché prima si arriva, prima si sostiene la vittima e tutti coloro che sono stati coinvolti nella situazione traumatica, e prima possono essere contrastati gli effetti post traumatici, prima che le “ferite” psichiche s’infettino e si cronicizzino. Inoltre operare nell’immediato, principio base della psicologia dell’emergenza, ha un suo ulteriore significato, ossia quello di sostenere gli operatori che si trovano sul territorio nel contesto caotico tipico dell’emergenza in cui si perdono tutti i punti di riferimento: la capacità di pensare, pressati come si è dal fare e, dunque, la capacità di contenere le emozioni, che normalmente vengono scisse, negate, confermando pericolosi meccanismi difensivi che possono essere all’origine della formazione di future sofferenze.

Una squadra di psicologi dell’emergenza della sua Associazione sta già lavorando sul campo?

La richiesta di intervento è arrivata direttamente dagli insegnanti e dai dirigenti scolastici all’Associazione CISMAI presente nel territorio, la quale ha immediatamente attivato Save the Children, che, non avendo psicologi dell’emergenza, a sua volta ha attivato il Centro Alfredo Rampi Onlus. La richiesta da parte dei dirigenti scolastici è scaturita dall’osservazione tra gli studenti di un aumento della paura, della difficoltà a tornare a scuola, della intensa reazione di rabbia. Tali sentimenti possono essere affrontati con gli interventi psicodinamici attivati dai nostri esperti. Stiamo operando nella Scuola Media “Pacuvio Don Bosco” che è di fronte al liceo dove è avvenuto l’attentato e nella Scuola Media Statale “Aldo Moro”, di Mesagne, scuola frequentata da Melissa nella sua città natale.

Come state intervenendo?

Con i ragazzi stiamo affrontando i sentimenti che stanno provando a seguito dell’evento, cercando di aiutarli a comprenderne la varietà dei sintomi  psicologici che possono scaturire, subito ma anche a distanza di tempo,  a seguito dell’esperienza traumatica vissuta per metterli nella condizione di riconoscerli e di accettarli.  I sintomi possono andare dalle difficoltà del sonno e incubi notturni alla difficoltà di andare a scuola, a un attaccamento più forte alle figure di riferimento e a diverse altre manifestazioni psicosomatiche che solitamente seguono lo stress traumatico. È importante fare capire loro quando un sintomo rientra nella normalità ed è dovuto alla situazione e quando, al contrario, si rende necessario un supporto specialistico ulteriore per superarlo, perché ha attivato ferite pregresse. L’intervento è mirato a dare sicurezza ai ragazzi e a fornire loro gli strumenti per gestire i sentimenti negativi attingendo alle loro risorse interne (capacità di resilienza) per poi riprendere al più presto il loro normale cammino evolutivo, utilizzando l’esperienza traumatica a tale scopo (capacità di coping). Inoltre, stiamo intervenendo anche con i genitori dei ragazzi coinvolti, perché anche per loro il trauma può avere conseguenze negative (difficoltà nel mandare i propri figli a scuola, attivazione di comportamenti iperprotezionisti). Con loro vedremo quali potrebbero essere i sintomi dei figli per i quali attivarsi con una consultazione specialistica ulteriore, e quali i segnali d’allarme da tenere sotto controllo.

Coinvolgere anche gli insegnanti?

Certo, daremo un supporto anche agli insegnanti che saranno presenti durante i nostri interventi con i ragazzi e i genitori. Anche la scuola nel suo insieme (docenti, personale ATA, management) può intervenire nell’aiutare questi ragazzi: l’aspetto emotivo inerente la reazione all’esperienza traumatica in questi momenti deve avere un’importanza prioritaria. Andando nelle diverse scuole raccoglieremo i bisogni dei ragazzi, le loro paure e difficoltà, faremo tesoro delle loro richieste e necessità per poi riportarle ai genitori e agli insegnanti e facilitare così la comunicazione su questo livello del problema, più difficile da raggiungere, necessario per offrire un contenimento a tutte le emozioni che i ragazzi coinvolti stanno provando in questo momento e che continueranno a provare per un bel po’ di tempo. I ragazzi hanno mille risorse di ripresa, ma è importante che gli adulti che sono loro accanto – attrezzandosi emotivamente- possano attivare le loro risorse interne per aiutarli a riprendere la vita quotidiana utilizzando l’esperienza traumatica per crescere emotivamente, cioè come una risorsa.

L’attentato alla scuola di Brindisi è unico nel suo genere. Come vi siete trovati ad affrontare un’emergenza come questa che non ha eguali?

Ci occupiamo da tempo di emergenze ambientali e di terrorismo quindi siamo preparati ad intervenire anche in situazioni di questo genere. Abbiamo interventi tarati sulle diverse emergenze che di volta in volta si pongono. Proprio ieri siamo partiti anche per le zone emiliane colpite dal terremoto, dove stiamo procedendo ad un’analisi dei bisogni per mettere a punto una rete riferimento per i bambini e gli adolescenti. Il terremoto dell’Emilia-Romagna è un’emergenza diversa da quella delle scuole di Brindisi perché è un evento naturale e quindi l’accettazione dello stesso è più facile. Nel caso del terrorismo e di azioni come quella di Brindisi, quello che cambia è proprio l’incapacità di “pensarlo”, in quanto inconcepibile, impensabile, assurdo, proprio perché deliberatamente causato da un altro essere umano; per tali motivi è un evento che suscita più rabbia e maggiori difficoltà di accettazione. Sapere che c’è una persona che ha volutamente colpito altre persone innocenti, e per di più davanti a una scuola che è un luogo di massima sicurezza e tranquillità, simbolo del futuro del Paese, metafora della vita e della convivenza civile, è ancora più inaccettabile – anche per i ragazzi. Sono proprio loro ad essersi attivati dicendo “non ci fermerete” perché parlano a un altro essere umano che viene personificato come un mostro che può colpire sempre e comunque, e che quindi attiva una reazione civile , corale, per fronteggiarla.  Merita poi una riflessione il contesto in cui è avvenuto l’attentato, cioè davanti a una scuola che portava avanti progetti di legalità, in una città che lotta contro la mafia. I ragazzi di Brindisi sanno di crescere in un città toccata dalla mafia. Partono già con la rabbia dentro per dover affrontare quotidianamente le pressioni e i condizionamenti della mafia, l’impotenza nell’affrontare questi problemi. Il contesto di un attacco terroristico legato a un contesto notevolmente permeato nel problema della mafia sicuramente renderà le loro reazioni molto più forti.

Giustamente e inevitabilmente l’attentato di Brindisi è sotto i riflettori della stampa e dei media. Per i ragazzi della scuola il sentirsi protagonisti influisce sul superamento del trauma e il ritorno alla vita quotidiana?

Questa è una situazione che si presenta sempre nell’emergenza. Inizialmente c’è una forte attenzione alla tragedia della stampa e dell’opinione pubblica e poi a un certo punto i riflettori si spengono e chi è stato colpito in prima persona si ritrova da solo con le sue paure e difficoltà, per giunta dopo essere stato “drogato” dall’iper-esposizione ai media. Quando si presenta un evento straordinario è giusto parlarne e attivarsi, ma nel momento in cui la comunicazione è eccessiva e poi improvvisamente il sostegno viene a mancare il contraccolpo è maggiore per chi rimane. Lo abbiamo visto con il terremoto dell’Aquila. Nel caso dei bambini e dei ragazzi diventa quindi fondamentale nella fase dell’emergenza rinforzare il contesto a loro più vicino, la famiglia e il territorio, che continuerà ad esserci quando i riflettori saranno spenti. Ed è questo il nostro scopo di psicologi delle emergenze.

Nello specifico dell’attentato di Brindisi è importante parlarne e far capire ai ragazzi quanto il governo, le istituzioni, i cittadini si stanno attivando per affrontare il problema e cercare le soluzioni, cosa si può fare e si deve fare. L’effetto mediatico li fa sentire protagonisti da un lato e dall’altro coccolati e presi in considerazione ma tra un po’ abbandonati. Idealmente ci vorrebbe meno clamore adesso e un’attenzione maggiore a lungo termine.

 

23 maggio 2012

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