È vero che voleva fare la pediatra?
Ho sempre pensato di avere una natura così vicina a quella dell’infanzia, periodo che avvertivo deformabile sotto errate influenze adulte, che la mia ambizione era quella di aiutarla. Ma presi una via sbagliata, dato che, prendendo visione del programma del primo colloquio, quello sulle ossa”, un infinito elenco di nomi senza nesso, mi resi conto che, con la mia mancanza di memoria, a laurearmi ci avrei messo una vita. Cercai allora di virare verso la più corretta direzione di psicologia dell’età evolutiva, ma l’esame complementare non era contemplato a lettere moderne, così rinunciai a collegare la scienza alla mia attività puramente letteraria.
La sua passione per la letteratura nordica le ha permesso di far entrare in Italia una ventata di novità, liberando la letteratura sull’infanzia da schemi esclusivamente moralistici ed educativi. Ci spieghi meglio.
Ho fatto ristampare da poco alla Salani " Bibi", di Karin Michaelis, il libro danese che ha avuto un’immensa influenza sull’indipendenza della mia generazione durante la guerra. Ne potrà trovare un’ottima recensione su Diario, o forse le basterà la mia presentazione al libro stesso. A parte questo, ho sempre pensato che la differenza di impostazione tra la letteratura nordica e quella latina fosse che, mentre nel nord la società tendeva a prolungare il periodo dell’infanzia, vista la non necessità di ritrovarsi al più presto delle braccia lavorative (con pessime conseguenze: vedi Peter Pan), nel sud avveniva assolutamente il contrario (vedi Pinocchio).
Ha curato, però, per la San Paolo una serie di pubblicazioni sulle vite dei santi, apparse nella collana Jam: come concilia la tensione tra la rottura nordica degli schemi tradizionali e un così radicale recupero della nostra tradizione e della morale cattolica?
La morale nei libri di Jam c’entra poco: un giorno Italo Calvino stava parlando con il mio direttore alla Casa Editrice Vallecchi, Pampaloni, che gli chiedeva di continuare la raccolta delle fiabe popolari. Calvino diceva che le migliori fiabe rimanevano ancora quelle dei santi. E Pampaloni mi chiese di raccoglierle. Ma poco dopo la casa editrice chiuse, ed io le pubblicai come letteratura fantastica nelle Edizioni Paoline (furono incluse nella lista internazionale Andersen).
I temi e l’impegno sociale non mancano nei suoi libri. Che strumenti sceglie per parlarne con i bambini?
L’impegno sociale è connaturato in me, per scelta e per eredità familiare. Fa parte di me, e perciò anche di tutto il mio modo di includerlo nel mio fantastico, con tutte le realtà del mio pensare, peraltro assai trasparente e fruibile.
La passione per la letteratura per ragazzi ha in qualche modo ricevuto spunti dalla sua personale realtà familiare di moglie e madre?
Moltissimi dei miei scritti hanno preso spunto dalla realtà familiare, tant’è vero che da quando vivo sola non scrivo più. La prima pagina di "Tea Patata" è la trascrizione da un registratore che avevo proditoriamente nascosto nella camera dei bambini.
Lei è curatrice di libri per ragazzi. Cosa guida le sue scelte?
Temi di punta, trattati "puntualmente”.
Quale sarà la sua prossima creazione editoriale?
Non lo so ancora. Per il momento mi occupo del recupero di quelle opere che sono state di avanguardia nell’indicare la strada.
Quale libro mettere in valigia prima della partenza?
Io ci ho messo "È Oriente” di Paolo Rumiz: viaggiare con i figli e insegnare loro a viaggiare è fondamentale.
E quello che non dovrebbe mancare nella libreria?
Il primo amore: per me un libro della letteratura mitteleuropea.
13 settembre 2006
Donatella Ziliotto è nata a Trieste, ed è scrittrice, traduttrice e studiosa. Pioniera della letteratura ed editoria moderna per l’infanzia, sia come autrice (tra gli altri, Mister Master, Tea patata, Trollino e Perla e la raccolta di racconti Un chilo di piume, un chilo di piombo), sia come curatrice. Dirige (e ha diretto), infatti, molte collane di libri per ragazzi. Un’antesignana nel proporre in Italia l’innovativa e raffinata narrativa nordica per bambini. È editor della casa editrice Salani. |
In primo piano
Sognavo di fare la pediatra…
È vero che voleva fare la pediatra?
Ho sempre pensato di avere una natura così vicina a quella dell’infanzia, periodo che avvertivo deformabile sotto errate influenze adulte, che la mia ambizione era quella di aiutarla. Ma presi una via sbagliata, dato che, prendendo visione del programma del primo colloquio, quello sulle ossa”, un infinito elenco di nomi senza nesso, mi resi conto che, con la mia mancanza di memoria, a laurearmi ci avrei messo una vita. Cercai allora di virare verso la più corretta direzione di psicologia dell’età evolutiva, ma l’esame complementare non era contemplato a lettere moderne, così rinunciai a collegare la scienza alla mia attività puramente letteraria.
La sua passione per la letteratura nordica le ha permesso di far entrare in Italia una ventata di novità, liberando la letteratura sull’infanzia da schemi esclusivamente moralistici ed educativi. Ci spieghi meglio.
Ho fatto ristampare da poco alla Salani " Bibi", di Karin Michaelis, il libro danese che ha avuto un’immensa influenza sull’indipendenza della mia generazione durante la guerra. Ne potrà trovare un’ottima recensione su Diario, o forse le basterà la mia presentazione al libro stesso. A parte questo, ho sempre pensato che la differenza di impostazione tra la letteratura nordica e quella latina fosse che, mentre nel nord la società tendeva a prolungare il periodo dell’infanzia, vista la non necessità di ritrovarsi al più presto delle braccia lavorative (con pessime conseguenze: vedi Peter Pan), nel sud avveniva assolutamente il contrario (vedi Pinocchio).
Ha curato, però, per la San Paolo una serie di pubblicazioni sulle vite dei santi, apparse nella collana Jam: come concilia la tensione tra la rottura nordica degli schemi tradizionali e un così radicale recupero della nostra tradizione e della morale cattolica?
La morale nei libri di Jam c’entra poco: un giorno Italo Calvino stava parlando con il mio direttore alla Casa Editrice Vallecchi, Pampaloni, che gli chiedeva di continuare la raccolta delle fiabe popolari. Calvino diceva che le migliori fiabe rimanevano ancora quelle dei santi. E Pampaloni mi chiese di raccoglierle. Ma poco dopo la casa editrice chiuse, ed io le pubblicai come letteratura fantastica nelle Edizioni Paoline (furono incluse nella lista internazionale Andersen).
I temi e l’impegno sociale non mancano nei suoi libri. Che strumenti sceglie per parlarne con i bambini?
L’impegno sociale è connaturato in me, per scelta e per eredità familiare. Fa parte di me, e perciò anche di tutto il mio modo di includerlo nel mio fantastico, con tutte le realtà del mio pensare, peraltro assai trasparente e fruibile.
La passione per la letteratura per ragazzi ha in qualche modo ricevuto spunti dalla sua personale realtà familiare di moglie e madre?
Moltissimi dei miei scritti hanno preso spunto dalla realtà familiare, tant’è vero che da quando vivo sola non scrivo più. La prima pagina di "Tea Patata" è la trascrizione da un registratore che avevo proditoriamente nascosto nella camera dei bambini.
Lei è curatrice di libri per ragazzi. Cosa guida le sue scelte?
Temi di punta, trattati "puntualmente”.
Quale sarà la sua prossima creazione editoriale?
Non lo so ancora. Per il momento mi occupo del recupero di quelle opere che sono state di avanguardia nell’indicare la strada.
Quale libro mettere in valigia prima della partenza?
Io ci ho messo "È Oriente” di Paolo Rumiz: viaggiare con i figli e insegnare loro a viaggiare è fondamentale.
E quello che non dovrebbe mancare nella libreria?
Il primo amore: per me un libro della letteratura mitteleuropea.
13 settembre 2006