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La dura vita del giornalista quasi perfetto

Chi non conosce David Randall? Giornalista senior dell’Independent, Randall è una persona molto alla mano, ironica ed entusiasta del suo lavoro. Lo abbiamo incontrato a Ferrara, al Festival di Internazionale, dove è salito più volte su palco e ha tenuto un workshop per trasmettere i trucchi del mestiere ai giovani giornalisti. Non potevamo non chiedergli che ne pensa del giornalismo di oggi tra web e carta, del conflitto di interessi degli editori e di come diventare un giornalista quasi perfetto.

Giornalismo tra web e carta. Da una parte articoli sempre più brevi che nascono per il web, dall’altra le inchieste realizzate per la carta stampa e riproposte sul web, come quelle del New Yorker, dell’Atlantic, d’El Pais. Sono due forme di giornalismo che si escludono o che si completano?

È una domanda molto interessante. Fare lunghe ricerche investigative necessita di tempo e denaro. Assumere persone come me, sono contento di dirlo, costa non poco. Per questo sono i quotidiani che vendono abbastanza al pubblico a potersi permettere di richiedere informazioni e fare indagini, a volte.
Se per esempio si possiede un sito web e non si hanno entrate, eccetto un piccolo contributo economico proveniente dalla pubblicità, allora molto spesso non ci si può permettere di pagare giornalisti a tempo pieno, n sicuramente di mandarli in missione per tre settimane per una ricerca approfondita necessaria ad un’inchiesta. Questo è il problema…
L’altro aspetto è che il sito web è un luogo adatto a contenere molti più dettagli rispetto allo spazio che ha a disposizione un giornale. Spesso ho pubblicato un articolo di mille parole sul giornale e poi ho riscritto lo stesso articolo in una versione di duemila parole per il sito web, aggiungendo magari anche altri due o tre pezzi a margine. Questo è possibile sul web perché non ci sono restrizioni sulla lunghezza degli articoli che puoi caricare, e non è importante se non tutti leggeranno il pezzo integralmente.

Il giornalista deve dire da che parte sta o il lettore deve capirlo dai problemi che affronta?

In Gran Bretagna e in America soprattutto c’è una divisione piuttosto netta tra notizie e commenti. Talvolta anche io ho scritto articoli con qualche commento personale: anche se non dico mai al pubblico che cosa penso in modo diretto, probabilmente è facile capire quale sia la mia opinione. Tuttavia non amo scrivere articoli di critica e commento, n dare lezioni agitando il dito al pubblico. Ritengo che sia necessario che i giornalisti di oggi capiscano la necessità di questa separazione. Il mondo è pieno di gente che ha opinioni diverse: se, per esempio, io andassi al teatro comunale stasera, dove ci saranno duemila persone, e chiedessi di alzare la mano a chi ha un’idea personale sulla questione siriana, verrebbe alzata ogni mano; se invece chiedessi di alzare la mano a chi ha qualche notizia recente riguardo la Siria, difficilmente qualcuno la alzerebbe. L’informazione ha di gran lunga più valore del commento.

Perch gli editori non dichiarano mai il conflitto di interessi?

Sicuramente in Gran Bretagna, la maggior parte dei giornali è di proprietà di persone che hanno anche interessi di business e al momento non riesco a pensare ad un esempio di un giornale dove questo non sia dichiarato. Con la scomparsa dei giornali cartacei e il maggiore interesse nella televisione, nel cinema e nei libri, talvolta questo non viene dichiarato, ma generalmente un simile interesse viene sempre dichiarato quando è centrale per la notizia.
Quello che non va bene sono i giornalisti sempre in viaggio per il mondo e che non lo dichiarano. Personalmente non accetto telefonate, viaggi e null’altro che mi viene offerto gratuitamente. Penso che questo sia il modo migliore per essere giornalisti: se non accetti regali dalle persone, allora non devi favori a nessuno e ciò ti permette di dire quello che vuoi.

Un numero non vale l’altro. Come i numeri possono cambiare la prospettiva quando si parla di salute?

Direi che la più grande lacuna dei giornalisti è la competenza riguardo i numeri. Spesso, come chiunque capisca qualcosa di medicina saprà, anche quando si ha un piccolo cambiamento nell’incidenza di una malattia, questo si può esprimere in modo che colpisca maggiormente e generi uno shock nei lettori. Puoi dichiarare che negli ultimi dieci anni c’è stato un incremento del 30% nella diffusione del cancro, nonostante, nei fatti, il numero di persone che l’ha avuto sia molto basso: è cresciuto del 30% ma il numero è molto basso perché magari si tratta di un tipo di cancro molto raro. I giornalisti spesso non conoscono, n capiscono i numeri perché sentendosi letterati, che hanno a che fare con le parole, pensano di non essere in grado di trattare i numeri. Dovrebbero sbarazzarsi di questa convinzione. Io ho appreso da solo ciò che avrei dovuto imparare a scuola, come le percentuali, i rischi, le probabilità, eccetera. Questo è il problema maggiore dei giornalisti.

Come intervistare un personaggio famoso? Ovvero quale domanda avrei dovuto farle per fare un’intervista quasi perfetta?

Il modo migliore di intervistare qualcuno, chiunque egli sia, è quello di conoscere il maggior numero di informazioni possibile riguardo quella persona. In particolare quando stai intervistando persone famose, rischi di sprecare un sacco di tempo facendo domande piuttosto semplici e banali, come: dove sei nato? Hai fratelli o sorelle? Dove vivono i tuoi genitori? Cosa racconti dell’incidente che hai avuto? Perciò la cosa da fare è informarsi riguardo le loro biografie e bibliografie e quando inizi l’intervista chiedergli se è possibile ritenere corretto tutto ciò che dice quel determinato libro. Normalmente ritengono di sì e così puoi usare le informazioni che hai trovato nel libro e fare le tue personali domande, risparmiando molto tempo. Infatti, la maggior parte delle volte ti lasciano pochissimo tempo quando devi intervistare una celebrità.
Il modo migliore di intervistare qualcuno, che è già stato intervistato tante volte, è lasciarlo rispondere, e spesso ti darà la stessa risposta che avrebbe dato a cento giornalisti prima di te; allora tu aspetti, con un’espressione sul volto che indica che desideri sapere altro, e solitamente egli aggiunge qualcosa. E questa sicuramente è la risposta più spontanea che poi avrai a disposizione.

Cosa è meglio che studi un giovane per diventare giornalista?

Se la questione è quale facoltà universitaria frequentare, l’unica cosa che posso fermamente dire è di non scegliere giornalismo all’università. Il giornalismo è una cosa pratica, sicuramente necessita di un approccio intellettuale e penso che l’allenamento migliore sia leggere di geografia, economia, politica, storia, matematica, qualsiasi cosa ma non di giornalismo. Bisogna avere la mente e l’intelletto allenati e poi applicare le conoscenze al giornalismo pratico.

Tre consigli per diventare un giornalista quasi perfetto?

Per prima cosa, il giornalista deve pensare a se stesso come a una marca, a un prodotto: deve investire su se stesso e deve sempre (anche alla mia età o più in là con gli anni) imparare nuovi trucchi. Quando è nato internet, ho imparato a usare bene questo strumento. Lo scopo è di migliorare sempre il prodotto.
In secondo luogo, è impossibile essere un buono scrittore a meno che non si sia veramente un lettore entusiasta.
Infine, è necessario rendersi conto che c’è bisogno di un’App. E l’App è l’applicazione. Ciò che fa la differenza tra un giornalista ordinario e un giornalista di successo è la qualità dell’intelligenza che applica ai contenuti. La gente pensa che il giornalismo sia solo un insieme di tecniche e trucchi, ma il miglior giornalismo è quello che sa applicare bene l’intelligenza agli argomenti trattati.

 

17 ottobre 2012

Intervista a cura di Laura Tonon.
Traduzione di Lisa Carignani.

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