Spesso la valutazione delle strutture e dei clinici viene malinterpretata come un sistema di controllo punitivo o inquinato da interessi di potere. Come minimizzare questo rischio? Perché monitorare la performance è una garanzia non solo per i cittadini ma anche per i clinici?
La valutazione è uno strumento fondamentale per garantire sia i medici che i pazienti. E’ importante che i clinici per primi considerino il monitoraggio dell’efficienza come un’opportunità, e non come una punizione: se un ospedale funziona bene chi lo gestisce dovrebbe essere premiato con più fondi per ammodernare strutture e tecnologie. E a cascata lo stesso principio dovrebbe valere per le singole divisioni e per i professionisti. Il nostro Paese ha bisogno di un’authority indipendente, snella, con ampi poteri di intervento, che ad intervalli regolari verifichi l’efficienza delle strutture ospedaliere, esattamente come avviene in molti altri paesi. È fondamentale valutare la qualità dei servizi offerti, al fine di innescare meccanismi premianti per chi dimostra di lavorare meglio.
Quali sono le sue proposte per la prossima legislatura?
Parallelamente alla valutazione bisogna poi inserire il criterio del merito come unico parametro per le nomine delle figure apicali degli ospedali, escludendo la politica. La politica deve progettare la sanità, non gestirla, e lasciare le scelte tecniche ai tecnici. Servono regole trasparenti e non aggirabili: una formazione specifica e una competenza documentabile per ambire ad un posto di manager di un’azienda sanitaria, e il processo di selezione reso pubblico su Internet. Chi ha la responsabilità della scelta alla fine ne deve rispondere, nel bene e nel male, davanti a tutti.
Professione intramuraria: come secondo lei andrebbe svolta?
La legge 120 sulla libera professione intramuraria, approvata lo scorso agosto con voto bipartisan e da me fortemente voluta, stabilisce regole precise come l’equilibrio tra attività istituzionale e intramoenia. Mi spiego: tante più prestazioni si riescono a fare nella libera professione, tante più devono essere garantite nel pubblico. Servono inoltre strutture adeguate interne agli ospedali, servizi di prenotazione e di fatturazione a carico delle ASL, possibilità per l’azienda di acquistare dei "pacchetti" di ore lavorative dai professionisti in caso di necessità. La legge è un buon punto di partenza, quello che ora dobbiamo fare è impegnarci per farla applicare in ogni sua parte. Il futuro Ministro della Salute avrà tutti i poteri per rimuovere e commissariare un direttore generale se si dimostrerà inadempiente.
Un corretto funzionamento dell’intramoenia può avere inoltre dei riflessi positivi sulle liste d’attesa, che oggi creano inaccettabili ingiustizie: i cittadini con maggiori difficoltà economiche sono infatti costretti a ricorrere al pubblico con tempi di attesa lunghissimi, mentre i più abbienti si rivolgono al privato per accedere più rapidamente alle cure. Una riduzione delle liste consentirà a tutti di rivolgersi all’attività intramuraria dei medici solo per scelta, e non per necessità.
A fronte di una spesa sanitaria molto elevata, le inefficienze e gli sprechi sono numerosi. Scarseggiano invece risorse per campi fondamentali come ad esempio la ricerca. Come risolvere questo problema?
Quello degli sprechi è uno dei problemi principali della nostra sanità. Il filo conduttore di tutti i provvedimenti che il PD intende realizzare (valutazione, merito, riduzione delle liste d’attesa, ammodernamento di strutture e tecnologie) è proprio la riduzione degli sprechi. Ogni anno si calcola che a causa delle inefficienze della sanità italiana vadano sprecati circa 15 miliardi di euro: una cifra davvero enorme. Attraverso il recupero di risorse che oggi ci sono ma vengono gestite male esiste dunque la possibilità concreta di investire oculatamente per costruire un sistema sanitario moderno ed efficiente. Di più: il capitale recuperato deve a mio avviso essere reinvestito nella ricerca, lo strumento che ci può consentire di recuperare il terreno perso nei confronti degli altri paesi occidentali. D’altra parte, come disse il premio Nobel Arthur Kornberg, "se pensi che la ricerca costi, prova la malattia".
Una delle sue battaglie è stata la proposta di un disegno di legge sul testamento biologico e contro l’accanimento terapeutico. Quale il bilancio della XV legislatura? Quali i prossimi passi?
Ho speso molte energie per l’introduzione anche nel nostro paese di una legge che consenta ad ogni persona, qualora lo desideri, di indicare le cure e i trattamenti che ritiene inaccettabili per sé stesso nel caso in cui diventasse incapace di intendere e di volere. Ho portato avanti una battaglia di civiltà per dare piena attuazione all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. Per questo il primo giorno della prossima legislatura, se sarò rieletto al Senato, presenterò nuovamente un disegno di legge sul testamento biologico, che comprenda anche le cure palliative e una norma che semplifichi la prescrizione dei farmaci per il dolore. Da medico sono consapevole della sofferenza cui sono costretti alcuni pazienti, e voglio battermi in questa vera e propria "battaglia per la dignità" per aiutare chi soffre. Per dimostrare l’insufficienza delle attuali misure a sostegno dei malati terminali basta un solo dato: dei 136 hospice (strutture sanitarie in cui il paziente viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita con un sostegno medico e psicologico) attivi in Italia, 120 sono nel Centro-Nord e solo 16 nel Sud. Intervenire per rendere più omogenea la rete di queste strutture e facilitare l’accesso ai farmaci per il dolore è un dovere cui non ci si può sottrarre
2 aprile 2008
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Se pensi che la ricerca costi, prova la malattia
La valutazione è uno strumento fondamentale per garantire sia i medici che i pazienti. E’ importante che i clinici per primi considerino il monitoraggio dell’efficienza come un’opportunità, e non come una punizione: se un ospedale funziona bene chi lo gestisce dovrebbe essere premiato con più fondi per ammodernare strutture e tecnologie. E a cascata lo stesso principio dovrebbe valere per le singole divisioni e per i professionisti. Il nostro Paese ha bisogno di un’authority indipendente, snella, con ampi poteri di intervento, che ad intervalli regolari verifichi l’efficienza delle strutture ospedaliere, esattamente come avviene in molti altri paesi. È fondamentale valutare la qualità dei servizi offerti, al fine di innescare meccanismi premianti per chi dimostra di lavorare meglio.
Quali sono le sue proposte per la prossima legislatura?
Parallelamente alla valutazione bisogna poi inserire il criterio del merito come unico parametro per le nomine delle figure apicali degli ospedali, escludendo la politica. La politica deve progettare la sanità, non gestirla, e lasciare le scelte tecniche ai tecnici. Servono regole trasparenti e non aggirabili: una formazione specifica e una competenza documentabile per ambire ad un posto di manager di un’azienda sanitaria, e il processo di selezione reso pubblico su Internet. Chi ha la responsabilità della scelta alla fine ne deve rispondere, nel bene e nel male, davanti a tutti.
Professione intramuraria: come secondo lei andrebbe svolta?
La legge 120 sulla libera professione intramuraria, approvata lo scorso agosto con voto bipartisan e da me fortemente voluta, stabilisce regole precise come l’equilibrio tra attività istituzionale e intramoenia. Mi spiego: tante più prestazioni si riescono a fare nella libera professione, tante più devono essere garantite nel pubblico. Servono inoltre strutture adeguate interne agli ospedali, servizi di prenotazione e di fatturazione a carico delle ASL, possibilità per l’azienda di acquistare dei "pacchetti" di ore lavorative dai professionisti in caso di necessità. La legge è un buon punto di partenza, quello che ora dobbiamo fare è impegnarci per farla applicare in ogni sua parte. Il futuro Ministro della Salute avrà tutti i poteri per rimuovere e commissariare un direttore generale se si dimostrerà inadempiente.
Un corretto funzionamento dell’intramoenia può avere inoltre dei riflessi positivi sulle liste d’attesa, che oggi creano inaccettabili ingiustizie: i cittadini con maggiori difficoltà economiche sono infatti costretti a ricorrere al pubblico con tempi di attesa lunghissimi, mentre i più abbienti si rivolgono al privato per accedere più rapidamente alle cure. Una riduzione delle liste consentirà a tutti di rivolgersi all’attività intramuraria dei medici solo per scelta, e non per necessità.
A fronte di una spesa sanitaria molto elevata, le inefficienze e gli sprechi sono numerosi. Scarseggiano invece risorse per campi fondamentali come ad esempio la ricerca. Come risolvere questo problema?
Quello degli sprechi è uno dei problemi principali della nostra sanità. Il filo conduttore di tutti i provvedimenti che il PD intende realizzare (valutazione, merito, riduzione delle liste d’attesa, ammodernamento di strutture e tecnologie) è proprio la riduzione degli sprechi. Ogni anno si calcola che a causa delle inefficienze della sanità italiana vadano sprecati circa 15 miliardi di euro: una cifra davvero enorme. Attraverso il recupero di risorse che oggi ci sono ma vengono gestite male esiste dunque la possibilità concreta di investire oculatamente per costruire un sistema sanitario moderno ed efficiente. Di più: il capitale recuperato deve a mio avviso essere reinvestito nella ricerca, lo strumento che ci può consentire di recuperare il terreno perso nei confronti degli altri paesi occidentali. D’altra parte, come disse il premio Nobel Arthur Kornberg, "se pensi che la ricerca costi, prova la malattia".
Una delle sue battaglie è stata la proposta di un disegno di legge sul testamento biologico e contro l’accanimento terapeutico. Quale il bilancio della XV legislatura? Quali i prossimi passi?
Ho speso molte energie per l’introduzione anche nel nostro paese di una legge che consenta ad ogni persona, qualora lo desideri, di indicare le cure e i trattamenti che ritiene inaccettabili per sé stesso nel caso in cui diventasse incapace di intendere e di volere. Ho portato avanti una battaglia di civiltà per dare piena attuazione all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. Per questo il primo giorno della prossima legislatura, se sarò rieletto al Senato, presenterò nuovamente un disegno di legge sul testamento biologico, che comprenda anche le cure palliative e una norma che semplifichi la prescrizione dei farmaci per il dolore. Da medico sono consapevole della sofferenza cui sono costretti alcuni pazienti, e voglio battermi in questa vera e propria "battaglia per la dignità" per aiutare chi soffre. Per dimostrare l’insufficienza delle attuali misure a sostegno dei malati terminali basta un solo dato: dei 136 hospice (strutture sanitarie in cui il paziente viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita con un sostegno medico e psicologico) attivi in Italia, 120 sono nel Centro-Nord e solo 16 nel Sud. Intervenire per rendere più omogenea la rete di queste strutture e facilitare l’accesso ai farmaci per il dolore è un dovere cui non ci si può sottrarre
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