Come interpretare l’epidemia da morbillo in Piemonte?
Il caso piemontese ci conferma che purtroppo il morbillo è ancora presente nel nostro Paese con le tutte sue conseguenze – ricoveri, esiti permanenti e morti – che sarebbero evitabili con un coordinamento centrale delle politiche vaccinali. Come espresso da Stefania Salmaso, dirigente del Centro Nazionale di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, dovrebbe diventare prioritario garantire una copertura vaccinale adeguata almeno fino ai 16 anni. Ricordiamoci che basse coperture o a una sola dose possono determinare un pericoloso serbatoio di persone a rischio di contagio e di trasmissione del morbillo di Regione in Regione e di Paese in Paese, che oggi giorno viene facilitata dalla mobilità.
Si tratta di un’emergenza?
Non parlerei tanto di emergenza ma piuttosto di problema cronico, come lo è il caso dell’immondizia di Napoli. I focolai epidemici sono espressione di un sistema vaccinale ancora fragile che deve essere rafforzato per garantire un’adeguata copertura vaccinale tra i bambini e anche tra gli adulti. In Italia, la copertura vaccinale contro il morbillo a 24 mesi di età è stata dell’86 per cento nel 2005, dell’87 per cento nel 2006 e dell’88 per cento nel 2007. In 7 regioni si è registrato addirittura un lieve calo. E non conosciamo le coperture per la seconda dose, a 5 anni, che è indispensabile per proteggere dalla malattia il singolo e la comunità. Siamo quindi molto lontani dal traguardo prefissato dell’OMS del 95 per cento di copertura vaccinale di antimorbillosa (con una dose a 24 mesi e due dosi a 5 anni).
Un problema cronico che però non riguarda solo l’Italia…
In parte sì. I dati delle coperture vaccinali in Europa rilevano che molti Paesi sono lontani dal traguardo prefissato dall’Oms del 95 per cento. Molti Paesi della Regione Europa OMS hanno segnalato un elevato numero di casi e di epidemie: Svizzera e Regno Unito sono ai primi posti per incidenza della malattia, come la Romania e l’Irlanda. L’Italia risulta tra i Paesi con incidenza moderata insieme alla Germania, la Polonia, la Spagna, il Belgio e Malta. Il problema appare concentrato prevalentemente nell’Europa occidentale, in Paesi con coperture vaccinali inferiori alla media europea. Dobbiamo riconoscere che in Italia c’è stato un miglioramento della sorveglianza della malattia e della gestione delle epidemie, entrambe validamente sostenute dall’Istituto Superiore di Sanità, ma restano ancora irrisolte diverse criticità.
Quali?
Da un lato ci sono lacune organizzative: la scarsa attenzione al vaccinare gli operatori sanitari, fenomeni sociali (mobilità) e culturali (il rifiuto delle vaccinazioni e in particolare dell’antimorbillosa). Dall’altro un mancato coordinamento centrale che si traduce in forti disuguaglianze lungo lo stivale. Esiste un Piano nazionale vaccini che prevede azioni precise in tempi ben definiti, ma tutto questo non sempre viene rispettato. A questo aggiungerei una mancanza di azione per priorità nei programmi sanitari. È preoccupante che per mancanza di copertura finanziaria sia saltato il nuovo piano nazionale vaccini 2008-2010: evidentemente si è scelto di introdurre nuovi vaccini di costi elevati e di efficacia incerta, senza tener conto delle reali priorità.
Ma è un problema di costi?
Non direi: l’antimorbillosi è uno dei vaccini che costa meno. Il problema semmai è che è poco proficuo per l’industria del farmaco la cui attenzione è incentrata sui nuovi vaccini. Dovremmo forse chiederci se le epidemie di morbillo non siano anche uno specchio indiretto di come l’industria stia influenzando le priorità nelle politiche vaccinali.
Ad esempio, il vaccino del papilloma virus.
Sì, e non solo. Un altro esempio, è il pneumocco che costa di più del meningococco e, non a caso, il vaccino più promosso è stato proprio il pneumocco…
Un’altra criticità è la resistenza culturale: i genitori che riservano timori nei confronti della vaccinazione.
Le resistenze culturali rappresentano una sfida non facile. Per superarle andrebbero analizzati innanzitutto i motivi di eventuali timori nei confronti della vaccinazione; allo stesso tempo, andrebbe diffuso il messaggio che la vaccinazione è un intervento per proteggere l’intera comunità e non solo il singolo bambino.
Andrebbe potenziata la promozione?
La promozione attraverso campagne educazionali può essere uno strumento per sensibilizzare la popolazione. Per quanto riguarda l’antimorbillosi è stato fatto ben poco. Personalmente credo molto di più a un rapporto interpersonale medico-paziente o nei servizi vaccinali come strumento per superare le resistenze. È, quindi, fondamentale che il pediatra venga correttamente formato, ma, invece, sembra che del morbillo ci si sia dimenticati. Non c’è proporzione tra quanto, in primis ai congressi e poi anche attraverso il web e le comunicazioni formali e informali, si stiano formando, informando e sollecitando i medici sui nuovi vaccini e quanto viene fatto in merito all’antimorbillosi. Il morbillo è la cenerentola…
I prossimi passi per risolvere questo problema cronico?
Come dicevo i focolai di morbillo ci confermano che la macchina della vaccinazione è ancora fragile. Bisogna chiedersi perché in alcune Regioni le coperture sono in calo e sarebbe interessante sapere la situazione anche nei vari distretti. Vaccinare non è una cosa semplice: è un impegno enorme che richiede un rispetto delle regole e delle metodologie che dovrebbero essere indicate a livello centrale vincolando le regioni a rispettarle. Ma di fatto le regole vengono scavalcate e la serietà non è di casa. È grave che non vengano indicati a livello centrale quei criteri metodologici che se venissero rispettati da tutte le Regioni porterebbero a buoni risultati.
Quindi non ci resta che…
Dover capire che vaccinare è un impegno complesso, un intervento di popolazione e di comunità, e che deve essere garantito un buon coordinamento e una solida organizzazione. I vaccini sono strumenti potenti che agiscono sulla salute di tutta la popolazione: strategie sbagliate o incaute, carenze nel coordinamento e nel controllo dei risultati, possono non solo annullare l’effetto di interventi tanto impegnativi, ma addirittura diventare controproducenti. Abbiamo il metodo, le strutture e le evidenze. Dobbiamo applicarle agendo per priorità. Questa è l’emergenza…
4 giugno 2008
Per saperne di più…
- Luisella Grandori. E il morbillo come va? Quaderni ACP (in corso di pubblicazione).
- Il Ministero della Salute. Coperture vaccinali.
- “8 passi di prevenzione", documento elaborato dall’ACP che descrive le questioni irrisolte nella gestione e nell’attuazione della prevenzione con le vaccinazioni in Italia. [PDF]
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In primo piano
Morbillo? No grazie!
Come interpretare l’epidemia da morbillo in Piemonte?
Il caso piemontese ci conferma che purtroppo il morbillo è ancora presente nel nostro Paese con le tutte sue conseguenze – ricoveri, esiti permanenti e morti – che sarebbero evitabili con un coordinamento centrale delle politiche vaccinali. Come espresso da Stefania Salmaso, dirigente del Centro Nazionale di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, dovrebbe diventare prioritario garantire una copertura vaccinale adeguata almeno fino ai 16 anni. Ricordiamoci che basse coperture o a una sola dose possono determinare un pericoloso serbatoio di persone a rischio di contagio e di trasmissione del morbillo di Regione in Regione e di Paese in Paese, che oggi giorno viene facilitata dalla mobilità.
Si tratta di un’emergenza?
Non parlerei tanto di emergenza ma piuttosto di problema cronico, come lo è il caso dell’immondizia di Napoli. I focolai epidemici sono espressione di un sistema vaccinale ancora fragile che deve essere rafforzato per garantire un’adeguata copertura vaccinale tra i bambini e anche tra gli adulti. In Italia, la copertura vaccinale contro il morbillo a 24 mesi di età è stata dell’86 per cento nel 2005, dell’87 per cento nel 2006 e dell’88 per cento nel 2007. In 7 regioni si è registrato addirittura un lieve calo. E non conosciamo le coperture per la seconda dose, a 5 anni, che è indispensabile per proteggere dalla malattia il singolo e la comunità. Siamo quindi molto lontani dal traguardo prefissato dell’OMS del 95 per cento di copertura vaccinale di antimorbillosa (con una dose a 24 mesi e due dosi a 5 anni).
Un problema cronico che però non riguarda solo l’Italia…
In parte sì. I dati delle coperture vaccinali in Europa rilevano che molti Paesi sono lontani dal traguardo prefissato dall’Oms del 95 per cento. Molti Paesi della Regione Europa OMS hanno segnalato un elevato numero di casi e di epidemie: Svizzera e Regno Unito sono ai primi posti per incidenza della malattia, come la Romania e l’Irlanda. L’Italia risulta tra i Paesi con incidenza moderata insieme alla Germania, la Polonia, la Spagna, il Belgio e Malta. Il problema appare concentrato prevalentemente nell’Europa occidentale, in Paesi con coperture vaccinali inferiori alla media europea. Dobbiamo riconoscere che in Italia c’è stato un miglioramento della sorveglianza della malattia e della gestione delle epidemie, entrambe validamente sostenute dall’Istituto Superiore di Sanità, ma restano ancora irrisolte diverse criticità.
Quali?
Da un lato ci sono lacune organizzative: la scarsa attenzione al vaccinare gli operatori sanitari, fenomeni sociali (mobilità) e culturali (il rifiuto delle vaccinazioni e in particolare dell’antimorbillosa). Dall’altro un mancato coordinamento centrale che si traduce in forti disuguaglianze lungo lo stivale. Esiste un Piano nazionale vaccini che prevede azioni precise in tempi ben definiti, ma tutto questo non sempre viene rispettato. A questo aggiungerei una mancanza di azione per priorità nei programmi sanitari. È preoccupante che per mancanza di copertura finanziaria sia saltato il nuovo piano nazionale vaccini 2008-2010: evidentemente si è scelto di introdurre nuovi vaccini di costi elevati e di efficacia incerta, senza tener conto delle reali priorità.
Ma è un problema di costi?
Non direi: l’antimorbillosi è uno dei vaccini che costa meno. Il problema semmai è che è poco proficuo per l’industria del farmaco la cui attenzione è incentrata sui nuovi vaccini. Dovremmo forse chiederci se le epidemie di morbillo non siano anche uno specchio indiretto di come l’industria stia influenzando le priorità nelle politiche vaccinali.
Ad esempio, il vaccino del papilloma virus.
Sì, e non solo. Un altro esempio, è il pneumocco che costa di più del meningococco e, non a caso, il vaccino più promosso è stato proprio il pneumocco…
Un’altra criticità è la resistenza culturale: i genitori che riservano timori nei confronti della vaccinazione.
Le resistenze culturali rappresentano una sfida non facile. Per superarle andrebbero analizzati innanzitutto i motivi di eventuali timori nei confronti della vaccinazione; allo stesso tempo, andrebbe diffuso il messaggio che la vaccinazione è un intervento per proteggere l’intera comunità e non solo il singolo bambino.
Andrebbe potenziata la promozione?
La promozione attraverso campagne educazionali può essere uno strumento per sensibilizzare la popolazione. Per quanto riguarda l’antimorbillosi è stato fatto ben poco. Personalmente credo molto di più a un rapporto interpersonale medico-paziente o nei servizi vaccinali come strumento per superare le resistenze. È, quindi, fondamentale che il pediatra venga correttamente formato, ma, invece, sembra che del morbillo ci si sia dimenticati. Non c’è proporzione tra quanto, in primis ai congressi e poi anche attraverso il web e le comunicazioni formali e informali, si stiano formando, informando e sollecitando i medici sui nuovi vaccini e quanto viene fatto in merito all’antimorbillosi. Il morbillo è la cenerentola…
I prossimi passi per risolvere questo problema cronico?
Come dicevo i focolai di morbillo ci confermano che la macchina della vaccinazione è ancora fragile. Bisogna chiedersi perché in alcune Regioni le coperture sono in calo e sarebbe interessante sapere la situazione anche nei vari distretti. Vaccinare non è una cosa semplice: è un impegno enorme che richiede un rispetto delle regole e delle metodologie che dovrebbero essere indicate a livello centrale vincolando le regioni a rispettarle. Ma di fatto le regole vengono scavalcate e la serietà non è di casa. È grave che non vengano indicati a livello centrale quei criteri metodologici che se venissero rispettati da tutte le Regioni porterebbero a buoni risultati.
Quindi non ci resta che…
Dover capire che vaccinare è un impegno complesso, un intervento di popolazione e di comunità, e che deve essere garantito un buon coordinamento e una solida organizzazione. I vaccini sono strumenti potenti che agiscono sulla salute di tutta la popolazione: strategie sbagliate o incaute, carenze nel coordinamento e nel controllo dei risultati, possono non solo annullare l’effetto di interventi tanto impegnativi, ma addirittura diventare controproducenti. Abbiamo il metodo, le strutture e le evidenze. Dobbiamo applicarle agendo per priorità. Questa è l’emergenza…