Chi salirebbe su un aereo guidato da un pilota stanco o depresso? L’aereo è un ospedale. Non è normale che un oggetto dal peso di alcune centinaia di tonnellate voli, come non è naturale che una persona con trombosi coronarica improvvisa solo una settimana dopo faccia l’amore. Eppure voliamo, senza sapere nulla di portanza, reattori, del tempo che farà lassù. Ci dobbiamo fidare e possiamo controllare solo l’equipaggio, dal comandante alle hostess. Tra i tanti diritti, i malati hanno il dovere di vegliare sulla salute dei loro dottori.
Dal 25 novembre l’Italia si dovrà adeguare a una direttiva europea del 2003 che regola gli orari di lavoro e il rispetto del riposo prima e dopo le guardie (1). Si aprirà una crisi inaudita poiché per rispettare la legge, vigente ovunque, si dovrebbero assumere circa 20.000 medici. Utopia pura in un’era d’inguaribile europenia. Non si sa se costerà più l’arruolamento massiccio o il pagamento delle multe e dei rimborsi per la mancata osservanza della legge. In assenza di un intervento sistemico e di sacrifici da parte di tutti, gli ospedali dovranno diventare compagnie low cost. Si sa che se queste abbassano gli standard di sicurezza oltre al limite possono non accorgersi che un pilota è in burn-out. Allora guardiamoli bene questi dottori, dal parcheggio alle sale operatorie. Non dovremmo vedere la faccia di Andrea Lubitz, il copilota della Germanwings.
L’applicazione della legge preoccupa per il danno che i malati potrebbero subire dal rigido rispetto degli orari sindacali, dalla perdita di continuità assistenziale, dalla possibilità che il paziente passi in mani sempre diverse. Tuttavia è demagogico parlare di malati con diritto di salute e medici con dovere di passione. Il malato ha il diritto di trovare un medico pronto, non stanco, non bruciato e felice del suo lavoro. Non si possono chiedere a tutti le stesse cose, e tutte le specialità vanno rispettate. Una cosa è fare orari massacranti a 30 anni, altra dopo i 50 quando i tempi di recupero, i riflessi e gli impegni sono diversi. Ci vogliono primari illuminati che siano etimologicamente “responsabili” dei loro reparti e conoscano i loro collaboratori: dei più anziani sfruttino l’esperienza e la didattica e dei giovani l’energia vitale; distinguano i masochisti e gli eroi dai normali che non per forza sono immorali. “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, diceva Bertolt Brecht (2).
La medicina moderna ha dei curiosi effetti collaterali, paradossi. Primo, la classe medica non è mai stata tanto desacralizzata e impopolare, e nondimeno i test di Medicina sono affollati da aspiranti folli e affamati. Secondo, nonostante la longevità dovuta al progresso e ai medici, aumentano cause e accanimento verso gli stessi. Ci può salvare solo il ritorno a un rapporto fiduciario: non il contratto “Tu mi guarisci o ti denuncio” ma “Io ti curo, se ti fidi. Non posso prometterti di guarirti, ma di curarti. E se ti fiderai avrai più probabilità di guarire”. Purtroppo le aspettative miracolistiche fanno sentire la morte non più come una possibilità, ma una complicanza per cui qualcuno deve pagare. L’errore umano è statisticamente inevitabile, ma una struttura organizzata deve consentire a persone adeguatamente preparate e selezionate di ridurlo al minimo, che ad ogni modo non sarà mai zero. Se dobbiamo trasformare gli ospedali in compagnie low cost per poter assumere 20.000 nuovi aviatori (o per non assumerli), il rischio di errori salirà. In tali condizioni di lavoro andrebbe abolita la colpa individuale, da riconoscere forse solo laddove si possa lavorare in condizioni perfette, un ideale asintotico. Non è la vedova di un pilota a dover risarcire le vittime di un disastro.
Se dunque tutto ha un prezzo per quale malintesa missione il medico dovrebbe regalare il suo tempo e la sua salute? Anche di guardie si può morire, come dimostrano lavori scientifici su eventi cardiovascolari che colpiscono i medici in surmenage. Perché, si può chiedere un medico nelle corrive conversazioni da bar sport, se salvo un neonato settico il mio mutuo non cambia e se invece pur applicando la stessa scienza mi muore un novantenne di polmonite potrei ricevere ignominia e denuncie? Mentre i parenti dello sfortunato rischiano, quando blanditi da zelanti avvocati, risarcimenti immobiliari? Perché poi lo stipendio di un medico è aperto al pubblico sul web e un milionario col conto blindato e un forame ovale pervio (come il 25% degli uomini sul pianeta) ha l’esenzione totale dal ticket?
Come trovare il denaro? Non c’è solo malasanità, a volte sono l’ipersanità e la medicina difensiva che fanno spendere troppo. In Italia l’elargizione di esenzioni dal ticket è generosa; solo per restare in cardiologia, anomalie comunissime e lievi come piccole pervietà del setto interatriale, prolassi valvolari ed extrasistoli (che possono riguardare fino al 30-40% della popolazione) danno diritto all’esenzione totale dal ticket per patologia a prescindere dal reddito. Fino a quando non cambieranno queste norme buoniste l’unico rimedio è l’obiezione di coscienza. Con questa di solito in medicina si intende il rifiuto di sottostare ad un dovere imposto dalla legge, per aderire ad un valore morale o religioso (per esempio, il ginecologo antiabortista). Perchè allora non esercitare un’obiezione di coscienza al contrario, ovvero rinunciare a un diritto sentito ingiusto o non necessario, per devolvere quei fondi altrove. La crescente distanza tra medico e paziente è sempre più colmata da esami digitali che hanno sostituito le dita. La medicina difensiva nata per parare i gol degli avvocati, dispone una barriera tecnologica che ha costi elevatissimi, materiali e morali. Il timore di contenziosi giudiziari per responsabilità civile e penale porta a condotte aberranti che a lungo termine si rivoltano contro i pazienti. Come nel calcio, la miglior difesa è l’attacco, non la TAC. Stare cioè attaccati al paziente, ascoltarlo, parlargli. Bisogna tornare al futuro. Medici e pazienti devono tornare a toccarsi e ascoltarsi come uomini in volo per la stessa sfida, e non come controparti legali. Il primo passo tocca a noi medici. Dobbiamo essere più empatici, umani. È difficile denunciare, a volte rovinare, un uomo, anche se ha sbagliato. È più facile denunciare un estraneo che si nasconde dietro a un camice, una macchina, parole vuote.
Infine bisogna dire a gran voce che quella dei turni e del riposo dei medici non è una questione sindacale, come farebbe comodo a qualcuno. È invece un dilemma etico profondo. Il medico ha il dovere di studiare e di impegnarsi al massimo, e salire in ospedale con la stessa eleganza e freschezza con cui vorremmo vederci passare davanti il Comandante al gate, con una scia di hostess sorridenti. Il malato, colui che tutti prima o poi saremo, ha il dovere e il diritto di partecipare ad una società che non sprechi o evada nemmeno un euro affinché ciò accada.
Note
- Il 25 novembre entra in vigore la legge 161/2014 recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis”. Tale Legge all’articolo 14 comma 1 sancisce che: “Decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogati il comma 13 dell’articolo 41 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e il comma 6 bis dell’articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66”.
- Citazione tratta dall’opera teatrale “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht (Galileo, scena 13).
In primo piano
L’etica del riposo
Chi salirebbe su un aereo guidato da un pilota stanco o depresso? L’aereo è un ospedale. Non è normale che un oggetto dal peso di alcune centinaia di tonnellate voli, come non è naturale che una persona con trombosi coronarica improvvisa solo una settimana dopo faccia l’amore. Eppure voliamo, senza sapere nulla di portanza, reattori, del tempo che farà lassù. Ci dobbiamo fidare e possiamo controllare solo l’equipaggio, dal comandante alle hostess. Tra i tanti diritti, i malati hanno il dovere di vegliare sulla salute dei loro dottori.
Dal 25 novembre l’Italia si dovrà adeguare a una direttiva europea del 2003 che regola gli orari di lavoro e il rispetto del riposo prima e dopo le guardie (1). Si aprirà una crisi inaudita poiché per rispettare la legge, vigente ovunque, si dovrebbero assumere circa 20.000 medici. Utopia pura in un’era d’inguaribile europenia. Non si sa se costerà più l’arruolamento massiccio o il pagamento delle multe e dei rimborsi per la mancata osservanza della legge. In assenza di un intervento sistemico e di sacrifici da parte di tutti, gli ospedali dovranno diventare compagnie low cost. Si sa che se queste abbassano gli standard di sicurezza oltre al limite possono non accorgersi che un pilota è in burn-out. Allora guardiamoli bene questi dottori, dal parcheggio alle sale operatorie. Non dovremmo vedere la faccia di Andrea Lubitz, il copilota della Germanwings.
L’applicazione della legge preoccupa per il danno che i malati potrebbero subire dal rigido rispetto degli orari sindacali, dalla perdita di continuità assistenziale, dalla possibilità che il paziente passi in mani sempre diverse. Tuttavia è demagogico parlare di malati con diritto di salute e medici con dovere di passione. Il malato ha il diritto di trovare un medico pronto, non stanco, non bruciato e felice del suo lavoro. Non si possono chiedere a tutti le stesse cose, e tutte le specialità vanno rispettate. Una cosa è fare orari massacranti a 30 anni, altra dopo i 50 quando i tempi di recupero, i riflessi e gli impegni sono diversi. Ci vogliono primari illuminati che siano etimologicamente “responsabili” dei loro reparti e conoscano i loro collaboratori: dei più anziani sfruttino l’esperienza e la didattica e dei giovani l’energia vitale; distinguano i masochisti e gli eroi dai normali che non per forza sono immorali. “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, diceva Bertolt Brecht (2).
La medicina moderna ha dei curiosi effetti collaterali, paradossi. Primo, la classe medica non è mai stata tanto desacralizzata e impopolare, e nondimeno i test di Medicina sono affollati da aspiranti folli e affamati. Secondo, nonostante la longevità dovuta al progresso e ai medici, aumentano cause e accanimento verso gli stessi. Ci può salvare solo il ritorno a un rapporto fiduciario: non il contratto “Tu mi guarisci o ti denuncio” ma “Io ti curo, se ti fidi. Non posso prometterti di guarirti, ma di curarti. E se ti fiderai avrai più probabilità di guarire”. Purtroppo le aspettative miracolistiche fanno sentire la morte non più come una possibilità, ma una complicanza per cui qualcuno deve pagare. L’errore umano è statisticamente inevitabile, ma una struttura organizzata deve consentire a persone adeguatamente preparate e selezionate di ridurlo al minimo, che ad ogni modo non sarà mai zero. Se dobbiamo trasformare gli ospedali in compagnie low cost per poter assumere 20.000 nuovi aviatori (o per non assumerli), il rischio di errori salirà. In tali condizioni di lavoro andrebbe abolita la colpa individuale, da riconoscere forse solo laddove si possa lavorare in condizioni perfette, un ideale asintotico. Non è la vedova di un pilota a dover risarcire le vittime di un disastro.
Se dunque tutto ha un prezzo per quale malintesa missione il medico dovrebbe regalare il suo tempo e la sua salute? Anche di guardie si può morire, come dimostrano lavori scientifici su eventi cardiovascolari che colpiscono i medici in surmenage. Perché, si può chiedere un medico nelle corrive conversazioni da bar sport, se salvo un neonato settico il mio mutuo non cambia e se invece pur applicando la stessa scienza mi muore un novantenne di polmonite potrei ricevere ignominia e denuncie? Mentre i parenti dello sfortunato rischiano, quando blanditi da zelanti avvocati, risarcimenti immobiliari? Perché poi lo stipendio di un medico è aperto al pubblico sul web e un milionario col conto blindato e un forame ovale pervio (come il 25% degli uomini sul pianeta) ha l’esenzione totale dal ticket?
Come trovare il denaro? Non c’è solo malasanità, a volte sono l’ipersanità e la medicina difensiva che fanno spendere troppo. In Italia l’elargizione di esenzioni dal ticket è generosa; solo per restare in cardiologia, anomalie comunissime e lievi come piccole pervietà del setto interatriale, prolassi valvolari ed extrasistoli (che possono riguardare fino al 30-40% della popolazione) danno diritto all’esenzione totale dal ticket per patologia a prescindere dal reddito. Fino a quando non cambieranno queste norme buoniste l’unico rimedio è l’obiezione di coscienza. Con questa di solito in medicina si intende il rifiuto di sottostare ad un dovere imposto dalla legge, per aderire ad un valore morale o religioso (per esempio, il ginecologo antiabortista). Perchè allora non esercitare un’obiezione di coscienza al contrario, ovvero rinunciare a un diritto sentito ingiusto o non necessario, per devolvere quei fondi altrove. La crescente distanza tra medico e paziente è sempre più colmata da esami digitali che hanno sostituito le dita. La medicina difensiva nata per parare i gol degli avvocati, dispone una barriera tecnologica che ha costi elevatissimi, materiali e morali. Il timore di contenziosi giudiziari per responsabilità civile e penale porta a condotte aberranti che a lungo termine si rivoltano contro i pazienti. Come nel calcio, la miglior difesa è l’attacco, non la TAC. Stare cioè attaccati al paziente, ascoltarlo, parlargli. Bisogna tornare al futuro. Medici e pazienti devono tornare a toccarsi e ascoltarsi come uomini in volo per la stessa sfida, e non come controparti legali. Il primo passo tocca a noi medici. Dobbiamo essere più empatici, umani. È difficile denunciare, a volte rovinare, un uomo, anche se ha sbagliato. È più facile denunciare un estraneo che si nasconde dietro a un camice, una macchina, parole vuote.
Infine bisogna dire a gran voce che quella dei turni e del riposo dei medici non è una questione sindacale, come farebbe comodo a qualcuno. È invece un dilemma etico profondo. Il medico ha il dovere di studiare e di impegnarsi al massimo, e salire in ospedale con la stessa eleganza e freschezza con cui vorremmo vederci passare davanti il Comandante al gate, con una scia di hostess sorridenti. Il malato, colui che tutti prima o poi saremo, ha il dovere e il diritto di partecipare ad una società che non sprechi o evada nemmeno un euro affinché ciò accada.
Note