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Do something. Do more. Do better

Perché curare le persone e riportarle alle condizioni che le hanno fatte ammalare? Elementare! Per Sir Michael Marmot non è sufficiente curare, serve fare qualcosa per intervenire su quelle condizioni sociali che influenzano la salute delle persone e le disuguaglianze di salute fin dall’infanzia. Nato in Inghilterra e cresciuto in Australia, Sir Marmot ha presieduto la Commission on Social Determinants of Health, istituita dalla World Medical Organization, e inoltre la European review of social determinants and the health divide. Le sue raccomandazioni per superare le disuguaglianze sociali e di salute sono state adottate dalla World Health Assembly e da numerosi paesi.

Come ha sottolineato al seminario all’Istituto superiore di sanità – richiamando le pagine del suo libro La salute disuguale – abbiamo buone evidenze che per migliorare la salute e l’equità nella salute dobbiamo rivolgere la nostra attenzione non solo alla povertà, ma anche alle condizioni sociali.

La situazione dell’Italia è piuttosto buona. Rispetto ad altri paesi europei vanta una buona aspettativa di vita e disuguaglianze relativamente contenute. Tuttavia, non per questo può permettersi di non preoccuparsi e sedersi sugli allori. Per Sir Marmot ogni situazione è sempre e comunque migliorabile: si può sempre fare di più e meglio.

Di seguito la traduzione dell’intervista video.

Cosa la ha spinta a interessarsi ai determinanti sociali della salute e alle disuguaglianze?

Tre fattori hanno contribuito. Il primo fattore riguarda il periodo in cui lavoravo come medico clinico: mi era chiaro che i pazienti che vedevamo in ospedale venivano da un contesto sociale che influiva sulla loro salute e, come ho detto in apertura del libro “La salute disuguale”, mi sono chiesto: “Perché curare le persone e riportale alle condizioni che le hanno fatte ammalare?”. Questa domanda ha a che fare con il secondo fattore. L’idea complessiva di trattare le persone, ad esempio, con insufficienza cardiaca o respiratoria è molto importante ma non è sufficiente: i pazienti tornano, noi li trattiamo, li mandiamo via e loro ritornano. Continuo a pensare che dovremmo fare qualcosa per prevenire questa situazione. Il terzo fattore ha a che fare con il mio interesse per la ricerca, ossia ciò che desideravo fare nella vita, e ho scelto il mio campo: analizzare le condizioni sociali che influenzano la salute delle persone e che potrebbero potenzialmente contribuire a mantenerle sane, a prevenire le malattie.

Cosa è il gradiente sociale e quali sono le sue implicazioni per la salute?

La gente pensa che le disuguaglianze di salute rientrino nel problema molto ovvio che “le persone povere hanno una cattiva condizione di salute”. È facile pensare che sia così: la povertà e le miserevoli condizioni materiali, il cibo poco e scadente, e cose simili. Ciò che ho mostrato nel mio studio sugli impiegati del servizio pubblico (Studi Whitehall 1978-1984) è che tra persone non povere (perché coloro che lavorano per il governo non sono poveri, certo possono non essere ricchi, persino coloro che lavorano a livello dirigenziale non sono infatti tra i più ricchi, non sono banchieri o manager di fondi speculativi), tra queste persone c’era una gerarchia molto chiara e più in alto ti trovavi nella gerarchia, migliore era la tua salute e maggiori le aspettative di vita. Quindi la questione non riguardava i poveri o i ricchi, ma la posizione in cui ti trovavi nella gerarchia. Si tratta di un risultato veramente solido. Lo riscontriamo non solo tra gli impiegati statali britannici, ma nel paese nel suo insieme, è diffuso in tutta Europa, lo rileviamo in America Latina, in Asia, dappertutto. È un dato davvero solido. Quindi le disuguaglianze di salute non possono essere confinate al concetto “i poveri hanno una condizione di salute miserevole e tutti gli altri hanno un livello ragionevole di salute”. L’esistenza di un gradiente sociale implica che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione non solo alla povertà ma alle disuguaglianze. Le ripercussioni sono veramente molto vaste sia per la ricerca sia per la politica, ciò significa infatti che non dobbiamo ridurre solo la povertà ma migliorare le cose per tutta la società riducendo le disuguaglianze.

Cosa pensa della situazione dell’Italia?

La situazione dell’Italia è piuttosto buona, come del resto, quella dei paesi dell’Europa occidentale nel suo insieme. Se prendiamo una semplice misura, l’aspettativa di vita, nel confronto con gli altri paesi i dati relativi all’Italia si trovano nelle posizioni più elevate e con disuguaglianze relativamente contenute. Pertanto si può dire che si tratta di una situazione buona sia in termini relativi sia per quanto riguarda l’ampiezza della disuguaglianza. Tuttavia, questo dato confortante non deve permettere di accantonare ogni preoccupazione. Ho chiuso il mio libro “La salute disuguale” dicendo: “Fate qualcosa. Fate di più. Fatelo meglio”. Perciò, se non state facendo nulla, agite in modo da fare la differenza; se state facendo qualcosa, fate di più; e se invece la vostra situazione è buona, come in Italia o nei paesi nordici, fate ancora meglio. Nei paesi nordici, ad esempio, sono tutti molto entusiasti riguardo al mio messaggio. Dappertutto in Svezia stanno recependo la Marmot review per vedere se riescono a ridurre ulteriormente le disuguaglianze e ottenere risultati persino migliori. Perciò questo è quanto direi all’Italia: “Fate qualcosa. Fate di più. Fatelo meglio”.

Commento

  1. Antonino 22 Dicembre 2017 at 18:50 Rispondi

    Mi permetto di suggerire una diversa articolazione strategica: non potrebbe essere utile fare di meno per fare di più facendolo meglio?

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