Il Decreto Legislativo 541 stabilisce che
“… è vietata la distribuzione al pubblico di medicinali a scopo promozionale… è vietata la pubblicità al pubblico di medicinali compresi nel prontuario terapeutico del Servizio Sanitario Nazionale…“.
Quindi non si possono pubblicizzare in Italia i medicinali per cui è richiesta la prescrizione medica. Dove finisce l’informazione e dove inizia la pubblicità? Oppure dov’è che si confondono?
Nella rubrica “Par fuera” del Bollettino SIFO troverete un’ampia casistica da discutere, ma prima è necessario analizzare la questione; magari partendo dalle cose reali, quelle di tutti i giorni.
Tempo fa aspettavo il treno in stazione e un ragazzo, come accade in quasi tutte le città, mi ha dato un quotidiano free-press (quelli gratis tipo Leggo, Metro, City). In seconda pagina ho trovato questa notizia: “La molecola salvavita che sconfigge l’ictus. In Italia ogni anno 9000 vittime in meno. Ogni ora un ictus cerebrale in meno, ogni giorno 25, ogni anno 9000 in meno solo in Italia, nel mondo oltre un milione. Questo il risparmio in vite salvate, che porterà un farmaco, dabigatran etexilato il nome scientifico, i cui risultati sperimentali sono stati annunciati al Congresso Europeo di Cardiologia (ESC) in corso a Barcellona”.
Alcuni giorni dopo, stessi giornali, notizia in prima pagina: “Ivabradina, dall’intuizione di uno scienziato italiano a farmaco salvacuore. È l’arma che permetterà ai cardiologi di salvare centinaia di migliaia di vite ogni anno fra chi soffre di scompenso cardiaco”.
Mancava solo l’invito a portare l’articolo al proprio medico di famiglia, il quale, pare, non ne sappia nulla e sia poco informato. Allora ci pensa la stampa non specializzata, o il web, oppure il paziente stesso. La pubblicità è ovunque: TV e radio, siti internet e cartelloni stradali, pagine di giornali e di riviste.
Alcuni gruppi di consumatori chiedono che le autorità sanitarie aumentino i controlli sulla pubblicità dell’industria farmaceutica, per evitare che i pazienti siano danneggiati da informazioni fuorvianti. Molti medici pensano che queste pubblicità danneggino la relazione medico-paziente e inducano i pazienti a richiedere dei farmaci di cui non hanno bisogno e si sono mostrati preoccupati per gli effetti del battage pubblicitario sul comportamento dei pazienti, tanto da provocare la reazione energica di Mario Falconi, presidente della FIMMG, la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale: “I sensazionalisti danneggiano soprattutto i cittadini e inoltre rischiano di creare distorsioni nel rapporto tra medico e paziente, nel quale il primo deve essere il punto di riferimento per ogni scelta terapeutica.
Non è accettabile che notizie miracolistiche possano rischiare di minare la fiducia che è la base di tale rapporto. E non è utile far credere ai pazienti che un farmaco, per quanto efficace, sia la soluzione di tutti i loro mali”.
L’industria farmaceutica, dal canto suo, afferma che questi strumenti educano i pazienti sulle opzioni terapeutiche, consentendo loro di discuterne con il medico: in particolare, aumentano la probabilità che i pazienti contattino il proprio medico per discutere di condizioni spesso sotto-diagnosticate e sotto-trattate. “Ben difficilmente possono essere qualcosa di cattivo, se incoraggiano il dialogo medico-paziente”. A proposito, avete letto sui quotidiani la promozione del sito doloremisterioso.it?
Ma quando sono nate queste incursioni della stampa non specializzata? Ecco alcuni esempi, a memoria.
Nel dicembre 1996 in USA fu autorizzato l’uso del donepezil, sulla base di report che segnalavano “miglioramenti altamente significativi nella valutazione globale clinica e cognitiva” in trial randomizzati della durata di 30 settimane in cui il farmaco aveva aumentato la proporzione di “trattamenti efficaci” del 245% (1).
Il farmaco fu lanciato nel Regno Unito tre mesi dopo. La stampa non specializzata e i mass-media riportarono le dichiarazioni di molti medici i quali prefigurarono “grandi cambiamenti per i malati e per i loro familiari”, ma anche timori che il NHS non rifondesse il farmaco. Un professore vicino all’NHS dichiarò che il donepezil avrebbe ridotto i costi sanitari, perché avrebbe dimezzato l’incidenza del morbo di Alzheimer (2).
Questa è la prima lezione che dobbiamo imparare (3); la seconda è: chi lo spiega ai malati di Alzheimer che le cose non sono andate così come diceva la stampa?
Ma andiamo avanti con una notizia da BBC news (4) del 2003: “Il professor Kim Fox del Royal Brompton Hospital di Londra dichiara che l’utilizzo del perindopril per quattro anni nella malattia coronarica avrebbe evitato almeno 100.000 morti in un paese di 60 milioni di abitanti”.
- Tutti la vogliono, tutti la cercano: la rosuvastatina è stata annunciata in tv e sui quotidiani come la pillola magica contro il colesterolo (5). Secondo una ricerca presentata al congresso annuale dell’American College of Cardiology, tenutosi ad Atlanta, la rosuvastatina è in grado non solo di abbassare i livelli di colesterolo Ldl (quello “cattivo”), ma anche di diminuire lo spessore delle placche di aterosclerosi: la riduzione della placca nei vasi sanguigni, come afferma la multinazionale che produce il farmaco, è stata del 9,1% su 349 pazienti.
- Raffreddore addio, uno spray lo sconfiggerà (6). Per gli autori della scoperta si intravede la possibilità del premio Nobel. E per tutti i sofferenti del raffreddore si avvicina la fine del naso che cola e degli starnuti. L’eccezionale passo avanti è frutto di studiosi di un centro famoso in tutto il pianeta: il Laboratory of Molecular Biology dell’Università di Cambridge, ribattezzato “la fabbrica dei Nobel” per il numero di premi che ha vinto (quattordici).
È possibile che diventino 15, quando l’impatto di questa nuova scoperta comincerà a farsi sentire.
Allora una domanda: mi sembra che il vero scopo dei mezzi di comunicazione sia sempre meno quello di informare il cittadino e sempre di più quello di formare il perfetto consumatore. I confini tra pubblicità e informazione si fanno ogni giorno più indefiniti: non è che si sta aggirando la legge sull’informazione diretta ai pazienti? Per non parlare del web e delle notizie/pubblicità che con questo mezzo vengono diffuse.
15 febbraio 2011
Articolo pubblicato su
Bollettino SIFO, settembre-ottobre 2010.
Bibliografia
- Rogers SL, Doody R, Mohs R, Friederhoff L. E2020 produces both clinical global and cognitive test improvements in patients with mild to moderate Alzheimer’s disease. Neurology 1996; 46(suppl): A217.
- Eaton L. Has call for extra funding to meet £200m cost of Alzheimer’s drug. Health Serv J 1997; 107: 6.
- Melzer D. New drug treatment for Alzheimer’s disease: lessons for healthcare policy. BMJ 1998; 316: 762-4.
- Pressure drug cut deaths. Story from BBC NEWS, Published: 2003/08/31 08:59:32 GMT.
- Panorama.it, 23 settembre 2006.
- La Repubblica Scienze, 3 novembre 2010.
In primo piano
Qual è il limite, se c’è, tra informazione e pubblicità sui farmaci?
Il Decreto Legislativo 541 stabilisce che
“… è vietata la distribuzione al pubblico di medicinali a scopo promozionale… è vietata la pubblicità al pubblico di medicinali compresi nel prontuario terapeutico del Servizio Sanitario Nazionale…“.
Quindi non si possono pubblicizzare in Italia i medicinali per cui è richiesta la prescrizione medica. Dove finisce l’informazione e dove inizia la pubblicità? Oppure dov’è che si confondono?
Nella rubrica “Par fuera” del Bollettino SIFO troverete un’ampia casistica da discutere, ma prima è necessario analizzare la questione; magari partendo dalle cose reali, quelle di tutti i giorni.
Tempo fa aspettavo il treno in stazione e un ragazzo, come accade in quasi tutte le città, mi ha dato un quotidiano free-press (quelli gratis tipo Leggo, Metro, City). In seconda pagina ho trovato questa notizia: “La molecola salvavita che sconfigge l’ictus. In Italia ogni anno 9000 vittime in meno. Ogni ora un ictus cerebrale in meno, ogni giorno 25, ogni anno 9000 in meno solo in Italia, nel mondo oltre un milione. Questo il risparmio in vite salvate, che porterà un farmaco, dabigatran etexilato il nome scientifico, i cui risultati sperimentali sono stati annunciati al Congresso Europeo di Cardiologia (ESC) in corso a Barcellona”.
Alcuni giorni dopo, stessi giornali, notizia in prima pagina: “Ivabradina, dall’intuizione di uno scienziato italiano a farmaco salvacuore. È l’arma che permetterà ai cardiologi di salvare centinaia di migliaia di vite ogni anno fra chi soffre di scompenso cardiaco”.
Mancava solo l’invito a portare l’articolo al proprio medico di famiglia, il quale, pare, non ne sappia nulla e sia poco informato. Allora ci pensa la stampa non specializzata, o il web, oppure il paziente stesso. La pubblicità è ovunque: TV e radio, siti internet e cartelloni stradali, pagine di giornali e di riviste.
Alcuni gruppi di consumatori chiedono che le autorità sanitarie aumentino i controlli sulla pubblicità dell’industria farmaceutica, per evitare che i pazienti siano danneggiati da informazioni fuorvianti. Molti medici pensano che queste pubblicità danneggino la relazione medico-paziente e inducano i pazienti a richiedere dei farmaci di cui non hanno bisogno e si sono mostrati preoccupati per gli effetti del battage pubblicitario sul comportamento dei pazienti, tanto da provocare la reazione energica di Mario Falconi, presidente della FIMMG, la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale: “I sensazionalisti danneggiano soprattutto i cittadini e inoltre rischiano di creare distorsioni nel rapporto tra medico e paziente, nel quale il primo deve essere il punto di riferimento per ogni scelta terapeutica.
Non è accettabile che notizie miracolistiche possano rischiare di minare la fiducia che è la base di tale rapporto. E non è utile far credere ai pazienti che un farmaco, per quanto efficace, sia la soluzione di tutti i loro mali”.
L’industria farmaceutica, dal canto suo, afferma che questi strumenti educano i pazienti sulle opzioni terapeutiche, consentendo loro di discuterne con il medico: in particolare, aumentano la probabilità che i pazienti contattino il proprio medico per discutere di condizioni spesso sotto-diagnosticate e sotto-trattate. “Ben difficilmente possono essere qualcosa di cattivo, se incoraggiano il dialogo medico-paziente”. A proposito, avete letto sui quotidiani la promozione del sito doloremisterioso.it?
Ma quando sono nate queste incursioni della stampa non specializzata? Ecco alcuni esempi, a memoria.
Nel dicembre 1996 in USA fu autorizzato l’uso del donepezil, sulla base di report che segnalavano “miglioramenti altamente significativi nella valutazione globale clinica e cognitiva” in trial randomizzati della durata di 30 settimane in cui il farmaco aveva aumentato la proporzione di “trattamenti efficaci” del 245% (1).
Il farmaco fu lanciato nel Regno Unito tre mesi dopo. La stampa non specializzata e i mass-media riportarono le dichiarazioni di molti medici i quali prefigurarono “grandi cambiamenti per i malati e per i loro familiari”, ma anche timori che il NHS non rifondesse il farmaco. Un professore vicino all’NHS dichiarò che il donepezil avrebbe ridotto i costi sanitari, perché avrebbe dimezzato l’incidenza del morbo di Alzheimer (2).
Questa è la prima lezione che dobbiamo imparare (3); la seconda è: chi lo spiega ai malati di Alzheimer che le cose non sono andate così come diceva la stampa?
Ma andiamo avanti con una notizia da BBC news (4) del 2003: “Il professor Kim Fox del Royal Brompton Hospital di Londra dichiara che l’utilizzo del perindopril per quattro anni nella malattia coronarica avrebbe evitato almeno 100.000 morti in un paese di 60 milioni di abitanti”.
È possibile che diventino 15, quando l’impatto di questa nuova scoperta comincerà a farsi sentire.
Allora una domanda: mi sembra che il vero scopo dei mezzi di comunicazione sia sempre meno quello di informare il cittadino e sempre di più quello di formare il perfetto consumatore. I confini tra pubblicità e informazione si fanno ogni giorno più indefiniti: non è che si sta aggirando la legge sull’informazione diretta ai pazienti? Per non parlare del web e delle notizie/pubblicità che con questo mezzo vengono diffuse.
Bibliografia