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#nonseneparlapiù: latti adattati, industria e pediatri

Dottor Fedele, lei è riuscito nell’impresa di tirar fuori diverse cose di cui #nonseneparlapiù:
a) codice etico delle società pediatriche vs produttori di latti;
b) conflitto di interessi in pediatria;
c) studi indipendenti per chiarire la situazione italiana del consumo di latti.

In realtà ce ne sarebbe una quarta “statistiche ufficiali” e una quinta che le unifica tutte: “spazi editoriali”. Apparentemente nel nostro paese gli spazi editoriali sono variegati, ma il silenzio assordante su questi temi ha una sola spiegazione possibile. Senza Ricerca & Pratica e la sua anomalia il mio studio “non poteva” essere ospitato da nessuna rivista italiana. E debbo aggiungere che con un’attenta analisi costi/benefici l’editore di Ricerca & Pratica, che è editore di altre riviste e di libri prodotti e diffusi grazie all’apporto rilevante di alcune di queste società scientifiche, avrebbe dovuto fare valere il suo ruolo e invitare la direzione della rivista a… Non aggiungo altro. Neppure i ringraziamenti, per non mettere ulteriormente in difficoltà nessuno, più di quanto non abbia già fatto.

Codice etico: perché il codice di autoregolamentazione è stato pubblicato solo da una delle società pediatriche e tardivamente?

La prima risposta che mi viene in mente è “non è ammessa la risposta: chiedetelo a loro”. In realtà la domanda è molto utile e mi permette di chiarire meglio il mio pensiero. Le società scientifiche italiane sono molto variegate. Le ragioni di alcuni “scivoloni di percorso” sono molto diverse. Alcune firme su quel documento sono state, diciamo così, “estorte”, per scarsa professionalità e inadeguatezza al ruolo cui alcuni erano chiamati (questa è almeno l’unica spiegazione che riesco a darmi).
Chi le ha scritto “sul serio” aveva alle spalle veri e propri conflitti d’interesse. Posso aggiungere (giganteschi) almeno tra parentesi?
In alcune società scientifiche italiane ci si innamora del ruolo e ci si considera indispensabili, il dibattito diventa stantio, non ci si fanno più domande e gli scivoloni sono inevitabili. In altre si coltiva il ruolo per ragioni di potere e si sa esattamente quello che si scrive. Quando poi si fanno documenti comuni questo è il risultato: inevitabile che a diffonderli (seppure tardivamente) sia proprio la parte che ha redatto davvero tutto. Gli altri dimenticano persino di aver firmato.

Conflitto di interessi: il codice pubblicato (anzi: l’Impegno di autoregolamentazione) vieta ai produttori di latti di sostenere eventi formativi in cui si discute di alimentazione del bambino. A meno che non siano promossi dalle stesse associazioni che hanno promosso il codice etico (perchè nazionali e attive nel sensibilizzare correttamente gli iscritti). Conosce altri codici di associazioni che impegnano non loro stesse ma altre società?

Vivo in una terra di cui sono innamorato almeno per una ragione: facilita la comprensione dei fenomeni sociali. Da Leonardo Sciascia in poi dalle nostre parti è impossibile “non capire”. Il conflitto inesistente tra Sciascia e Paolo Borsellino era tra uno che aveva disegnato il quadro di riferimento e l’altro che l’aveva tracciato aggiungendo nomi alle singole caselle. Che ne direbbe di un Helg al di sopra di ogni sospetto perché paladino della legalità? Il quadro normativo di cui stiamo parlando “scrive” quello che da anni in certi settori della società civile, giudiziaria e politica si pratica quotidianamente. E guardi che questa tendenza non è affatto un fenomeno del passato. Proprio in questi giorni “s’indaga” su alcune categorie di pediatri risparmiandone altre che per definizione sono “immuni” dal contagio della corruzione. Quello che succede ancora oggi in Italia è incredibile e indicibile.

Studi indipendenti: perché ritiene siano necessari? Quali dati fornirebbero una utile fotografia della realtà?

Nello studio ho documentato che i dati ufficiali sono semplicemente grotteschi: siamo l’unico Paese del mondo che, nelle statistiche ufficiali, “documenta” che un numero rilevante di mamme che non allattano dalla nascita… improvvisamente si mette ad allattare al terzo mese e poi ancora che altre “smettono” e poi “riprendono più avanti nel tempo”. Neppure un dittatore del terzo mondo avrebbe ideato “per propaganda di parte” qualcosa di più assurdo. Non pensa che ce ne sia a sufficienza per reclamare la necessità di qualche studio indipendente da tanta “fantasia”?

Una lettera di un pediatra sul sito della Società Italiana di Pediatria (SIP) sottolinea piuttosto la resistenza delle madri (“Je se rovineno le sise”): un commento?

Per codice etico i medici non dovrebbero in pubblico esprimersi con volgarità di questo tipo. In Italia è più facile che venga “richiamato” io per questa intervista che un collega che si sia espresso in questo modo. L’ignoranza del quadro di riferimento di cui parliamo è l’unica spiegazione possibile per questo genere di affermazioni. Ignoranza e sessismo in questo caso.

Lo scambio di lettere e commenti (sempre sul sito SIP) denuncia le carenze di ospedali pubblici: un commento?

Le “carenze” sono a tutti livelli e nessuno ne è immune per definizione, neppure gli “Ospedali amici del bambino”. Non basta proclamarsi paladino di una causa per essere al di sopra di ogni sospetto. Se è questo il senso del dibattito a cui fa riferimento, non posso che essere d’accordo.

Infine: promozione del latte di crescita per bambini da 1 a 3 anni in sostituzione del latte vaccino. Se ne parla abbastanza, poco o per niente?

Se ne può parlare solo in inglese dopo lo studio di Adriano Cattaneo, pubblicato recentemente su Archive of Disease in Childhood. Con straordinaria eleganza Adriano dimostra l’utilizzo che fanno le marche che producono i latti di proseguimento. Il meccanismo e le occasioni si estendono grazie alla presenza di questo genere di latte. Ci si rende visibili nella pubblicità “autorizzata”: parlano di latte di crescita e in realtà stanno diffondendo “marchi” per imporre i loro prodotti “sostitutivi” del latte materno. Per quanto ne sappia, non c’è una sola parola che abbia un minimo di dignità scientifica a favore dell’utilizzo di latti di crescita nella pratica corrente e debbo confessarle che per colmare le mie lacune non intendo frequentare alcun corso ECM sull’argomento, anche se sponsorizzato da qualche società scientifica “al di sopra di ogni sospetto”.

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