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L’eccesso di imaging diagnostico in cardiologia


Su Recenti Progressi in Medicina, Clara Carpeggiani riflette sull’eccesso della diagnostica per immagini in cardiologia: quali i rischi, quali i costi e cosa fare?

Riassunto. La diagnostica per immagini è la voce della spesa pubblica in più ripida ascesa negli ultimi dieci anni, che ha contribuito in modo rilevante all’incremento fuori controllo della spesa sanitaria. Si calcola che le procedure di immagine (radiologica, di medicina nucleare, ecografica o di risonanza magnetica) producano circa 5 miliardi di esami l’anno. Almeno un terzo di questi esami è parzialmente o totalmente inappropriato. Due terzi degli esami di imaging utilizzano radiazioni ionizzanti X o γ, provati cancerogeni: il relativo rischio a lungo termine di cancro secondario all’utilizzo delle procedure diagnostiche ionizzanti è stimato in circa il 10% nei Paesi industrializzati.
I cardiologi prescrivono o eseguono direttamente oltre il 50% di tutti i test di imaging, e sono quindi responsabili dei due terzi della dose effettiva totale data ai pazienti. La dose di radiazioni dovuta ai comuni esami cardiologici di imaging può essere significativa: 500 radiografie del torace per una scintigrafia da stress con sestamibi, 750 radiografie del torace per una TC multistrato, 1000 per una coronarografia con applicazione di stent.
Una conseguenza della mancata conoscenza della dose di radiazioni cui sono esposti i pazienti durante gli esami radiologici è che l’utilizzo improprio degli esami è inaccettabilmente alto in cardiologia, anche per procedure con alto carico radiante. Dosi maggiori corrispondono a maggiore rischio di cancro a lungo termine; non ci sono dosi sicure e tutte le dosi si sommano nel determinare il rischio cumulativo nel corso della vita. I medici dovrebbero adottare ogni possibile strategia per prescrivere al paziente il test più appropriato, al momento giusto e, se ionizzante, con la giusta dose di esposizione, come è stato suggerito dalla Food and Drug Administration nel 2010, con un’iniziativa volta a ridurre le esposizioni radiologiche secondarie a procedure mediche non appropriate. Questo si può ottenere implementando la strategia proposta nel 2010 dall’International Atomic Energy Agency che è basata sulle 3 A: audit (delle dosi somministrate); consapevolezza (poiché le dosi e i rischi delle procedure utilizzate sono sconosciute) e appropriatezza (poiché almeno un terzo delle procedure sono inappropriate). La regolare applicazione delle 3 A non è facilitata da un sistema sanitario che paga per volume e non per appropriatezza.

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Conclusioni. Il miglioramento della consapevolezza radiologica porterà una riduzione degli esami inutili e della spesa sanitaria e migliorerà la qualità del sistema sanitario. Questo processo dovrà essere accompagnato da un modello innovativo di governance che non tagli la spesa sanitaria appropriata ma penalizzi la medicina dell’inutile. Le informazioni diagnostiche e prognostiche fornite dalle procedure di imaging quando appropriate sono immense e salvano molte vite. Al contrario, l’imaging non appropriato porta costi sempre più esorbitanti con benefici sempre più marginali e rischi potenziali fino all’errore medico.

26 marzo 2014

Bibliografia

Carpeggiani C. L’eccesso di imaging diagnostico in cardiologia. Recenti Progressi in Medicina 2014; 105: 93-9.

Eugenio Picano. Sillabario di radioprotezione per cardiologi. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2013.

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