In primo piano

Minori stranieri senza diritti

La Società Italiana di Pediatria (SIP) e la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), con i rispettivi Presidenti, Professor Alberto Ugazio e Professor Mario Affronti, hanno presentato un documento congiunto. Obiettivo del documento, elaborato con il contributo del Gruppo di Studio GLNBI (Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato) della SIP, è garantire il pieno diritto alla salute di tutti i minori stranieri presenti in Italia. Ne parliamo con Maria Rosaria Sisto, pediatra di famiglia.

Quali sono le principali problematiche da affrontare per la tutela dei bambini stranieri secondo il Documento presentato dalla SIP e dalla SIMM?

Il documento riconosce l’importanza di tre punti fondamentali: il primo attiene alla garanzia del diritto alla salute fisica, mentale e sociale per tutti i bambini stranieri presenti in Italia. Tale diritto è correlato con il riconoscimento dei diritti civili. Un secondo problema affrontato dal Documento è relativo al diritto alla salute e alla condizione dei minori figli di immigrati irregolari che possono accedere alle strutture sanitarie solo per prestazioni urgenti ed essenziali o per patologie che, se non curate, provocano danni permanenti; viene riconosciuto l’accesso alle vaccinazioni, ma non la continuità assistenziale che può derivare solo da una regolarità delle visite mediche e pediatriche mirate a intercettare precocemente problematiche di salute fisica mentale e sociale in soggetti in accrescimento e sviluppo. SIP e SIMM chiedono di estendere le prestazioni sanitarie del Sistema Sanitario Nazionale (SNN), e quindi l’iscrizione al Pediatra di Famiglia e del Medico di Medicina generale a tutti i minori stranieri presenti sul territorio nazionale, in osservanza dell’articolo 24 della Convenzione di New York (diritto del minore al miglior stato di salute possibile) e all’articolo 2 della Costituzione (diritti fondamentali dell’individuo).
Un terzo punto importante del nostro documento, riguarda la tutela della donna straniera irregolare in gravidanza per la quale abbiamo chiesto un prolungamento del permesso di soggiorno che attualmente è limitato ai sei mesi dopo il parto. Nel documento chiediamo che venga concesso fino almeno al 12esimo mese, con la possibilità di trasformarlo in permesso per il lavoro al fine di proteggere la salute dei neonati e anche della madre. Collegato strettamente con questo punto è il diritto all’iscrizione anagrafica del neonato irregolare come previsto nell’articolo 7 della Convenzione di New York e riconosciuto da una circolare del Ministero dell’Interno del 7 agosto 2009.
SIP e SIMM chiedono inoltre che vengano superate alcune criticità che riguardano l’integrazione scolastica, l’istruzione oltre la scuola dell’obbligo per figli di immigrati privi di permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto, permessi di soggiorno più prolungati, almeno cinque anni, per famiglie con figli in età scolare, provvidenze economiche per i nuclei familiari di immigrati che versano in condizioni di povertà.

E per la quanto riguarda la preparazione di chi deve prendersi carico della salute dei minori stranieri?

Anche questo è un tema affrontato nel nostro documento. La SIMM e la SIP sottolineano la necessità di percorsi formativi sulle patologie endemiche nei Paesi di origine degli immigrati che, benché sani all’arrivo in Italia, possono esserne colpiti a causa di precarie condizioni socioeconomiche e abitative o per la frequenza con la quale fanno rientro per lunghi periodi nel proprio Paese. Questa conoscenza, oltre a rappresentare un arricchimento del bagaglio culturale del medico e del pediatra italiano, si rivela indispensabile nella nostra era caratterizzata da globalizzazione e da viaggi internazionali che riguardano ormai tutta la popolazione, anche in età pediatrica, e coinvolge spesso il personale sanitario che sempre più frequentemente è presente in missioni umanitarie o di cooperazione internazionale.

L’Italia è meno preparata rispetto ad altri Paesi dell’Ue a prendersi carico del diritto degli stranieri regolari e irregolari?

In Germania, Francia e Paesi Bassi i flussi migratori sono iniziati prima che in Italia. Fino agli anni Ottanta erano Paesi di immigrazione per gli italiani. E non a caso in questi Paesi sono stati sviluppati dei sistemi per la tutela dell’immigrato più precocemente. In tutti gli altri Paesi europei il numero di rifugiati e richiedenti asilo relativo alla popolazione è più elevato e il diritto alla cittadinanza, pur non prevedendo lo ius soli, tranne il caso unico della Francia che attua la concessione della cittadinanza a tutti i nati su suolo francese (come l’America), viene riconosciuto dopo meno anni di soggiorno regolare dei genitori rispetto all’Italia. Qualche esempio: in Irlanda viene concessa dopo 3 anni di soggiorno regolare, in Inghilterra dopo 4 anni, in Finlandia dopo 6 anni, in Germania dopo 8 anni.

E in Italia?

In Italia, invece la cittadinanza al bambino nato in Italia da genitori stranieri regolarmente soggiornanti può essere concessa solo al compimento del 18esimo anno, e solo se il soggiorno regolare è stato mantenuto ininterrottamente fino alla maggiore età. Inoltre il minore straniero che alla maggiore età presenta domanda per richiedere la cittadinanza non la otterrà in Italia prima di tre anni, per l’attuale sistema burocratico. Essere riconosciuti come cittadini vuol dire avere garantiti, oltre ai diritti civili, anche i diritti politici e sociali e promuovere il processo di integrazione dei giovani di seconda generazione e delle loro famiglie.

In un’intervista a Va’ Pensiero, Maurizio Marceca della SIMM sottolineava “l’assenza di politiche concordate a livello di
Unione europea (Ue) che crea una frammentarietà negli interventi e momenti di difficoltà diplomatica tra Paesi vicini”…

Indubbiamente sarebbe auspicabile una uniformità giuridica europea in tema di migrazioni e varrebbe la pena interrogarsi sul perché non vi siano politiche migratorie omogenee. Il Trattato di Lisbona entrato in vigore l’1 dicembre 2009 conferma l’impegno dell’Ue di elaborare una politica comune per l’immigrazione. Tuttavia, benché esistano queste prese di posizione favorevoli, gli Stati membri non sono ancora tutti allineati.
Per quanto riguarda i minori irregolari il 14 marzo 2011 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per la “riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’Ue” in cui si chiede agli Stati membri di affrontare le disuguaglianze nell’accesso alle cure sanitarie anche per gli immigrati irregolari. Ma siamo ancora lontani nei singoli Stati dal recepimento di queste direttive.
L’Italia non è il primo Paese europeo per presenza di immigrati, sono pochi il rifugiati politici in Italia. Non siamo oberati da questo problema e quindi potremmo farci carico delle questioni che si stanno verificando nei Paesi che affacciano sul mediterraneo. Ciò non toglie che siano necessarie delle politiche omogenee in Ue per un’azione più efficace e coordinata. Il minore però va tutelato qualunque sia il suo stato giuridico. Non può essere accettato il respingimento di un minore non accompagnato se non si conoscono i motivi diversissimi per cui è immigrato in Italia e non ci sono garanzie sulle condizioni in cui si troverà al rientro nel proprio Paese. Esiste inoltre l’obbligo alla tutela immediata che deriva dalla Direttiva Amato Mastella del 2007.

Il documento congiunto SIMM-SIP vuole rappresentare un primo passo per lavorare insieme alle istituzioni impegnate nelle politiche migratorie?

In realtà la SIP e la SIMM sono impegnate insieme da quasi un decennio durante il quale, attraverso quattro convegni congiunti hanno ribadito l’esigenza di politiche migratorie a tutela dei diritti dei minori migranti. Il nostro auspicio è che il recepimento e la condivisione del documento SIMM-SIP favoriscano azioni positive per la promozione della salute globale e l’integrazione degli stranieri regolari e irregolari. Sul fronte nazionale sarà il Direttivo della SIP ad impegnarsi in tal senso organizzando incontri a livello istituzionale. Per quanto riguarda il contesto locale, noi pediatri potremmo incontrare i nostri referenti regionali per promuovere le richieste avanzate attraverso il documento congiunto. Percorsi avanzati sono già stati compiuti in diverse Regioni come il Piemonte, la Toscana e l’Emilia Romagna dove viene già garantita ai minori irregolari la possibilità di essere iscritti al pediatra di famiglia. Prendendo esempio da queste Regioni pilota, stiamo cercando di diffondere a livello di singola Regione la cultura dell’accoglienza integrale e della salute di tutti i bambini stranieri regolari e irregolari. L’obiettivo da perseguire è la migliore salute possibile, cioè il diritto alla salute e alla possibilità di beneficiare del servizio sanitario come sancito dall’articolo 24 della Convenzione ONU di New York sui diritti del fanciullo (ratificata dall’Italia con la legge 176/91) e anche dall’articolo 2 della Costituzione della nostra Repubblica che riconoscere e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo a tutti gli individui presenti nel territorio indipendentemente dalla loro cittadinanza. Le indicazioni enunciate nel documento congiunto SIP-SIMM sono dunque in linea con le leggi vigenti che sono ottime leggi ma non sempre applicate.

Il fenomeno delle migrazioni non è un problema di oggi. Ma cosa è cambiato nella presa in carico della tutela dei diritti umanitari?

Dal nostro punto di vista di pediatri certamente è cambiata la posizione del bambino e della famiglia straniera. Se fino a ieri gli stranieri che vivevano nel nostro Paese in maniera regolare erano per la maggior parte adulti, oggi entrano in scena anche i minori, metà dei quali nati in Italia da genitori stranieri. A questi si aggiungono poi i minori irregolari, compresi i minori non accompagnati che avrebbero diritto per le leggi vigenti all’immediata protezione, all’avvio della richiesta di asilo, al permesso di soggiorno e quindi alla cittadinanza. La nuova sfida con cui dobbiamo confrontarci è la famiglia straniera stabile che si deve e si vuole integrare nella nostra società. E in questa nuova sfida il pediatra di famiglia occupa una posizione importante. I genitori stranieri che arrivano nei nostri ambulatori seguono le nostre indicazioni con attenzione e accuratezza. Questo riscontro nella pratica quotidiana ci conferma che il bisogno di salute sia un’opportunità innanzitutto di cura e benessere per i bambini stranieri, ma anche di comunicazione e integrazione per la famiglia. Considerata la diffusione capillare della medicina e pediatria di famiglia, che raggiungono indiscriminatamente tutta la popolazione che vi accede, andrebbe colta la possibilità di una integrazione sociale e culturale praticabile già nei nostri ambulatori, sistemi integranti e favorenti la convivenza civile fra adulti e bambini di ogni etnia. E proprio in questa ottica sarebbe auspicabile che la stessa tutela sanitaria venisse garantita anche ai bambini irregolari, i piccoli dei campi nomadi, i figli dei profughi che sono emarginati da condizioni di grande povertà e di precarietà sociale.

Sull’ultimo numero di Pediatria, magazine ufficiale della SIP, viene messo l’accento anche sulla emergenza dei bambini migranti che sbarcano a Lampedusa…

Un bambino che arriva da condizioni di precarietà, sia essa ambientale, politica o di guerra, ha il diritto ad essere tutelato. In questo caso parliamo del diritto a sopravvivere. Noi dobbiamo quindi essere pronti a garantire e offrire quella protezione umanitaria che la nostra Costituzione esige, che la Convenzione di Ginevra sostiene e che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite pratica. Questa protezione umanitaria è anche inserita nella legge Turco-Napolitano che garantisce al profugo un permesso di tre anni per cercare una regolarizzazione definitiva al suo soggiorno. Le Leggi ci sono e sono buone, dovremmo solo fare in modo che vengano innanzitutto conosciute e adeguatamente applicate, talvolta protette da pericolosi stravolgimenti.

Per concludere…
Noi speriamo con le nostre continue azioni di richiamo alle buone leggi esistenti e a quelle promulgate a livello europeo di riuscire a fare in modo che la nostra società non interrompa la sua evoluzione sociale, con una particolare attenzione alle nuove generazioni. Dopo ogni periodo buio la Storia ha fatto passi avanti nel cammino dei Diritti: nel 1951, conclusa la tragedia della seconda Guerra Mondiale, l’Europa ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra per i rifugiati, un pilastro ancora oggi per la protezione politica e umanitaria, successivamente estesa a persone provenienti da ogni condizione di pericolo. Ogni momento storico richiede l’impegno di chi lo popola di raccordare il filo rosso dei diritti umani che ha permesso l’evoluzione sociale e il miglioramento della condizione umana. Oggi non possiamo sottrarci a questo impegno connaturato con il nostro appartenere all’Umanità, alle sue prerogative, ai suoi rischi, ma anche alle sue speranze e al progetto inalienabile di un futuro migliore per le future generazioni: ad esso è legata la nostra sopravvivenza, per esso continuamente i popoli hanno scelto di migrare e hanno scambiato risorse e culture.

Articoli correlati

25 maggio 2011

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *