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Se la mamma vuole le “alternative”…

Sul Corriere della Sera del 4 maggio si legge che “un pediatra su quattro prescrive medicine complementari. Otto su dieci preferiscono la fitoterapia”. I numeri – probabilmente sottostimati – sono frutto di un’indagine che ha coinvolto 1233 pediatri italiani. Come commentare questi numeri? Giorgio Dobrilla risponde elencando alcuni concetti cruciali.

Complementari e non alternative

La incompatibilità concettuale tra le due medicine, almeno per l’omeopatia è evidente. Hahnemann (che di omeopatia… se ne intendeva) nell’Organon der rationellen Heilkunde scrive: “I due metodi (omeopatia e medicina tradizionale) sono contrari l’uno all’altro e solo chi non li conosce può illudersi che si possano avvicinare o anche abbinare e persino può arrivare alla ridicolaggine di curare il malato a suo piacere ora allopaticamente ora omeopaticamente. Questo procedimento costituisce un tradimento delittuoso della divina omeopatia”. No comment.

Incapacità all’autocorrezione

Nessuna terapia alternativa, secolare o millenaria, prevede di correggere se stessa di fronte e nuove acquisizioni, correzione che magari in ritardo la medicina ufficiale sa fare. Esempio emblematico, tra i tanti possibili, è l’Helicobacter pylori. Per anni la cura tradizionale dell’ulcera è stata aleatoria, non documentata e persino risibile, poi si è migliorata progressivamente con la scoperta prima degli H2-antgonisti e poi degli inibitori della pompa protonica e infine si è perfezionata con l’eradicazione del batterio appena citato. Nessuno oggi userebbe più agenti del tutto inefficaci come il gefarnato o la Tribenzoica C (quest’ultimo paradossalmente persino iniettivo!). La scoperta dell’Helicobacter pylori ha invece lasciato inalterata ogni terapia alternativa. Really astonishing, direbbero gli inglesi!

Equivoci

Si confonde spesso, se non altro per scarsa informazione, tra preparati omeopatici che partono da una tintura originale vegetale e preparati erboristici. I primi, a partire dalla dodicesima diluizione centesimale (CH12) non contengono più alcun composto vegetale ma solo acqua. I prodotti più frequentemente venduti sono inoltre ulteriormente ed enormemente diluiti (CH30!). I secondi sono invece composti attivi utili o dannosi che dovrebbero sottostare agli stessi controlli di efficacia/sicurezza dei farmaci tradizionali, cosa che invece non avviene, con possibili effetti collaterali anche gravi sottostimati dai pazienti i quali credono erroneamente che “naturale” sia sinonimo di “sicuro”. Bufala eclatante che non merita commento. L’uomo stesso è un esempio di “naturale” e vediamo lo scempio che è riuscito a fare nel mondo nel corso dei secoli e anche oggi.

La prescrizione

La gran parte dei medici, anche quando prescrive integrando con le alternative le cure convenzionali, non crede all’efficacia specifica dell’azione complementare. I probabili transitori benefici sono dovuti ad un effetto placebo che non è trascurabile ma che deve essere responsabilmente sfruttato soltanto nell’interesse esclusivo del paziente. Mai i benefici del placebo devono rallentare un approfondimento diagnostico o impedire l’attuazione di una terapia già esistente evidence based. Molti dati dimostrano che quando i disturbi sono pesanti o le malattie accertate sono serie e/o multiple si registra un significativo abbandono delle medicine “eretiche” da parte sia dei curanti che dei pazienti per planare immediatamente nel più sicuro aeroporto della medicina convenzionale.

La palliazione

Non potendo proporsi come alternative si cerca sempre più di assegnare a queste medicine un ruolo palliativo, ad esempio nei pazienti con tumore ormai al di fuori di ogni possibilità di cura. Quest’uso a beneficio anche solo psicologico del paziente è assolutamente accettabile, anzi, ma non è assolutamente dimostrato che i risultati di questo impiego compassionevole delle alternative siano migliori di quelli delle strategie palliative praticate ad hoc in ogni buon ospedale o nei pochi Hospice degni di questo nome. Non sarebbe del resto sostenibile che soltanto i terapeuti che praticano una cura alternativa (molti anche non medici) siano “umani” con i pazienti e che e tutti i medici tradizionalisti siano invece “inumani”, indifferenti alla complessità del paziente a e attenti solo all’onorario.

Pediatri

I drammi dimostrati della mancata vaccinazione e l’ostilità e rifiuto dell’omeopatia a vaccinare i bambini mi sembra una risposta sufficiente senza esprimere un giudizio severo sulla facilità di prescrivere ciò che non occorre. È vero che molte cure farmacologiche ai bambini non sono necessarie, ma allora non si danno e basta, non si sostituiscono con cure esotiche, si spiega ai genitori che i bambini sono sani e non hanno bisogno di niente. Spendere un po’ di tempo per spiegare è una scelta etica che costa ma fa parte della good clinical practice.

9 maggio 2012

Specialista in Malattie digestive, forte di una lunga e concreta esperienza clinica, Giorgio Dobrilla si occupa da anni di metodologia e di problemi relativi alla sperimentazione clinica. Sul tema delle medicine alternative e delle evidenze nella pratica medica, ha pubblicato con Il Pensiero Scientifico diversi libri: Fitoterapia, Placebo e dintorni, Solo scienza e coscienza. In un’intervista rilasciata a Va’ Pensiero, Il linguaggio oscuro dell’evidenza, ha toccato diversi punti interessanti legati alla difficoltà che la pratica medica basata sulle prove di efficacia trova nel farsi accettare dal medico.

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