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ECM sotto l’albero
A che punto siamo col programma di ECM?
La legge istitutiva dell’ECM prevedeva cinque anni di sperimentazione, alla conclusione dei quali si è passati alla fase di valutazione per il riordino del sistema di aggiornamento e formazione, alla luce di quanto è stato osservato e sperimentato. Questa fase è stata condotta da un gruppo paritetico Stato-Regioni che ho personalmente coordinato.
Qual è stato il responso?
La strategia ECM è stata riconfermata come strumento importante ai fini delle politiche sanitarie. Ma allo stesso tempo è stato fatto un lavoro di ristrutturazione radicale del sistema, anche per una moralizzazione, tenendo in considerazione i punti nevralgici, le distorsioni e l’insieme dei “comportamenti” riscontrati nella fase di valutazione.
Quali sono le grandi novità?
Innanzitutto, cambia la concezione stessa della formazione continua in medicina che è sempre stata vissuta come un vincolo e un obbligo da ottemperare per raccogliere un certo numero di crediti. La nuova ECM viene inserita all’interno di una strategia della valorizzazione della professione e viene offerta come risorsa al singolo operatore sia pubblico sia privato. È previsto un “dossier formativo del professionista”, una sorta di portfolio che è stato appositamente pensato per dare la possibilità all’operatore di ricorrere all’ECM per soddisfare le sue personali esigenze di evoluzione professionale e completamento scientifico in un quadro di iniziative aziendali. Inoltre, viene offerto un ventaglio di modalità di aggiornamento, tra cui la formazione a distanza (FAD), per personalizzare il proprio percorso educativo. Un altro elemento di novità è l’idea della formazione come strumento di supporto alle politiche di programmazione regionali, aziendali e di servizio.
Cioè?
L’ECM deve essere vincolata alle strategie sanitarie in essere, perché non può prescindere dalla programmazione sanitaria – a livello sia nazionale sia regionale – e dai programmi delle singole Aziende sanitarie. In questo modo si cerca di evitare che l’ECM sia una variabile indipendente dal sistema sanitario.
Dal 2008 il coordinamento verrà quindi affidato all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali?
È previsto che l’intero apparato nazionale ECM venga trasferito dal Ministero all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Trattandosi di un organo tecnico-scientifico-organizzativo, l’Agenzia nazionale rappresenta il luogo più adatto per gestire il complesso problema dell’ ECM. Quindi, tutte le competenze che nei cinque anni di sperimentazione erano proprie del Ministero della Salute, nel nuovo sistema rientreranno nella sfera d’azione dell’Agenzia nazionale.
Cambia la procedura di accreditamento?
Sì, con il nuovo sistema non verrà più accreditato l’evento bensì il provider, che è tenuto a dare garanzie etiche e scientifiche che vengono richieste. Secondo questa procedura, l’evento non dovrebbe essere più suscettibile alla manipolazione. Nel caso in cui vi siano dei programmi di FAD è previsto un doppio accreditamento (a livello sia nazionale sia regionale).
Le aspettative del Ministero sono coerenti con quelle delle Regioni?
Nel lavoro di valutazione dei cinque anni di sperimentazione abbiamo riscontrato una situazione molto difforme nel paese. Purtroppo anche per l’ECM valgono gli squilibri storici tra Nord e Sud: alcune Regioni faticano a decollare mentre altre Regioni sono avanti nel programma. Questo squilibrio è stato causato, in particolare, dall’assenza di politiche di orientamento nazionale. Negli anni passati, l’ECM è stata sottovalutata e svalutata proprio da chi a livello nazionale avrebbe dovuto occuparsene. Di conseguenza le Regioni hanno interpretato il loro bisogno formativo in modo autonomo (e fortunatamente, aggiungo, perché altrimenti avremmo fatto ben poco!). Al fine di superare il problema delle disuguaglianze e garantire un sistema omogeneo e discreto, abbiamo pensato a un nuovo modello di governance del sistema di ECM, nel quale partecipano sia le rappresentanze sia gli ordini; un modello di governance embricato con le professioni e, quindi, volto ad essere orientato dalle esperienze e dalle conoscenze, con le Regioni naturalmente.
Un modello di governance nazionale o regionale?
Il nuovo sistema di ECM ha un governo a un tempo nazionale, regionale e professionale: è in tal senso che possiamo ancora parlare di un sistema nazionale. Resta comunque prioritario che le Regioni interpretino i propri bisogni formativi. In questo caso, le differenze regionali non rappresentano un problema bensì una virtù, perché è sulla base della differenza che possiamo aumentare il grado appropriatezza del sistema. Naturalmente il tutto deve rientrare in una strategia nazionale – garantita dall’Agenzia nazionale regionale – dove il top level del sistema è rappresentato dal Ministro della Salute. Si prevede quindi un sistema di governance, in linea con la filosofia della Ministra Livia Turco di “governare con le Regioni”.
Che rischi di difformità nei progetti educazionali si corrono con una ECM fortemente orientata dalle realtà regionali?
Sui grandi obiettivi ci sarà una sovrapposizione perché molti bisogni sono comuni tra le diverse realtà regionali. Tuttavia, ogni Regione ha un proprio piano sanitario regionale nel quale l’ECM deve fare la sua parte.
Davvero non è possibile passare ad una ECM non finanziata da contributi dell’industria?
Il conflitto di interessi è un problema costante che deve essere tenuto sempre sott’occhio. Abbiamo tentato di affrontare questo problema partendo dalla constatazione che l’attuale normativa sul conflitto di interesse non ha funzionato più di tanto, purtroppo. Quindi abbiamo provato a mettere dei vincoli e dei paletti che dovrebbero servire a prevenirlo.
Ci può fare degli esempi?
Ad esempio, con il riordino del sistema di ECM solo una parte delle Società scientifiche sarà riconosciuta come provider. Questo è punto fondamentale considerato che ogni giorno nascono Società scientifiche, anche create ad hoc per veicolare interessi industriali; con il nuovo sistema di accreditamento questa parte dell’arcipelago di Società scientifiche sarà tagliata fuori dal sistema di ECM. Se mi chiede se questo servirà ad azzerare il conflitto di interessi, posso risponderle che sicuramente lo metterà in discussione e lo diminuirà come fenomeno. Ma sull’azzeramento ho delle perplessità…
Ma è impensabile una ECM finanziata solo dallo Stato e, perché no, anche dai medici stessi?
Starei attento a non ragionare in modo manicheo. Il problema non è da dove vengono i finanziamenti, ma come arrivano e come viene garantita la trasparenza. E – soprattutto – il problema è su come i finanziamenti vengono investiti.
I soldi possono pure provenire dall’industria, ma devono essere eticamente garantiti. Questo è il punto cruciale: per creare il problema del conflitto di interesse non basta che il finanziatore sia un’azienda farmaceutica, ci vogliono intenzionalità speculative; vi sono aziende altamente etiche che danno un grande contributo alla crescita culturale e scientifica della Sanità.
Oltre la garanzia etica del finanziamento, un altro tema di discussione riguarda la modalità della formazione che è strettamente collegato al costo dell’ECM. La formazione residenziale è sempre “troppa”? Perché non puntare di più sulla e-learning e sulla formazione sul campo?
Parlerei di “strategia di strategie”, cioè di modalità formative diverse. Non possiamo pensare di puntare le nostre carte su un solo strumento, ma dobbiamo garantire un pluralismo metodologico proprio per aderire il più possibile alle caratteristiche delle realtà che vogliamo affrontare. Il nuovo programma di ECM insieme alla formazione residenziale prevede e-learning, formazione sul campo e altre forme di aggiornamento. Inoltre, sono stati previsti dei criteri per quantificare le varie modalità, come componenti di una “strategia di strategie”. Tutte sono comprese e tutte usabili: la formazione non è riducibile a un solo metodo. Magari fosse così semplice, ma in realtà non è così!
Per concludere, un suo commento sul lavoro del gruppo paritetico Stato-Regioni sulla ECM.
Il riordino del sistema è frutto di un lungo e faticoso lavoro, dove difficoltà ed ostacoli non sono certamente mancati. Ma non è stato un lavoro condotto a porte chiuse: abbiamo costantemente coinvolto gli ordini e le varie categorie, abbiamo avuto diversi passaggi di confronto anche con le Regioni. Credo che il Programma di ECM 2007-2010 risponda ai bisogni di tutte le categorie professionali in ambito sanitario, e che il il sistema avrà un buon consenso.