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Con i pazienti, più valore meno spreco
Quando le scelte vengono dall’alto non è detto che soddisfino i reali bisogni di chi usa il sistema. Serve un confronto aperto e costruttivo. Per Sally Crowe del comitato etico di The BMJ, intervenuta nella sessione dedicata all’empowerment ed engagement dei pazienti e dei cittadini della 1° riunione annuale di Foward, “raramente le opinioni e le priorità dei diversi attori coinvolti sono messe a confronto, quando invece le diversità di opinione sono importanti e dovrebbero sostenere il nostro dibattito e il nostro processo decisionale”.
Il coinvolgimento e la partecipazione attiva del paziente tanto nei percorsi assistenziali quanto nella ricerca ha un duplice importanza: da un lato aumenta il valore e dall’altra riduce gli sprechi. “Le risorse da investire nell’assistenza sanitaria sono limitate – riflette Sally Crowe che da molti anni lavora nel Regno Unito come facilitatrice del coinvolgimento del paziente e dei cittadini nella ricerca – quindi dobbiamo capire cosa è veramente importante per un’assistenza sanitaria che conti per il paziente. E questo possiamo saperlo solamente chiedendolo a loro”. Altrimenti le decisioni rimarranno nella mani di persone che occupano posizioni di potere, di prestigio, persone molto qualificate “che però non necessariamente comprendono i bisogni delle persone che usano il sistema”.
Ma il coinvolgimento dei pazienti non può prescindere dalla disponibilità ad accogliere nuove idee e suggerimenti e dall’apertura al cambiamento. Il coinvolgimento dei pazienti può essere dirompente in sanità: perché cambiare se il sistema già funziona già? È questa una delle obiezioni che ancora oggi ostacola l’engagement. Spesso di agisce in isolamento. Tuttavia non mancano esperienze di successo nel coinvolgimento dei paziente e cittadini da prendere come esempio. Uno di questi è la Lind alliance research priority setting partnership, un’organizzazione nata nel 2004 dove pazienti e clinici che collaborano a progetti di ricerca e concordano priorità condivise a partire da aree di incertezza considerate rilevanti dai pazienti.
La “vera” partecipazione del cittadino alla ricerca richiede una sperimentazione di linguaggi, una contaminazione di approcci metodologici, una cultura dell’ascolto, un diverso sguardo su comunità, storie individuali, un sapere non tecnico. Si tratta di sviluppare strategie e strumenti per una cultura della partecipazione, intesa come sentirsi parte alla pari di un processo di condivisione del potere di decisione, tra persone che cercano e creano insieme condizioni migliori per fruire insieme del diritto ad una vita degna. Una cultura che non significa linee guida o tecniche da insegnare ma esercizio concreto di ascolto e condivisione, attenzione verso le persone con le quali si vuole condividere l’esperienza della partecipazione . Fondamentale è un diverso approccio culturale, che si potrebbe definire “vettoriale”, anziché puntuale come spesso accade: un cambiamento di attenzione, di prospettive, obiettivi di salute, variabili di riferimento: diseguaglianze, bisogni, presa in carico, accessibilità a informazione e cure/servizi, progettualità di salute. Complessivamente, una ridefinizione delle priorità di ricerca e di valutazione della appropriatezza, qualità ed equità delle cure, un dare spazio alle voci di cittadinanza per fornire risposte basate su un approccio globale, incentrato sulla identificazione e condivisione di valori, senso, interessi, obiettivi, una cultura nella quale il potere delle decisioni dovrebbe essere condiviso con chi ne vive in prima persona l’effetto .