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Faccio un blog, e mo’?
Etica, politica e libertà della scienza è lo spazio di riflessione organizzato per fornire uno strumento efficace al dibattito etico laico nel nostro Paese, attorno all’ingerenza della politica sulle questioni che riguardano la scienza e la medicina e sulla contrapposizione fra acquisizioni scientifiche e pronunciamenti istituzionali. Un blog nato per iniziativa di due medici colleghi…
Come è nata l’idea di aprire il blog?
L’idea è nata lo scorso dicembre dopo aver scritto una lettera aperta sull’uso distorto della scienza da parte delle ideologie. Come medici intensivisti, coinvolti in prima persona con il tema della fine della vita, avevamo voluto esprimere e denunciare le nostre preoccupazioni sui pericoli della gestione istituzionale di problematiche quali la sospensione della nutrizione e idratazione artificiale e la scelta di cura per le persone in stato vegetativo e i nati prematuri. Una volta scritta la lettera ci siamo chiesti quale poteva essere il luogo di condivisione e di aggregazione. In realtà, l’idea del blog ci è venuta dopo aver tentato altre strade più tradizionali e già battute che però pongono alcuni limiti, non da ultimi limiti di ordine politico come abbiamo riscontrato con il Lancet.
Cioè?
Avevamo mandato la lettera aperta al Lancet con richiesta di pubblicazione. A distanza di ben quindici giorni il Lancet ci aveva risposto, giustificandosi per il ritardo, che la nostra richiesta era in fase di valutazione. Alla fine la lettera non è più stata pubblicata “per motivi di spazio”. In realtà, considerato che il contenuto della lettera chiama in causa le responsabilità del Governo e di alcune istituzioni, è plausibile che il Lancet non abbia voluto esporsi, altrimenti non si spiega neppure perché abbia dichiarato esplicitamente in un primo momento il suo interesse nella corrispondenza e-mail.
L’esperienza del blog ha atteso le vostre aspettative?
Nel giro di pochi giorni abbiamo ricevuto numerosi commenti, nonché adesioni alla lettera. Il blog è servito inizialmente come strumento di condivisione e poi si è trasformato in uno strumento di sottoscrizione alla lettera. In tutto abbiamo raccolto oltre 300 firme: un risultato più che soddisfacente, imputabile in parte alle caratteristiche del blog, quale strumento di aggregazione, in parte all’attualità del tema che proprio in quei giorni era dibattuto sui media. Ma dopo questa crescita esponenziale, la curva è scesa progressivamente approssimandosi quasi allo zero. A quel punto ci siamo trovati con questo blog, i commenti ricevuti e le firme, senza sapere però che farne. Se mi chiede se sono soddisfatto del blog quale strumento di comunicazione e di aggregazione, mi è difficile nascondere le mie perplessità…
Quali sono le sue perplessità?
Il blog ci garantisce tempi rapidi nello scambio di messaggi, massima visibilità, accessibilità in qualsiasi posto e in qualsiasi momento della giornata da un qualsiasi computer collegato alla rete, eccetera. I vantaggi sono evidenti in termini di quantità, tuttavia è anche vero che in rete circola una tale quantità di spazzatura che fa spavento (per rendersene conto basta andare su Facebook, il blog dei blog!). Il rischio è che il blog penetri facilmente, a discapito però della qualità. Inoltre, sono dell’idea che il fatto di aggregare rapidamente non faccia necessariamente l’evidenza.
In che senso?
Sulla base della mia esperienza ho l’impressione che la quantità di persone raccolte con il blog non sia sufficiente per dare sviluppo e seguito alla tua idea, per portarla automaticamente in superficie. Puoi rimanere da solo con la tua idea, oppure con altre persone che hanno partecipato al tuo blog, ma perché la tua idea abbia una risonanza è necessario fare un salto ulteriore di comunicazione. Questa è una prima perplessità sui blog che mi è stata confermata anche dall’esperienza di altri blogger. L’autore di un altro blog sul tema della libertà di cura ha raccolto un numero di adesioni dieci volte superiore alle 300 firme di Etica, politica e libertà della scienza. Mi ha confessato che alla fine anche lui si è domandato che cosa avrebbe dovuto fare di tutte quelle firme.
Altre perplessità?
La difficoltà di sapere se il tuo blog è un campione rappresentativo. Cosa devo mettere al denominatore dei 300 firmatari della lettera? Il numero degli italiani, oppure il numero dei soli medici italiani, oppure di persone con determinate caratteristiche? Quel numeratore è rappresentativo della popolazione generale o stiamo discutendo all’interno di un gruppo più o meno allargato di persone con una matrice culturale omogenea? Ho l’impressione che il blog rappresenti più un giro di opinioni intra-tribù piuttosto che inter-tribù, e che l’idea attorno al quale si sviluppa il blog perda di intensità. Questa considerazione si collega a un altro dubbio che personalmente ho sull’efficacia del blog, cioè alla perdita di massa critica nella blogosfera. Accade che più blog intervengano su un tema condividendo la medesima idea. Se si unissero avrebbero un maggiore impatto. Al contrario accade che A, B e C pensano la stessa cosa e, invece di convergere in una quarta unità D, procedono ciascuno per la propria strada, senza riuscire ad ottenere quella massa critica, che è essenziale per passare a un piano superiore per espandere quanto più possibile il tuo pensiero. Purtroppo quello che sta mancando oggi giorno è proprio la massa critica. Ci sono stati momenti della storia del nostro Paese (vedi la legge sul divorzio e quella sull’aborto) in cui le persone si sono aggregate in massa, hanno espresso la loro posizione e l’hanno fatta valere. Non mi sembra che questo sia accaduto con il testo di legge sul testamento biologico che è stato approvato dal Senato. Dove erano le persone? Abbiamo sentito dire che c’erano molte persone alla manifestazione a Piazza Farnese, ma non altrettante erano sul blog…
C’è chi sostiene che “i blog sono come il sé freudiano: una vita immediata, priva di filtri per comunicare con chiunque voglia ascoltare”. Un buon punto di partenza per condividere ed espandere un’idea…
Un buon punto di partenza. Resta il fatto che nella dimensione virtuale puoi condividere un’idea senza però approfondirla e confrontarti con gli altri. Inoltre, nel blog si perde il confronto e la discussione vis a vis. Personalmente in questo contesto di comunicazione sento di perdere il senso di appartenenza ad un gruppo di discussione e la fisicità del momento dell’ascolto; mi manca la dimensione “umana”. Riconosco che questo mio pensiero sia quello di un nostalgico delle discussioni nelle aule universitarie o nella sezione di un partito o nella stanza della pausa caffè dei medici. Ma ho la presunzione di mettere un segno meno (magari anche un punto interrogativo tra parentesi) davanti ai blog, quale luogo di eccellenza della discussione e del pensiero. Continuo a pensare che lo sviluppo delle idee possa avvenire dentro l’umanità, nella relazione tra gli uomini. E la relazione tra uomini non può essere qualcosa di virtuale, non può essere puro pensiero relegando il suo artefice alla dimensione non tangibile del blog.
Non pensa che il blog sia un buon terreno per coltivare le idee?
Di certo non da solo. Ciascun mezzo di comunicazione ha i suoi punti di forza e di debolezza. Ma intravedo grigi scenari qualora il blog dovesse diventare l’unico strumento per scambiarsi opinioni e idee, che opera in piena autonomia al di fuori del rapporto fisico tra le persone e non integrandosi ad esso. Il mio timore è che il web sociale stia diventando il sostituito del mondo reale, quale luogo delle relazioni e dello sviluppo del pensiero e della riflessione umana.
Le sue perplessità valgono anche per i blog incentrati su contenuti scientifici?
Anche in questo caso dipende da come viene utilizzato il blog. Se la sua funzione vuole essere quella di raccogliere in tempi brevi informazioni su informazioni, dati su dati, casi su casi, rischia di diventare un cassonetto della spazzatura piuttosto che un luogo di crescita del sapere medico-scientifico. La lettura, l’analisi e la verifica dei dati, la sintesi e la discussione come raffinamento dei risultati, il confronto delle evidenze in letteratura sono operazioni che richiedono tempo. Penso che comprimere tutte le procedure nello spazio e nei tempi della blogosfera sia controproducente per lo sviluppo della conoscenza scientifica.