Ricerca e Pratica racconta sei anni di storia del progetto "Osservare per Conoscere". Chi sono i protagonisti?
Principalmente l’universo dei medici di medicina generale (MMG) della Regione Veneto. Gli autori-scrittori della storia sono 300-350 MMG, cui si mescolano alcuni responsabili istituzionali e ricercatori di professione; una "rappresentanza significativa" dei circa 2800 MMG che hanno partecipato alla formulazione del protocollo e alla sua gestione attraverso la raccolta dei dati sulla popolazione di oltre 70.000 assistiti. Dall’inizio alla fine il progetto è stato espressione di una collaborazione tra istituzioni (regionali, e ancor di più "locali") e MMG. La collaborazione ha toccato tutti gli aspetti: dalla definizione del protocollo, al supporto economico, alla condivisione dei programmi di formazione-elaborazione, alla discussione complessiva della filosofia che via via prendeva il progetto.
Un lavoro collegiale nel senso più pieno della parola.
Indubbiamente. La medicina generale si afferma concretamente come realtà che produce conoscenza, partecipando a questo processo in tutte le sue fasi. Le implicazioni sono importanti: la frammentazione delle realtà assistenziali tipiche dei singoli MMG si trasforma in una risorsa di ricerca, permanente, che attende solo di essere attivata aggregandosi attorno a un problema – in questo caso lo stato di salute della popolazione anziana di una Regione – non appena il problema viene riconosciuto ed adottato: prima come domanda in attesa di risposta, e quindi come progetto operativo.
La medicina generale può essere considerata come il luogo-strumento ideale per una epidemiologia della realtà assistenziale?
Non è una constatazione da poco: la epidemiologia costituisce tradizionalmente una disciplina "separata", sostanzialmente specialistica, e in quanto tale "esterna" alla realtà clinico-assistenziale. La osservazione epidemiologica finisce in questo senso per essere un esercizio di oggettivazione nel senso più "a rischio" di questo termine. Cioè fornisce un’immagine che viene analizzata, interpretata, restituita come specchio rigido (più o meno fedele, od "oggettivo") della realtà: una informazione che per essere utile o utilizzabile a fini di valutazione, programmazione, formazione deve essere resa autonoma dalla realtà stessa.
Invece "Osservare per Conoscere" propone un’epidemiologia che osserva dall’interno?
Sì, in quanto storia vissuta, analizzata, raccontata collegialmente propone una epidemiologia che osserva dall’interno, in vista di un’appropriazione culturale e di una riflessione condivisa: la informazione-conoscenza epidemiologica non è più separata-autonoma ma appartiene alla percezione e alla pratica di chi osserva invece che essere osservato. In tal senso la medicina generale come luogo e strumento di epidemiologia assistenziale può rappresentare una innovazione profonda a livello istituzionale, metodologico, conoscitivo, e "Osservare per conoscere" può essere un modulo-modello riproducibile per non importa quale problema-popolazione. Sono dell’idea che un’epidemiologia della medicina generale può e dovrebbe divenire una componente essenziale ed obbligatoria della epidemiologia del Servizio Sanitario Nazionale, a livello regionale, e/o locale.
Questi sei anni di storia insegnano quindi un nuovo modo di fare ricerca?
L’esperienza che si è realizzata con i tanti gruppi di MMG e di rappresentanti istituzionali è una vera e propria (realistica: visto che ha funzionato!) rivoluzione nella logica della ricerca (non solo per la medicina generale), e si pone nella linea di sviluppo che mira a definire uno dei concetti-chiave della ricerca, sperimentale ed osservazionale. Si tratta della definizione operativa di due termini che di fatto costituiscono una sola realtà: sponsor e indipendenza della ricerca. Oltre a quanto sempre più discusso nella letteratura, questi due termini sono importanti per come sono inquadrati dai documenti e dai decreti ministeriali che lungo gli ultimi anni hanno caratterizzato l’evoluzione della normativa sulla ricerca in Italia. L’esperienza di "Osservare per Conoscere" insegna che si diventa sponsor autonomi (= proprietari a pieno titolo del know-how metodologico e conoscitivo) se si partecipa a tutte le fasi della ricerca, verificando punto per punto la corrispondenza delle ipotesi a dei dati materiali, con le loro elaborazioni (al plurale: attraverso passaggi e revisioni, interpretazioni e loro discussione, scelta e verifica dei criteri di lettura, implicazioni per la pratica).
3 maggio 2006
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In primo piano
Un labirinto di letture
Principalmente l’universo dei medici di medicina generale (MMG) della Regione Veneto. Gli autori-scrittori della storia sono 300-350 MMG, cui si mescolano alcuni responsabili istituzionali e ricercatori di professione; una "rappresentanza significativa" dei circa 2800 MMG che hanno partecipato alla formulazione del protocollo e alla sua gestione attraverso la raccolta dei dati sulla popolazione di oltre 70.000 assistiti. Dall’inizio alla fine il progetto è stato espressione di una collaborazione tra istituzioni (regionali, e ancor di più "locali") e MMG. La collaborazione ha toccato tutti gli aspetti: dalla definizione del protocollo, al supporto economico, alla condivisione dei programmi di formazione-elaborazione, alla discussione complessiva della filosofia che via via prendeva il progetto.
Un lavoro collegiale nel senso più pieno della parola.
Indubbiamente. La medicina generale si afferma concretamente come realtà che produce conoscenza, partecipando a questo processo in tutte le sue fasi. Le implicazioni sono importanti: la frammentazione delle realtà assistenziali tipiche dei singoli MMG si trasforma in una risorsa di ricerca, permanente, che attende solo di essere attivata aggregandosi attorno a un problema – in questo caso lo stato di salute della popolazione anziana di una Regione – non appena il problema viene riconosciuto ed adottato: prima come domanda in attesa di risposta, e quindi come progetto operativo.
La medicina generale può essere considerata come il luogo-strumento ideale per una epidemiologia della realtà assistenziale?
Non è una constatazione da poco: la epidemiologia costituisce tradizionalmente una disciplina "separata", sostanzialmente specialistica, e in quanto tale "esterna" alla realtà clinico-assistenziale. La osservazione epidemiologica finisce in questo senso per essere un esercizio di oggettivazione nel senso più "a rischio" di questo termine. Cioè fornisce un’immagine che viene analizzata, interpretata, restituita come specchio rigido (più o meno fedele, od "oggettivo") della realtà: una informazione che per essere utile o utilizzabile a fini di valutazione, programmazione, formazione deve essere resa autonoma dalla realtà stessa.
Invece "Osservare per Conoscere" propone un’epidemiologia che osserva dall’interno?
Sì, in quanto storia vissuta, analizzata, raccontata collegialmente propone una epidemiologia che osserva dall’interno, in vista di un’appropriazione culturale e di una riflessione condivisa: la informazione-conoscenza epidemiologica non è più separata-autonoma ma appartiene alla percezione e alla pratica di chi osserva invece che essere osservato. In tal senso la medicina generale come luogo e strumento di epidemiologia assistenziale può rappresentare una innovazione profonda a livello istituzionale, metodologico, conoscitivo, e "Osservare per conoscere" può essere un modulo-modello riproducibile per non importa quale problema-popolazione. Sono dell’idea che un’epidemiologia della medicina generale può e dovrebbe divenire una componente essenziale ed obbligatoria della epidemiologia del Servizio Sanitario Nazionale, a livello regionale, e/o locale.
Questi sei anni di storia insegnano quindi un nuovo modo di fare ricerca?
L’esperienza che si è realizzata con i tanti gruppi di MMG e di rappresentanti istituzionali è una vera e propria (realistica: visto che ha funzionato!) rivoluzione nella logica della ricerca (non solo per la medicina generale), e si pone nella linea di sviluppo che mira a definire uno dei concetti-chiave della ricerca, sperimentale ed osservazionale. Si tratta della definizione operativa di due termini che di fatto costituiscono una sola realtà: sponsor e indipendenza della ricerca. Oltre a quanto sempre più discusso nella letteratura, questi due termini sono importanti per come sono inquadrati dai documenti e dai decreti ministeriali che lungo gli ultimi anni hanno caratterizzato l’evoluzione della normativa sulla ricerca in Italia. L’esperienza di "Osservare per Conoscere" insegna che si diventa sponsor autonomi (= proprietari a pieno titolo del know-how metodologico e conoscitivo) se si partecipa a tutte le fasi della ricerca, verificando punto per punto la corrispondenza delle ipotesi a dei dati materiali, con le loro elaborazioni (al plurale: attraverso passaggi e revisioni, interpretazioni e loro discussione, scelta e verifica dei criteri di lettura, implicazioni per la pratica).