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Evidence-based Nursing: sfide e prospettive
Parliamo di aggiornamento: sono più utili le sintesi EBM della letteratura che non le fonti originali; promossi i libri ma solo per apprendere metodi e concetti chiave, non per aggiornamenti clinici. Parliamo di ruoli: il personale infermieristico è ancora deponente rispetto al medico e ciò pone problemi pratici ed etici.
Le infermiere sostengono spesso di essere troppo occupate dai problemi dei malati per consultare con attenzione le riviste scientifiche. Come si può, invece, trovare il tempo di restare aggiornati? Le sintesi della letteratura evidence-based possono aiutare a risolvere questo problema?
E’ vero: pochi di noi hanno il tempo di sfogliare le riviste scientifiche, specialmente perché sono davvero tante. Altro problema è che le riviste lasciano al lettore il compito di valutare criticamente il contenuto scientifico degli articoli, così che chi legge deve verificare autonomamente la qualità dei contenuti per decidere se applicarli o meno nella propria pratica professionale. Al contrario, è meglio impiegare il proprio poco tempo a disposizione per accedere alle risorse che già offrono materiali prefiltrati in base alla Hierarchy of Pre-processed Evidence che ho presentato al convegno di Trento del 19 e 20 ottobre.
Quando possibile, le prime evidenze di cui andare in cerca sono quelle che definirei “a livello di Sistema”, vale a dire – per esempio – una linea guida di pratica clinica, utilizzando la National Guidelines Clearinghouse, il Registered Nurses Association of Ontario Best Practice Guidelines, i siti Evidence-Based Nursing e Turning Research into Practice.
Anche quando le prove sono evidenti, infermieri e medici possono essere molto lenti nel cambiare I loro comportamenti clinici e assistenziali; le organizzazioni possono, e in che modo, accelerare il passo verso nuovi modelli e pratiche assistenziali?
I medici hanno maggiore autonomia rispetto alle infermiere quando si tratta di cambiare abitudini cliniche. Proprio in occasione del convegno di Trento ho portato ad esempio il caso della tricotomia preoperatoria, procedura che – come ormai ben sappiamo – causa più danni che benefici. Il personale infermieristico che ne è consapevole non è in grado di interrompere l’adozione di questa pratica senza il consenso dei chirurghi ed il sostegno dell’organizzazione. Invece, i medici possono, per esempio, iniziare subito a prescrivere un nuovo farmaco non appena abbiano letto un nuovo studio giudicato di alta qualità scientifica. Questo pone problemi etici importanti per la professione infermieristica.
La ricerca clinica ha ripetutamente dimostrato che la variabilità a livello di organizzazione è responsabile del 40 per cento delle differenze riscontrate nell’adozione di una pratica diversa da quelle in uso. Tra questi fattori organizzativi ci sono il valore che le diverse organizzazioni assegnano all’uso della ricerca, l’attitudine della dirigenza e la disponibilità di risorse.
Cambiare la pratica di un’organizzazione rappresenta una sfida e richiede strategie articolate; dalla valutazione del contesto per stabilire la disponibilità al cambiamento, al coinvolgimento precoce di chi conta nel gruppo (specialmente coloro che è probabile siano meno ricettivi ma altamente influenti); dall’uso di strategie interattive per favorire il cambiamento della pratica da parte del personale del nursing, fino al sostegno economico del lavoro “esemplare” di alcuni operatori al fine di promuovere il cambiamento nella pratica e la valutazione del successo dell’impegno rispetto alla struttura, al processo e agli esiti. Esistono numerosi modelli sviluppati per guidare il cambiamento nella pratica, gran parte dei quali include componenti come quelli descritti. Qui raffigurato è il modello di Dobbins, che ho illustrato nel corso del convegno.
“Dobbiamo avere un ‘sano rispetto’ per le prove, ma non esserne tirannizzati”, ha scritto Gordon Guyatt: qual è la sua opinione? Pensa che l’attenzione del nursing per i dati qualitativi possa rendere più equilibrato l’approccio della evidence-based medicine?
Sempre di più, da parte di tutte le professioni sanitarie compresa la Medicina, viene riconosciuta l’importanza della ricerca qualitativa per approfondire problematiche che non possono trovare – o alle quali non si dovrebbe poter trovare- risposta tramite metodi quantitativi di ricerca. Mentre sia le prove qualitative sia quelle quantitative sono fondamentali da considerare nel nostro processo di decision-making, ci sono altri elementi ai quali occorre prestare eguale attenzione. Li sintetizzerei in questa figura.
Lei è tra i curatori del noto manuale “Evidence-based Nursing”: quale ruolo possono ancora giocare i libri e la carta nell’educazione continua degli infermieri?
I libri sono strumenti importanti per l’insegnamento e l’apprendimento delle metodologie, per esempio sui metodi della ricerca, del critical appraisal, vale a dire della valutazione critica della letteratura scientifica. Comunque, quando si tratta di ricercare le evidenze, i libri non possono mantenerci aggiornati sulle novità più recenti così come invece può avvenire con le fonti elettroniche.
24 ottobre 2007