Come si aggiorna l’infettivologo?
Come tutti gli altri specialisti, fruendo degli strumenti che vengono offerti, quali congressi e riunioni scientifiche. Credo poi che chi intende veramente aggiornarsi necessiti di varie ore a tavolino, a leggere riviste scientifiche, trattati e materiale scaricato da internet. Per l’infettivologo e per tutto il personale ospedaliero che lavora con pazienti HIV positivi, è stato inoltre conservato, ritengo utilmente, il corso annuale previsto dalla legge 135/90, che garantisce anche una modesta incentivazione economica.
E altri strumenti?
Eventuali master (comincia ad esserci qualche offerta). Un altro strumento che potrebbe essere preso in considerazione – soprattutto per le nuove generazioni che hanno dimestichezza con gli strumenti di ordine informatico – è dato dai programmi di e-learning.
In questo scenario variegato di offerte che cosa privilegiare?
L’offerta spazia dal congresso internazionale a quello nazionale di società, al congresso organizzato in sede locale, magari anche con interventi di esperti stranieri, al cosiddetto congresso mono-sponsor proposto dall’industria farmaceutica. Ritengo che in questo eterogeneo scenario l’ambito più efficace di aggiornamento sia rappresentato dai congressi internazionali o nazionali di Società scientifiche. Questo per un duplice motivo: da un lato consentono il confronto di esperienze e il dibattito, dall’altro seguono dei criteri internazionali per l’accettazione dei lavori scientifici, che è subordinata alla revisione critica di una commissione. Certamente i congressi più selettivi e quelli di maggior contenuto e valore sono quelli internazionali. Per gli infettivologi gli appuntamenti annuali principali sono l’ICAAC (International Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy) che riguarda l’intero ambito delle malattie infettive, il CROI (Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections) che interessa specificatamente le infezioni da HIV, e i congressi internazionali sui virus epatici. A questi seguono altri congressi internazionali che riguardano altri ambiti specifici. Ovviamente la scelta è orientata dagli interessi professionali e culturali del singolo. Varrebbe poi la pena di discutere sull’orientamento delle scelte e sulle limitazioni imposte.
A cosa si riferisce? Ci interessa discuterne…
Si è parlato della limitazione alla partecipazione ai congressi internazionali non distinguendo tra quelli organizzati dalle società scientifiche e quelli di minor significato scientifico, mettendo tutto sullo stesso piano. A mio avviso non andrebbe fatto di tutta l’erba un fascio: la partecipazione ai congressi internazionali delle società scientifiche – purtroppo molto difficile, se non impossibile, senza “sponsorizzazioni” – è infatti indispensabile se non si vuole cadere in un terribile provincialismo, in una specie di analfabetismo scientifico di ritorno.
Intravede altri strumenti che non vengono contemplati dal programma nazionale di formazione continua in medicina?
La partecipazione ai congressi internazionali dovrebbe rientrare nell’aggiornamento e consentire di accumulare crediti. Altrimenti si ricade in una visione provinciale dell’aggiornamento in medicina.
Prima accennava ai programmi di e-learning. Ritiene che questi nuovi strumenti siano efficienti per l’infettivologo?
Certo, come per le altre discipline internistiche. Tuttavia, permettendo solo uno studio individuale dove la scrivania viene sostituita da uno schermo e una tastiera di computer, non può essere considerato come l’unico strumento ma come una valida integrazione per il proprio aggiornamento. Anche attingere alle informazioni disponibili su Internet, costruendosi un proprio bookmark che raccoglie siti specialistici e riviste elettroniche, può rivelarsi un buon sistema per tenersi aggiornati. Ma anche a questo tipo di attività non viene dato nessun riconoscimento ufficiale.
Lo strumento informatico può servire non solo per un lavoro individuale. Non conoscendo distanze e confini può avvicinare colleghi che stanno in punti lontani nel mondo (secondo parere, forum ecc.)…
Sì, è una dimensione di lavoro e aggiornamento interessante anche se per sfruttarla pienamente deve essere superata una barriera generazionale ancora presente. Le potenzialità dello strumento sono molteplici, tra cui anche quella di contribuire a vincere lo stato di frustrazione che spesso affligge il medico ospedaliero per il poco tempo che può effettivamente dedicare a un aggiornamento reale e non formale.
Internet stimolerebbero quindi la voglia di aggiornarsi…
Ritengo che strumenti stimolanti e capaci di suscitare interesse diventino importanti in un momento come questo dove non mi sembra di vedere un grande entusiasmo. Lo dico con la preoccupazione di chi per mestiere fa il formatore di specialisti.
Perché questa apatia?
Le sollecitazioni “tradizionali” sono molte, ma le risposte cominciano ad essere un po’ flebili. Spesso la qualità di offerta non si distingue nell’ambito di una quantità di offerta soffocante. Sulle scrivanie di tutti noi arrivano valanghe di riviste, libri e un’infinità di strumenti cartacei, e viene il sospetto che questo materiale sia più proiettato verso il cestino che a stimolare interesse. Alla fine si seleziona quello che abitualmente si legge, mentre la novità emerge solo se cattura la nostra curiosità. Molte volte è il “primo contatto” che decide: se uno strumento nuovo riesce a piacerti subito vai avanti, altrimenti una cosa in più sulla tua scrivania, che induce il desiderio irrefrenabile di liberartene.
Tanto lavoro, poco tempo e…
… un’offerta nella quale diventa sempre più difficile distinguere la qualità e l’utilità dalla pura necessità di sostegno ai marketing aziendali. Questo significa che molte risorse sono impegnate per un risultato tutto sommato modesto a mio parere.
Aggiornamento e formazione dell’infettivologo è un percorso mono-disciplinare?
Certamente no. L’infettivologia è una branca della medicina interna che entra in molti altri campi della medicina pubblica, della microbiologia e quant’altro. Le malattie infettive spesso non colpiscono un solo organo o un solo apparato, ma tutto l’organismo. Ciò comporta la necessità di tenersi aggiornati anche sulle nuove acquisizioni in molti campi differenti. Per definizione, in una branca come l’infettivologia non può esserci un aggiornamento esclusivamente di settore… Da tempo mi sto occupando di effetti collaterali degli antiretrovirali che mi hanno costretto a studiare problematiche riguardanti il metabolismo lipidico e glucidico. Tutto ciò è ridiventato pane quotidiano non soltanto per me, ma anche per molti colleghi che seguono pazienti HIV positivi in terapia.
La sua rivista preferita di medicina interna?
The New England Journal of Medicine.
E quella specialistica?
La rivista che forse coniuga più cose e che ha maggior prestigio nel nostro settore è Journal of Infectious Diseases. A questa aggiungerei Clinical Infectious Diseases e altre riviste che riguardano specifici filoni quelle sull’aids o quelle sull’epatite e così via. Poi c’è una bella rivista che mi capita di sfogliare spesso e che dovrebbe essere utile per l’aggiornamento di frontiera su quello che sta succedendo o potrebbe succedere di nuovo, vale a dire Emerging Infectious Diseases, l’organo dei CDC di Atlanta.
Sfogliare la rivista… Vuol dire che preferisce la versione cartacea della rivista a quella elettronica…
Beh direi proprio di sì. Con tutto il rispetto che ho per gli alberi, devo confessare che prediligo la carta come dimostrano indirettamente i 5 mila libri che riempiono gli scaffali della mia libreria di casa…
Da appassionato lettore ritiene che anche la narrativa possa essere un strumento di formazione e/o aggiornamento “fuori corsia”?
Certamente sì, anche se la risposta non andrebbe lasciata nell’indefinito. La cosa importante è non farsi soffocare dalla stanchezza e dalla routine che ammazzano la voglia di fare. Qualsiasi attività che ci difende da questi due nemici e ci aiuta a tenere aperta la porta alla curiosità, ci sostiene a desiderare di saperne di più. Anche un medico con un’ottima formazione e cultura professionale, rischia di perdere la “curiosità”. La narrativa o la saggistica su argomenti non strettamente d’ambito professionale servono per vedere le cose al di là della routine.
Un’attitudine essenziale per essere ricettive nella formazione…
Essere ricettivi rispetto a una formazione continua significa essere più recettivi anche verso le persone: la persona che è stanca di imparare è anche stanca di ascoltare la gente. Essere ricettivo nei confronti dei problemi altrui non è una delle cose più facili in assoluto e non è sempre gratificante. Se i fatti dell’altro, inteso come paziente che pone delle richieste, iniziano a pesare al medico e ad essere fuori dal suo interesse professionale, siamo di fronte ad un segnale di demotivazione che rischia facilmente di comprendere anche il desiderio di formazione continua.
Personalmente quale curiosità alimentano la sua voglia di acculturarsi?
Per capirlo basta forse citare il titolo di uno dei corsi “elettivi” che tengo all’università: Storia evolutiva e sociale delle malattie infettive. Con questo corso mi sono lanciato in un azzardo assoluto, una scommessa fatta sperando che i mie studenti mi seguano. Si tratta di una valutazione dell’impatto sociale e culturale delle malattie infettive sulla formazione delle civiltà umane (compresa anche la loro espressione artistica) facendo in parallelo la storia virologica della loro diffusione. Un grosso impegno in più, tra i numerosi altri, ma mi diverto; e spero che non si annoino troppo i ragazzi.
13 aprile 2005
In primo piano
L’infettivologo e l’aggiornamento
Come si aggiorna l’infettivologo?
Come tutti gli altri specialisti, fruendo degli strumenti che vengono offerti, quali congressi e riunioni scientifiche. Credo poi che chi intende veramente aggiornarsi necessiti di varie ore a tavolino, a leggere riviste scientifiche, trattati e materiale scaricato da internet. Per l’infettivologo e per tutto il personale ospedaliero che lavora con pazienti HIV positivi, è stato inoltre conservato, ritengo utilmente, il corso annuale previsto dalla legge 135/90, che garantisce anche una modesta incentivazione economica.
E altri strumenti?
Eventuali master (comincia ad esserci qualche offerta). Un altro strumento che potrebbe essere preso in considerazione – soprattutto per le nuove generazioni che hanno dimestichezza con gli strumenti di ordine informatico – è dato dai programmi di e-learning.
In questo scenario variegato di offerte che cosa privilegiare?
L’offerta spazia dal congresso internazionale a quello nazionale di società, al congresso organizzato in sede locale, magari anche con interventi di esperti stranieri, al cosiddetto congresso mono-sponsor proposto dall’industria farmaceutica. Ritengo che in questo eterogeneo scenario l’ambito più efficace di aggiornamento sia rappresentato dai congressi internazionali o nazionali di Società scientifiche. Questo per un duplice motivo: da un lato consentono il confronto di esperienze e il dibattito, dall’altro seguono dei criteri internazionali per l’accettazione dei lavori scientifici, che è subordinata alla revisione critica di una commissione. Certamente i congressi più selettivi e quelli di maggior contenuto e valore sono quelli internazionali. Per gli infettivologi gli appuntamenti annuali principali sono l’ICAAC (International Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy) che riguarda l’intero ambito delle malattie infettive, il CROI (Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections) che interessa specificatamente le infezioni da HIV, e i congressi internazionali sui virus epatici. A questi seguono altri congressi internazionali che riguardano altri ambiti specifici. Ovviamente la scelta è orientata dagli interessi professionali e culturali del singolo. Varrebbe poi la pena di discutere sull’orientamento delle scelte e sulle limitazioni imposte.
A cosa si riferisce? Ci interessa discuterne…
Si è parlato della limitazione alla partecipazione ai congressi internazionali non distinguendo tra quelli organizzati dalle società scientifiche e quelli di minor significato scientifico, mettendo tutto sullo stesso piano. A mio avviso non andrebbe fatto di tutta l’erba un fascio: la partecipazione ai congressi internazionali delle società scientifiche – purtroppo molto difficile, se non impossibile, senza “sponsorizzazioni” – è infatti indispensabile se non si vuole cadere in un terribile provincialismo, in una specie di analfabetismo scientifico di ritorno.
Intravede altri strumenti che non vengono contemplati dal programma nazionale di formazione continua in medicina?
La partecipazione ai congressi internazionali dovrebbe rientrare nell’aggiornamento e consentire di accumulare crediti. Altrimenti si ricade in una visione provinciale dell’aggiornamento in medicina.
Prima accennava ai programmi di e-learning. Ritiene che questi nuovi strumenti siano efficienti per l’infettivologo?
Certo, come per le altre discipline internistiche. Tuttavia, permettendo solo uno studio individuale dove la scrivania viene sostituita da uno schermo e una tastiera di computer, non può essere considerato come l’unico strumento ma come una valida integrazione per il proprio aggiornamento. Anche attingere alle informazioni disponibili su Internet, costruendosi un proprio bookmark che raccoglie siti specialistici e riviste elettroniche, può rivelarsi un buon sistema per tenersi aggiornati. Ma anche a questo tipo di attività non viene dato nessun riconoscimento ufficiale.
Lo strumento informatico può servire non solo per un lavoro individuale. Non conoscendo distanze e confini può avvicinare colleghi che stanno in punti lontani nel mondo (secondo parere, forum ecc.)…
Sì, è una dimensione di lavoro e aggiornamento interessante anche se per sfruttarla pienamente deve essere superata una barriera generazionale ancora presente. Le potenzialità dello strumento sono molteplici, tra cui anche quella di contribuire a vincere lo stato di frustrazione che spesso affligge il medico ospedaliero per il poco tempo che può effettivamente dedicare a un aggiornamento reale e non formale.
Internet stimolerebbero quindi la voglia di aggiornarsi…
Ritengo che strumenti stimolanti e capaci di suscitare interesse diventino importanti in un momento come questo dove non mi sembra di vedere un grande entusiasmo. Lo dico con la preoccupazione di chi per mestiere fa il formatore di specialisti.
Perché questa apatia?
Le sollecitazioni “tradizionali” sono molte, ma le risposte cominciano ad essere un po’ flebili. Spesso la qualità di offerta non si distingue nell’ambito di una quantità di offerta soffocante. Sulle scrivanie di tutti noi arrivano valanghe di riviste, libri e un’infinità di strumenti cartacei, e viene il sospetto che questo materiale sia più proiettato verso il cestino che a stimolare interesse. Alla fine si seleziona quello che abitualmente si legge, mentre la novità emerge solo se cattura la nostra curiosità. Molte volte è il “primo contatto” che decide: se uno strumento nuovo riesce a piacerti subito vai avanti, altrimenti una cosa in più sulla tua scrivania, che induce il desiderio irrefrenabile di liberartene.
Tanto lavoro, poco tempo e…
… un’offerta nella quale diventa sempre più difficile distinguere la qualità e l’utilità dalla pura necessità di sostegno ai marketing aziendali. Questo significa che molte risorse sono impegnate per un risultato tutto sommato modesto a mio parere.
Aggiornamento e formazione dell’infettivologo è un percorso mono-disciplinare?
Certamente no. L’infettivologia è una branca della medicina interna che entra in molti altri campi della medicina pubblica, della microbiologia e quant’altro. Le malattie infettive spesso non colpiscono un solo organo o un solo apparato, ma tutto l’organismo. Ciò comporta la necessità di tenersi aggiornati anche sulle nuove acquisizioni in molti campi differenti. Per definizione, in una branca come l’infettivologia non può esserci un aggiornamento esclusivamente di settore… Da tempo mi sto occupando di effetti collaterali degli antiretrovirali che mi hanno costretto a studiare problematiche riguardanti il metabolismo lipidico e glucidico. Tutto ciò è ridiventato pane quotidiano non soltanto per me, ma anche per molti colleghi che seguono pazienti HIV positivi in terapia.
La sua rivista preferita di medicina interna?
The New England Journal of Medicine.
E quella specialistica?
La rivista che forse coniuga più cose e che ha maggior prestigio nel nostro settore è Journal of Infectious Diseases. A questa aggiungerei Clinical Infectious Diseases e altre riviste che riguardano specifici filoni quelle sull’aids o quelle sull’epatite e così via. Poi c’è una bella rivista che mi capita di sfogliare spesso e che dovrebbe essere utile per l’aggiornamento di frontiera su quello che sta succedendo o potrebbe succedere di nuovo, vale a dire Emerging Infectious Diseases, l’organo dei CDC di Atlanta.
Sfogliare la rivista… Vuol dire che preferisce la versione cartacea della rivista a quella elettronica…
Beh direi proprio di sì. Con tutto il rispetto che ho per gli alberi, devo confessare che prediligo la carta come dimostrano indirettamente i 5 mila libri che riempiono gli scaffali della mia libreria di casa…
Da appassionato lettore ritiene che anche la narrativa possa essere un strumento di formazione e/o aggiornamento “fuori corsia”?
Certamente sì, anche se la risposta non andrebbe lasciata nell’indefinito. La cosa importante è non farsi soffocare dalla stanchezza e dalla routine che ammazzano la voglia di fare. Qualsiasi attività che ci difende da questi due nemici e ci aiuta a tenere aperta la porta alla curiosità, ci sostiene a desiderare di saperne di più. Anche un medico con un’ottima formazione e cultura professionale, rischia di perdere la “curiosità”. La narrativa o la saggistica su argomenti non strettamente d’ambito professionale servono per vedere le cose al di là della routine.
Un’attitudine essenziale per essere ricettive nella formazione…
Essere ricettivi rispetto a una formazione continua significa essere più recettivi anche verso le persone: la persona che è stanca di imparare è anche stanca di ascoltare la gente. Essere ricettivo nei confronti dei problemi altrui non è una delle cose più facili in assoluto e non è sempre gratificante. Se i fatti dell’altro, inteso come paziente che pone delle richieste, iniziano a pesare al medico e ad essere fuori dal suo interesse professionale, siamo di fronte ad un segnale di demotivazione che rischia facilmente di comprendere anche il desiderio di formazione continua.
Personalmente quale curiosità alimentano la sua voglia di acculturarsi?
Per capirlo basta forse citare il titolo di uno dei corsi “elettivi” che tengo all’università: Storia evolutiva e sociale delle malattie infettive. Con questo corso mi sono lanciato in un azzardo assoluto, una scommessa fatta sperando che i mie studenti mi seguano. Si tratta di una valutazione dell’impatto sociale e culturale delle malattie infettive sulla formazione delle civiltà umane (compresa anche la loro espressione artistica) facendo in parallelo la storia virologica della loro diffusione. Un grosso impegno in più, tra i numerosi altri, ma mi diverto; e spero che non si annoino troppo i ragazzi.