Il documento di presentazione del piano sanitario nazionale 2006-2008 afferma che “Il Servizio sanitario nazionale italiano è un sistema “universalistico”, rivolto cioè a tutta la popolazione di riferimento senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito, lavoro. Il PSN promuove, inoltre, l’equità del sistema, da intendersi non come capacità di dare tutto a tutti ma di assicurare ciò che è necessario, garantendo il superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali. È rilevante perseguire con maggiore incisività l’obiettivo dell’equità e dell’equilibrio nella disponibilità di risorse, in relazione ai bisogni di salute dei differenti contesti sociali”.
La politica di introduzione dei ticket risponde ai criteri solidaristici su cui si fonda il servizio sanitario pubblico? I ticket sanitari sono uno strumento iniquo, che colpisce le classi più deboli o un male necessario a sostenere la sanità pubblica? Per far fronte al problema delle risorse economiche, quali strategie alternative potrebbero essere implementate per non gravare sui malati?
Lo abbiamo chiesto ad Enrico Rossi, della Giunta regionale toscana, e a Vittorio Demicheli, del Governo regionale piemontese.
Enrico Rossi, assessore al diritto alla salute della Regione Toscana
I ticket sono un male necessario, una dolorosa necessità, ma se sono utili a mantenere il servizio sanitario e a migliorarne l’efficienza, è giusto accettarli. Lo sostenevo qualche mese fa, e ne sono convinto tuttora. Questa considerazione generale è giusta, e rimane valida. Va detto però che il ticket deciso a suo tempo dal governo si è rivelato iniquo e pesante. L’importo di 10 euro a ricetta colpisce tutti indiscriminatamente, abbienti e meno abbienti. E infatti, ora il governo ci sta ripensando, sta togliendo il ticket a 10 euro e lo sta riducendo a 3 euro e mezzo. Vedremo quali saranno gli esiti definitivi. Io ritengo che la strada giusta da percorrere sia quella di ritirare fuori il vecchio sanitometro, o comunque mettere in atto un meccanismo in grado di collegare l’importo del ticket ai livelli di reddito dei cittadini, in modo tale che ciascuno paghi in base alle sue effettive possibilità. Su questo si stanno impegnando il Ministero e le Regioni. Vedremo i risultati.
Vittorio Demicheli, direttore dell’Assessorato alla tutela della salute e sanità della Regione Piemonte
I ticket sono uno strumento iniquo perché colpiscono i cittadini nel momento del bisogno. Si sono rivelati inefficaci nell’opera di scoraggiamento dei consumi sanitari inappropriati e, inoltre, non hanno un effetto di moderazione della domanda perché non agiscono su coloro che prescrivono il consumo di farmaci, come i medici di medicina generale, ma sul fruitore dei servizi.
Per correggere le iniquità di questo strumento viene attivato un sistema di esenzioni – in continuo cambiamento – per reddito e patologia. Questo sistema ha un tale livello di complessità, anche burocratica, da indirizzare buona parte degli introiti derivanti dal ticket stesso al sostentamento dei costi di gestione del sistema stesso. Per queste ragioni lo strumento migliore è quello di controllare l’appropriatezza della spesa, sia farmaceutica sia diagnostica.
La politica di introduzione dei ticket tradisce il principio solidaristico sul quale dovrebbe fondarsi il Sistema Sanitario Nazionale. Questo non significa che non si debba cercare un equilibrio tra la spesa sanitaria in continua crescita e la ricchezza che, invece, cresce più lentamente, ma va determinato principalmente attraverso il governo della domanda.
La variabilità e la quantità dei consumi sanitari in atto nel nostro paese fanno pensare a fenomeni di inappropriatezza. La prima forma di risanamento e razionalizzazione, pertanto, è quella di agire proprio regolando i consumi. E’ necessario inoltre, immaginare l’estensione di strumenti finanziari ben direzionati, come ad esempio le cosiddette “tasse di scopo” o l’adesione volontaria a fondi di solidarietà, strategie già adottate in altri paesi europei.
9 maggio 2007
In primo piano
Ticket, il basic life support della sanità pubblica?
Il documento di presentazione del piano sanitario nazionale 2006-2008 afferma che “Il Servizio sanitario nazionale italiano è un sistema “universalistico”, rivolto cioè a tutta la popolazione di riferimento senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito, lavoro. Il PSN promuove, inoltre, l’equità del sistema, da intendersi non come capacità di dare tutto a tutti ma di assicurare ciò che è necessario, garantendo il superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali. È rilevante perseguire con maggiore incisività l’obiettivo dell’equità e dell’equilibrio nella disponibilità di risorse, in relazione ai bisogni di salute dei differenti contesti sociali”.
La politica di introduzione dei ticket risponde ai criteri solidaristici su cui si fonda il servizio sanitario pubblico? I ticket sanitari sono uno strumento iniquo, che colpisce le classi più deboli o un male necessario a sostenere la sanità pubblica? Per far fronte al problema delle risorse economiche, quali strategie alternative potrebbero essere implementate per non gravare sui malati?
Lo abbiamo chiesto ad Enrico Rossi, della Giunta regionale toscana, e a Vittorio Demicheli, del Governo regionale piemontese.
Enrico Rossi, assessore al diritto alla salute della Regione Toscana
I ticket sono un male necessario, una dolorosa necessità, ma se sono utili a mantenere il servizio sanitario e a migliorarne l’efficienza, è giusto accettarli. Lo sostenevo qualche mese fa, e ne sono convinto tuttora. Questa considerazione generale è giusta, e rimane valida. Va detto però che il ticket deciso a suo tempo dal governo si è rivelato iniquo e pesante. L’importo di 10 euro a ricetta colpisce tutti indiscriminatamente, abbienti e meno abbienti. E infatti, ora il governo ci sta ripensando, sta togliendo il ticket a 10 euro e lo sta riducendo a 3 euro e mezzo. Vedremo quali saranno gli esiti definitivi. Io ritengo che la strada giusta da percorrere sia quella di ritirare fuori il vecchio sanitometro, o comunque mettere in atto un meccanismo in grado di collegare l’importo del ticket ai livelli di reddito dei cittadini, in modo tale che ciascuno paghi in base alle sue effettive possibilità. Su questo si stanno impegnando il Ministero e le Regioni. Vedremo i risultati.
Vittorio Demicheli, direttore dell’Assessorato alla tutela della salute e sanità della Regione Piemonte
I ticket sono uno strumento iniquo perché colpiscono i cittadini nel momento del bisogno. Si sono rivelati inefficaci nell’opera di scoraggiamento dei consumi sanitari inappropriati e, inoltre, non hanno un effetto di moderazione della domanda perché non agiscono su coloro che prescrivono il consumo di farmaci, come i medici di medicina generale, ma sul fruitore dei servizi.
Per correggere le iniquità di questo strumento viene attivato un sistema di esenzioni – in continuo cambiamento – per reddito e patologia. Questo sistema ha un tale livello di complessità, anche burocratica, da indirizzare buona parte degli introiti derivanti dal ticket stesso al sostentamento dei costi di gestione del sistema stesso. Per queste ragioni lo strumento migliore è quello di controllare l’appropriatezza della spesa, sia farmaceutica sia diagnostica.
La politica di introduzione dei ticket tradisce il principio solidaristico sul quale dovrebbe fondarsi il Sistema Sanitario Nazionale. Questo non significa che non si debba cercare un equilibrio tra la spesa sanitaria in continua crescita e la ricchezza che, invece, cresce più lentamente, ma va determinato principalmente attraverso il governo della domanda.
La variabilità e la quantità dei consumi sanitari in atto nel nostro paese fanno pensare a fenomeni di inappropriatezza. La prima forma di risanamento e razionalizzazione, pertanto, è quella di agire proprio regolando i consumi. E’ necessario inoltre, immaginare l’estensione di strumenti finanziari ben direzionati, come ad esempio le cosiddette “tasse di scopo” o l’adesione volontaria a fondi di solidarietà, strategie già adottate in altri paesi europei.