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L’oncologo e l’aggiornamento

Come si aggiornano gli oncologi?

Ci sono vari modalità per tenersi aggiornati. Prima di tutto la lettura di riviste specialistiche sia sotto forma di riviste cartacee sia attraverso la consultazione via internet delle fonti di informazioni, che vanno dai PDQ che raccolgono lo stato dell’arte sulla terapia delle diverse forme neoplastiche alla consultazione di proceeding dei congressi più importanti. A questa forma di aggiornamento individuale se ne aggiungono delle altre collettive che comprendono fondamentalmente i congressi polo- o mono-tematici. Queste sono le forme più comuni. Poi all’interno delle diverse strutture oncologiche si creano delle occasioni di formazione permanente rappresentate dai meeting, quotidiani o settimanali e si affrontano temi di aggiornamento scientifico e culturale nei quali si discutono i casi più problematici.

Come invece sarebbe augurabili si aggiornassero?

Le modalità più efficaci sono quelle che riguardano la lettura approfondita degli articoli delle riviste specialistiche. I congressi sono una forma di aggiornamento utile più per avere una formazione panoramica a 360 gradi sugli argomenti di interesse, mentre per un approfondimento mirato sono più adatti i congressi monotematici. Ritengo che dovrebbe essere promosso l’aggiornamento per stage organizzati in centri che hanno una particolare competenza in uno specifico campo dell’oncologia sia in Italia sia all’estero.

Quindi è essenziale puntare al dialogo e al confronto con chi ne sa di più…

Come aggiornamento permanente reputo importante una presa di contatto diretta con le équipe particolarmente competenti che lavorano in specifici settori dell’oncologia. E una buona soluzione sono proprio gli stage in ambienti qualificati anche per periodi brevi ma intensi.

Devono essere stage che riguardano la propria qualificazione oppure altri ambiti?

Sono dell’idea che quanto più si lavora in ambienti specialistici tanto più è difficile puntare a una trasversalità della propria formazione. Considerata le difficoltà a ritagliarsi i giusti spazi e tempi per l’aggiornamento ritengo che l’ambito formativo deve essere prevalentemente quello della disciplina che si esercita.

E cosa ne pensa dei programmi di aggiornamento a distanza?

Anche questi nuovi strumenti possono rivelarsi efficaci per tenersi aggiornati. La possibilità che la tecnologia fornisce di fare anche attività formativa interattiva a distanza può essere importante.

Con l’attivazione di una piano nazionale ECM l’aggiornamento viene visto come una corsa verso i crediti o come un accrescimento professionale e culturale?

Purtroppo la corsa ai crediti esiste ed è inevitabile perché quando si stabilisce per legge che deve essere raggiunto un punteggio anche chi non fosse eventualmente direttamente motivato si trova obbligato a dover raggiungere l’obiettivo. E così l’aggiornamento diventa più una corsa ai crediti che una formazione professionale importante. Però in generale voglio pensare che i professionisti desiderino progredire culturalmente e quindi che per loro l’aggiornamento sia più una crescita personale che una corsa ai crediti.

Una crescita che come in altre professioni può essere ostacolata dalla routine e quotidianità del lavoro…

Il segreto è trasformare la routine in un momento formativo altrimenti si rischia che la stanchezza prenda il sopravvento e si “mangi tutto”… Nel nostro gruppo sono previsti dei meeting giornalieri di formazione che partono dal caso del giorno per discuterne le implicazioni cliniche e scientifiche. In questo modo il lavoro di tutti i giorni diventa un’occasione di formazione e di crescita professionale.

La sua rivista preferita?

Il New England Journal of Medicine.

E quella specialistica?

Il Journal Clinical of Oncology, che è un po’ la bibbia di noi oncologi.

A quali congressi lei cerca di “non mancare”?

Come molti miei colleghi cerco di non perdermi l’ASCO, che è il congresso mondiale di oncologia più prestigioso, mentre a livello nazionale il congresso dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia medica).

Aggiornamento e formazione possono svilupparsi anche al di fuori della corsia, attraverso “strumenti non canonici”?

Lettura, cinema e mostre possono servire per stimolare curiosità, intelligenze e accrescere la cultura umanista che è inscindibile alla figura del medico. E qualsiasi fonte di cultura può essere utile. Il famoso quadro di Much – l’urlo – può servire molto all’oncologo che non ha a che fare solo con la malattia ma soprattutto con la “persona”.

La cultura servirebbe quindi a ricordarsi dell’importanza del rapporto medico/paziente?

Sì, ma purtroppo un settore formativo trascuratissimo è quello del rapporto medico paziente. Noi per iniziativa dell’Istituto Oncologico Romagnolo (IOR) stiamo organizzato seminari ad hoc di due giorni durante i quali un psico-oncologo affronta il problema della comunicazione al paziente e, in particolare, della comunicazione della “cattiva notizia”. Ritengo che questa iniziativa sia di fondamentale importanza nella formazione generale del medico che non deve sempre e solo riguardare i contenuti dell’ultima pubblicazione scientifica ma anche come meglio rapportarsi con i pazienti e con le famiglie…
Poi ci dovrebbe essere una formazione del medico anche su come rapportarsi con i media per prevenire la pubblicazione sulla stampa laica di notizie accattivanti, senza fondamento scientifico, che spesso danno false speranze o sollevano falsi allarmismi.

 

20 aprile 2005

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