In primo piano

Acque drogate?

L’inquinamento da farmaci è un problema ambientale emergente. La letteratura scientifica indica che i farmaci possono essere considerati degli inquinanti ambientali ubiquitari, che contaminano l’ambiente attraverso una miriade di fonti di inquinamento diffuse. Una volta somministrati, molti farmaci non sono metabolizzati e possono essere escreti come tali con le urine o le feci. I pazienti, nel caso dei farmaci per uso umano o gli animali, per i farmaci veterinari, sono quindi considerati la principale fonte di inquinamento. Mediante il calcolo dei carichi ambientali teorici (vedi tabella), ottenuti moltiplicando i quantitativi venduti di ogni farmaco per la sua percentuale di metabolizzazione, è possibile identificare una serie di farmaci ‘prioritari’ per l’ambiente, che sono in genere sempre trovati nelle acque di scarico e di fiumi e laghi.

caffe_334_zuccato_clip_image002

Contaminazione ambientale da farmaci: da una parte lo smaltimento scarso o improprio, dall’altra l’industria; infine, e soprattutto, il paziente. Che peso hanno questi diversi fattori?

Per quanto riguarda la contaminazione ambientale da farmaci, in generale più del 70 % dipende dal paziente in sé; mentre il restante 30% deriva da uno smaltimento improprio oppure da fonti industriali, smaltimenti illeciti e così via. Si tratta, tuttavia, di numeri generici che non hanno una valutazione scientifica farmaco per farmaco, caso per caso. Solo sulla raccolta di farmaci scaduti, sui resi dei grossisti e delle farmacie, sappiamo che sono certamente avviati agli incenitori, dove vengono distrutti; dunque non dovrebbero contribuire all’inquinamento ambientale.

Quindi tutto è nelle ‘nostre mani’?

I farmaci che maggiormente minacciano l’ambiente restano nelle mani del cittadino il quale spesso piuttosto che utilizzare i cassonetti appositi getta i farmaci insieme all’immondizia o nel lavandino. In una recente indagine USA su un campione di 500 consumatori intervistati, è risultato che ben pochi sono coloro che smaltiscono i farmaci scaduti o inutilizzati in modo appropriato, restituendoli alle farmacie. La maggior parte preferisce invece sbarazzarsene gettandoli nella spazzatura o nelle fognature, contribuendo in questo modo all’inquinamento ambientale. Inoltre, non possiamo trascurare il fatto che il paziente assume farmaci che purtroppo sono eliminati come tali o come metaboliti ancora attivi; dunque tanto ne assume tanto ne viene eliminato: è un po’ come se li buttasse nell’ambiente.

In questo modo, tonnellate di sostanze attive, come antibiotici, antineoplastici, estrogeni ecc. si riversano ogni anno nelle acque, contribuendo ad un inquinamento diffuso. Una volta nell’ambiente, il farmaco, a seconda delle sue caratteristiche chimico-fisiche, viene degradato, oppure può persistere a lungo, accumulandosi. Farmaci come eritromicina, ciclofosfamide, naproxene, sulfametossazolo, sulfasalazina hanno una vita media nell’ambiente superiore ad 1 anno. Altri, come l’acido clofibrico, il principale metabolita del clofibrato, un farmaco utilizzato un tempo come ipolipemizzante, ha una persistenza ambientale media di circa 21 anni. Questo spiega come mai continui ad essere presente in fiumi e laghi di molti paesi in cui non è più usato.

Sembra un vicolo cieco: siamo senza speranza?

Ci sono delle cose da fare. Ad esempio depuratori più efficienti in modo da degradare i farmaci prima che finiscano nell’ambiente. Una parte importante dei farmaci per uso umano viene utilizzata dai cittadini di centri urbani dotati di impianti di depurazione delle acque reflue. Gran parte dei depuratori non è però in grado di incidere in maniera sostanziale sul carico di inquinanti. Molti farmaci sono rimossi solo in maniera incompleta, alcuni farmaci, i più persistenti, non lo sono per nulla. Le acque depurate sono quindi ancora ricche di farmaci e si riversano nelle acque superficiali di canali, fiumi e laghi portando con sé questo carico di inquinanti.

Un intervento sugli impianti di trattamento delle acque reflue?

Sì, una maggiore efficienza degli impianti di trattamento delle acque reflue sarebbe teoricamente in grado di risolvere il problema alla radice, o perlomeno di attenuarlo, rimuovendo gran parte di farmaci che deriva dai centri urbani dotati di depuratori. Un depuratore classico è un impianto dotato di due sistemi di depurazione, primario e secondario, che sono rispettivamente di tipo meccanico e biologico. La possibile risoluzione del problema è l’associazione di un sistema di depurazione terziario specificatamente diretto alla rimozione o alla degradazione di inquinanti recalcitranti come i farmaci.

Esistono iniziative in tal senso?

In alcuni impianti pilota si stanno provando, con ottimi risultati, processi innovativi di tipo chimico, come ad esempio l’ozonazione, o di tipo fisico, come le membrane microfiltranti. Alcune amministrazioni particolarmente lungimiranti stanno già provvedendo a dotarsi di questi sistemi innovativi di trattamento terziario delle acque reflue, ma i costi dell’impresa sono notevoli ed è chiaro che iniziative del genere potranno diffondersi in maniera significativa solo quando la politica ne riconoscerà l’importanza e ne supporterà i costi.

Ma anche pazienti più educati, consapevoli e informati non guasterebbero?

Alla base dell’inquinamento ambientale da farmaci è comunque possibile riconoscere anche un problema di educazione: molto potrebbe fare, accanto all’appropriatezza delle prescrizioni, una corretta educazione dei consumatori all’acquisto, all’uso e allo smaltimento appropriato dei farmaci, soprattutto di quelli scaduti, che andrebbero sempre consegnati in farmacia per essere smaltiti in maniera appropriata. Molto potrebbe fare anche la promozione dell’informazione, di medici e pazienti, per un uso appropriato e consapevole dei farmaci: la consapevolezza dei rischi ambientali può rappresentare un ulteriore motivo per evitare l’abuso di medicinali superflui o inutili.

Altre proposte per ridurre l’impatto ambientale dei farmaci arrivano dalla green pharmacy. Di cosa si tratta?

La consapevolezza dei rischi correlati all’immissione nell’ambiente di migliaia di differenti sostanze chimiche, tra cui i farmaci, ha stimolato la nascita di movimenti di ecologismo scientifico denominati green chemistry e green pharmacy. La green pharmacy è il tentativo condotto da alcuni ricercatori di coagulare un movimento per cercare di stimolare la nascita di una farmaceutica più ecocompatibile, una farmaceutica che assieme a tutte le altre caratteristiche di un farmaco tenga anche conto dei risvolti ambientali di ciò che produce.

Qualcuno sta già sperimentando in tal senso?

Ci sono iniziative embrionali ma molto interessanti che vengono dal Nord Europa, legate a farmaci verdi maggiormente biodegradabili. Lo Stockolm County Council and Apoteket e lo Swedish Chemicals Inspectorate hanno messo a punto un modello per la classificazione dei farmaci in base alle loro caratteristiche ecotossicologiche. Ne è derivato un libretto in cui tutti i principali farmaci utilizzati in Svezia sono stati classificati in base alla loro azione e, secondariamente, in base ai rischi ambientali correlati al loro utilizzo.

Che ruolo spetta al medico?

La pubblicazione è poi stata distribuita a tutti i medici prescrittori svedesi, con il suggerimento di tener conto, per farmaci di pari attività e costo, anche delle caratteristiche ambientali dei farmaci, e di prescrivere ai propri pazienti quello più ecocompatibile. L’obiettivo dichiarato, sicuramente raggiungibile in tempi lunghi, è dare la possibilità al medico di imparare a prescrivere, a parità di costi, di efficacia e di effetti collaterali, il farmaco maggiormente biodegradabile. Il significato di questa iniziativa pilota, oltre a quello di sensibilizzare i medici prescrittori sui rischi ambientali dei farmaci, è ovviamente anche quello di allertare l’industria farmaceutica, perché nella formulazione dei futuri prodotti inizi a mostrare interesse anche verso queste tematiche.

Per saperne di più…

Ettore Zuccato, Sara Castiglioni, Roberto Fanelli, Renzo Bagnati. Inquinamento da farmaci: le evidenze (parte I) (PDF: 132 kb). R&P 2007;23(2):67-73

Ettore Zuccato, Sara Castiglioni, Roberto Fanelli, Renzo Bagnati. L’inquinamento ambientale da farmaci: la regolamentazione e gli interventi (parte II) (PDF: 183 kb) R&P 2007;23(3):113-118

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *