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Restyling degli ospedali italiani: grandi opere?

Come giudica l’inchiesta dell’Espresso sul Policlinico Umberto I di Roma?

L’inchiesta ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica diversi episodi di sporcizia, scarsa igiene e manutenzione inadeguata. Al fine di fare chiarezza in un ambito dove tutti pensano di poter dire la loro, magari in modo superficiale e non documentato, è necessario un approccio corretto all’informazione per i cittadini sui gravi rischi legati alle infezioni ospedaliere. Soffermarsi, invece, con enfasi sui mozziconi di sigaretta per terra in un corridoio di un sotterraneo e dietro una porta, sposta pericolosamente l’attenzione dei veri, reali possibili interventi.

Ci spieghi meglio.

Pur stigmatizzando e condannando i fatti riportati dalla stampa e gli operatori sanitari che fumano in ospedale o che non seguono le più comuni pratiche igieniche, non è possibile generalizzare e confondere il rischio di contrarre infezioni a livello ospedaliero con la cattiva abitudine da parte di molti di adottare comportamenti discutibili, ma al di fuori della sala operatoria o del reparto di degenza. Questi comportamenti possono essere un sintomo di mancata aderenza alle più banali indicazioni definite dalla Dirigenza ospedaliera in ambito igienico e talora dettate ancor di più dal semplice buon senso e dalla buona educazione di ogni singolo cittadino; pertanto vanno puniti, ma non rappresentano indicatori diretti di infezione nosocomiale: non è utile per nessuno divulgare informazioni allarmistiche e inesatte.

Sull’Espresso si legge che ogni anno in Italia la mancanza di igiene in corsia provoca un’ecatombe: fino a 7 mila morti per infezioni ospedaliere. Esistono controlli routinari sicuri a garanzia dell’igiene nei luoghi di cura?

Le infezioni nosocomiali sono in gran parte legate alla mancata adozione di misure di igiene nelle procedure assistenziali da parte del personale sanitario ed alla scorretta gestione di procedure diagnostiche, chirurgiche e terapeutiche in conformità agli standard previsti. Per quanto riguarda il problema specifico della pulizia in ospedale, per poter collaudare e garantire un buon livello qualitativo dei servizi di pulizia erogati, l’Azienda sanitaria, attraverso i propri operatori, ha il compito di controllare il regolare svolgimento del servizio e la buona qualità del processo di sanificazione ambientale, verificando in modo costante ed oggettivo che il risultato dei servizi di pulizia sia conforme ai requisiti richiesti, integrando eventualmente anche con indagini sistematiche sulla soddisfazione degli utenti e dei clienti.

E qualora il servizio di pulizia venga esternalizzato?

Anche in questo caso è facoltà dell’Azienda effettuare, in qualsiasi momento e con le modalità che riterrà più opportune, controlli per verificare la corrispondenza del servizio fornito dall’Assuntore, a quanto previsto dal capitolato, dal progetto offerta e dal contratto. Attraverso un buon sistema di controllo è possibile monitorare la qualità dei servizi, nel rispetto degli obiettivi e dei livelli qualitativi richiesti. Il sistema di controllo, deve quindi garantire un monitoraggio completo, in grado di integrare al controllo visivo metodi di misurazione oggettivi.
Tutto questo è a regime in molti ospedali italiani. Non a caso si sono concluse le ispezioni straordinarie dei carabinieri dei Nas in 321 strutture sanitarie di tutte le Regioni italiane, su di un totale di 672 ospedali del Servizio Sanitario Nazionale, da cui emerge un quadro complessivo decisamente positivo.

Il caso del Policlinico non è un caso isolato, purtroppo. Pensa che per risanare una struttura a padiglioni come quella del Policlinico Umberto I sia necessario raderla al suolo come sostiene il senatore Ignazio Marino?

Non credo si debba necessariamente demolire una struttura ospedaliera per risolvere problemi di ordine igienico sanitari e di manutenzione. E’ basilare invece, intervenire con un’opera continua di controllo delle strutture ospedaliere, al fine di favorire la realizzazione di regolari interventi mirati di manutenzione e riammodernamento. Molti tecnici ed ingegneri operanti in sanità pubblica propongono nuovi modelli per i nuovi ospedali.

Per esempio?

Costruire i nuovi ospedali in un’area in cui vi sia molto spazio verde allo scopo di poter riedificare a distanza di 20-30 anni una nuova ala dell’ospedale nelle zone libere, demolendo la parte vecchia. È stato calcolato che questo meccanismo sia molto più conveniente che non la continua ristrutturazione degli stessi edifici. Questo è, però, sostanzialmente applicabile solo a strutture ospedaliere costruite ex novo, allocate a livello territoriale in ampi spazi dove sia possibile sfruttare più terreno. Ciò non vale per gli ospedali già presenti in grandi centri urbani, come ad esempio il Policlinico Umberto I di Roma; buona parte delle strutture ospedaliere italiane infatti sono state costruite più di 50 anni fa e necessitano di continue opere di manutenzione e le possibilità di ampliamento sono estremamente limitate. È quindi necessario fare scelte di politica sanitaria di base.

Quali sono le responsabilità delle imprese di pulizia nella gestione dell’igiene in strutture sanitarie? E quali quelle degli operatori sanitari e dei dirigenti sanitari? E dei politici?

Le Aziende sanitarie attraverso l’appalto si propongono di ottenere i seguenti obiettivi fondamentali:

  1. acquisire un servizio indispensabile alla funzionalità dell’attività sanitaria, nel rispetto sia delle condizioni igieniche che del patrimonio immobiliare;
  2. un’attività programmata in grado, non solo di mantenere il buono stato di conservazione degli immobili, ma di garantirne la funzionalità d’uso;
  3. una moderna strumentazione tecnica che possa consentire trasparenza e facile accesso alle informazioni relative alla programmazione ed esecuzione delle attività, al fine di interagire con l’Assuntore per il conseguimento degli standard qualitativi previsti;
  4. l’ottimizzazione dei costi del servizio;
  5. la possibilità di controllo e monitoraggio del servizio.

L’Azienda, in altre parole, ha la necessità di affidare ad una Azienda di servizi la progettazione e la successiva gestione di un servizio, nei suoi diversi aspetti di carattere operativo, tecnico, procedurale ed esecutivo, in grado di garantire al contempo i livelli igienici e qualitativi attesi e la migliore integrazione del servizio con le attività svolte in ambito ospedaliero, al fine di soddisfare le necessità del cliente interno e dell’utenza esterna.
Le norme, riferite al servizio compreso, siano esse nazionali o comunitarie, dovranno essere interamente rispettate nel loro intero contesto ed applicate nell’esecuzione dell’appalto.

E per quanto riguarda le responsabilità dell’impresa di pulizia e dei politici?

L’impresa di pulizia, è in ogni caso obbligata a conformarsi alla normativa emanata in corso d’opera. Le responsabilità sono definite dal capitolato e dalla normativa vigente.
Gli operatori sanitari ed i dirigenti sanitari hanno il compito di vigilare e controllare, segnalando eventuali non conformità dovute al mancato svolgimento da parte dell’impresa di pulizia degli obblighi previsti dal contratto.
I politici devono pensare ad un piano straordinario per le strutture ospedaliere, destinando risorse alla realizzazione di un restyling degli ospedali italiani come fossero grandi opere del Paese e vigilare in maniera più sistematica su tutto il territorio nazionale.

Il problema del fumo nei luoghi di cura continua a persistere e, forse, anche il divieto si tende a rispettarlo con meno diligenza che nei locali privati aperti al pubblico, in cui la responsabilità ed il controllo sono direttamente imputabili al gestore. Negli ospedali, chi vigila sui controllori? È sempre individuabile il responsabile del rispetto della L. 3/2003?

La nostra Azienda ha sempre governato il problema del fumo nei luoghi di cura; la Direzione medica ospedaliera ha emanato una circolare nel maggio 2006 sul rispetto del divieto di fumo a tutti i Direttori di U.O. ed ai Coordinatori infermieristici e tecnici predisponendo ed inviando la nuova cartellonistica a seguito di aggiornamenti normativi. In tale circolare si richiede di individuare all’interno di ogni U.O. un operatore a cui affidare il compito di “Delegato alla vigilanza sull’osservanza del divieto”, privilegiando chi avesse già seguito il corso aziendale per educatore alla salute svoltosi nell’anno 2002. I compiti del delegato sono:

  1. vigilare sull’osservanza del divieto;
  2. accertare e contestare l’infrazione;
  3. segnalare qualsiasi tipo di problema in materia alla Direzione medica che provvederà all’attivazione di azioni disciplinari adeguate.

La Direzione medica riceve segnalazioni da parte di tutti i dipendenti e non solo da parte dei controllori. In tal caso, viene valutata la reale operatività del controllore precedentemente identificato.

In base alla normativa esistente in tema di prevenzione delle infezioni ospedaliere, ogni ospedale dovrebbe prevedere l’esistenza di un comitato di controllo e di una figura sanitaria addetta alla sorveglianza. Non tutti gli ospedali italiani si sono dotati di tali strumenti di controllo. Crede sia un problema di mancanza di fondi, di risorse umane o cosa?

Il CIO, Comitato per il Controllo delle Infezioni Ospedaliere, deve essere presente per legge in ogni Azienda sanitaria o ospedaliera. Non conosco, però, la reale situazione su tutto il territorio nazionale, ma dovrebbe esistere in ogni realtà. Ciò che diversifica le singole Aziende è l’effetiva o meno operatività ed efficacia del Comitato di controllo. Spesso il gruppo di lavoro è stato solo istituzionalizzato, è presente solo sulla carta, ma non è di fatto attivo. Il problema non è legato alla mancanza di fondi o di risorse umane, ma è legato alla mancanza di responsabilizzazione da parte dei componenti del CIO, ai quali è richiesta attiva collaborazione in tal senso. Spesso viene avvertito come un ulteriore obbligo burocratico da svolgere e, soprattutto nei grossi nosocomi, i membri del CIO subiscono un continuo turn over per cui risulta difficile promuovere e sostenere progetti a lungo termine.

Il 'caso Ospedali'

  • Fabrizio Gatti. Policlinico degli orrori. L’Espresso 2007, n. 1.
  • Il Policlinico? Ricostruiamolo altrove, lì meglio un museo. Intervista di Roberto Monteforte a Ignazio Marino. L’Unità, 6 gennaio 2007.
  • Margherita De Bac. “Qui non è a posto nemmeno un sasso“. Con intervista a Ubaldo Montaguti. Il Corriere della sera (Cronaca di Roma),6 gennaio 2007.
  • Carlo Piccozza. “Se qui c’è rischio infezioni chiudo subito il Policlinico“. Con intervista a Ubaldo Montaguti. La Repubblica, 6 gennaio 2006.
  • Elena Dusi. “Ecco le priorità del mio piano terapie sicure. Ridurre le vittime“. Intervista al ministro Livia Turco. La Repubblica, 6 gennaio 2006.
  • Paolo Boccacci. “Umberto I, chi ha sbagliato paghi“. Intervista a Piero Marrazzo. La Repubblica, 7 gennaio 2006.
  • Elena Dusi. “Camici sporchi e mani trascurate così il pericolo s’annida in corsia“. Intervista a Paolo Cornaglia Ferraris. La Repubblica (Cronaca di Roma), 7 gennaio 2007.
  • Eleonora Martini. “Ma qui siamo ai livelli Usa“. Intervista a Vincenzo Vullo. Il Manifesto, 7 gennaio 2007.
  • Umberto Veronesi. “Meno strutture, medici a tempo pieno così si può superare l’emergenza“. La Repubblica, 8 gennaio 2006.
  • Giampaolo Pansa. In corsia si muore e i partiti rompono. L’Espresso 2007, n. 2.

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