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La bioetica a parole

Per sapere di cosa stiamo parlando quando parliamo di bioetica

Cosa vi ha spinto a pubblicare un dizionario di bioetica?

Elena Nave | Perché il dizionario permette un’immediata fruibilità del nostro oggetto di ricerca. È diretto e preciso rispetto al nostro interesse di indagine. Le tematiche bioetiche attualmente più dibattute abbracciano vari campi del sapere e spesso sono più di una quelle che destano la nostra attenzione, che vorremmo approfondire. Il dizionario è uno strumento che lo consente.

Maria Teresa Busca | Siamo partite dal dizionario invece che dal manuale proprio per voler rendere ragione di tutto ciò che accade nella vita delle persone attraverso quei termini che sono ormai diventati di uso comune. Per esempio, la parola “triage” che fino a due anni fa era una parola estranea a molti ma con il covid-19 è diventata di uso comune e similmente anche diversi altri termini quali “terapia intensiva” e “allocazione delle risorse”. A parte il mio amore personale per i dizionari che danno a ogni termine abbia la giusta definizione affinché venga usato nella maniera più adeguata, è stato il desiderio di chiarire in maniera semplice quelli che sono i problemi della vita. La bioetica è proprio questo: un lungo ragionamento su quello che accade nella vita di tutti e che perciò deve rispondere alle domande di tutti.

Semplificare concetti riguardanti le dimensioni morali delle scelte che rimandano a diverse idee e teorie etiche è una grande sfida…

Maria Teresa Busca | Abbiamo cercato di semplificare anche termini molto complessi a partire dal significato delle parole che li definiscono. Quando sentiamo delle parole o le vogliamo usare per chiarire e spiegare cosa sta accadendo nel mondo oppure nella nostra vita o nella vita di altre persone a noi vicine sentiamo la necessità di conoscere il loro preciso significato…

Elena Nave | Lo confermo. Un’impresa nella quale non ci saremmo impegnate se non forti della competenza delle autrici e degli autori che abbiamo riunito in questa raccolta di termini. Hanno portato –  sforzandosi ognuno di rendersi comprensibile tramite un registro linguistico quanto più divulgativo possibile –  rigore ed esaustività in ogni voce, occupandosi dei termini dei propri settori di studio, ricerca o attività clinica.

Come parlare di bioetica ai giovani?

Maria Teresa Busca | Da diversi anni abbiamo affrontato tematiche della bioetica con gli studenti delle scuole superiori dove siamo state chiamate come Consulta di bioetica, l’associazione culturale che vuole promuovere lo sviluppo del dibattito laico e pluralistico sui problemi etici nel campo della medicina e delle scienze biologiche. Gli insegnanti ci chiedevano di spiegare ai ragazzi oltre a concetti di bioetica proprio i termini con cui essi venivano espressi affinché fosse a loro chiaro il significato e si potessero esprimere nel modo migliore. I giovani sentono il bisogno di parlare di problematiche di bioetica – dal fine vita alla procreazione medicalmente assistita, alla gestazione per altri, all’aborto, ecc. – perché coinvolti in prima persona per il semplice fatto di avere un nonno molto anziano oppure l’amica che è rimasta incinta.  Conoscere esattamente il significato dei termini è il primo passo per elaborare valutazioni e giudizi razionalmente giustificati. Proprio a partire dal materiale raccolto e prodotto per parlare ai giovani di bioetica è nato questo dizionario che ora lei sta sfogliando. Con il supporto di un informatico filosofo lo abbiamo ulteriormente arricchito con termini che riguardano le nuove tecnologie e il loro uso, dalle biotecnologie all’intelligenza artificiale. Serve capire il ragionamento che sta dietro ai giudizi che possiamo dare alle nuove tecnologie.

A chi può essere utile un dizionario di bioetica?

Elena Nave | A chiunque voglia farsi un’idea precisa e rigorosa degli oggetti di indagine di questa affascinante disciplina. Tali termini spesso coincidono con il nome di pratiche a cui si fa ricorso nell’arco della vita, e che sono dibattute dal punto di vista etico, pratiche sulla cui liceità morale non c’è accordo. In questo dizionario si presentano, in sintesi, anche le maggiori questioni etiche che i termini definiti sollevano. Considerate le molte parole di cui viene spiegato il significato, tutti potrebbero trovare qualcosa che incontri il proprio interesse.

Maria Teresa Busca | Pensiamo che questo dizionario sia utile a tutti gli interessati alla bioetica per ragioni diverse. Anche ai medici che sempre più specializzati nella propria professione sentono il bisogno di non perdere di vista le problematiche bioetiche che interessano tutte le discipline mediche. Nella Scuola superiore di bioetica che coordino e dove insegno, abbiamo molti iscritti tra cui anche medici che per un anno una volta al mese passano un’intera giornata a discutere di bioetica e a seguire delle lezioni.  Il presidente dell’ordine dei medici di Torino, Guido Giustetto, mi ha detto che lo sta leggendo come se fosse un romanzo.

Le parole della bioetica raccoglie la definizione di più di cento parole. C’è un lemma che oggi aggiungereste?

Maria Teresa Busca | Oggi aggiungerei la voce “no vax”. È un termine che non avevamo contemplato nella raccolta dei lemmi del dizionario perché allora aveva ancora preso così piede il movimento dei no vax che oggi è capeggiato anche da filosofi e intellettuali…

Elena Nave | La prima che mi viene in mente è “cyberbullismo”, “educazione digitale” in via generale. Ne constato una grave mancanza, ed è talvolta una mancanza letale, che miete vittime buone, sole e silenziose. Un’altra espressione che avrebbe meritato un approfondimento per le legittime questioni etiche che solleva è: “assistenza sessuale dei disabili”. I nostri preparatissimi autori si sono molto spesi per spiegare le espressioni e i termini relativi alla sessualità umana; non ci siamo forse spinti quanto avremmo potuto nell’esplorare questo aspetto specifico del suo esercizio.

Per introdurre il libro avete scelto una frase del filosofo morale William Frankena che cita due peccati ricorrenti nel pensiero etico: la mancanza di chiarezza e il compiacimento dell’ignoranza. Qua è il vostro auspicio?

Elena Nave | “… proprio i peccati lottando contro i quali Socrate morì oltre 2000 anni fa”. Questo testo l’ho conosciuto alle lezioni del professor Maurizio Mori, che lo ha tradotto in lingua italiana. In poche righe qui si condensano molti concetti. Se la “mancanza di chiarezza” è un problema nei dibattiti pubblici in via generale, nelle questioni bioetiche lo è ancora di più. L’ambiguità lessicale in questo campo si fa strumento di manipolazione, crea suggestioni, e rende difficile confrontare le posizioni morali.
Cerco di spiegarmi: il pensiero etico di cui parla il Frankena è quello che ci consente di distinguere i giudizi morali a seconda delle ragioni che li sostengono, e di esprimere i nostri propri, ossia ci permette di difendere le posizioni che, ai nostri occhi, sono giustificate dalle ragioni più forti, che meritano il nostro sostegno morale.
Ora, per rendere possibile ed efficace un tale esercizio del pensiero occorrono “idee chiare e distinte” sull’oggetto proprio di indagine – dobbiamo chiaramente sapere di cosa stiamo parlando, e altrettanta chiarezza ci occorre nell’esaminare le questioni etiche che il nostro oggetto di valutazione solleva. La chiarezza, in questo senso, è una conquista che spetta all’impegno del singolo. In un diverso senso, la chiarezza è necessaria quando ci confrontiamo con gli altri. In questo caso è una conquista a cui si deve ambire in comunione, tutti insieme. Dobbiamo accertarci che i nostri interlocutori attribuiscano ai termini in uso nel discorso lo stesso significato che attribuiamo noi. Altrimenti, eventualmente, il nostro disaccordo morale non sarebbe un disaccordo morale. Staremmo solo parlando di due cose diverse. Facciamo un esempio: se qualcuno, in questi tempi in cui anche in Italia si è molto discusso della legalizzazione dell’eutanasia, ci chiedesse se siamo stati favorevoli all’eutanasia di Eluana Englaro (la giovane la cui vita è terminata dopo averne trascorsi oltre diciassette in stato vegetativo permanente), costui ci porrebbe una domanda ambigua. Il significato non univoco della domanda è dato dall’uso del termine “eutanasia” in un caso della storia della bioetica italiana in cui non si è ricorsi a una forma di eutanasia. La sospensione dei trattamenti di sostegno vitale che ha consentito la morte di Eluana è un esercizio – avvenuto tramite il rappresentante legale – della libertà di cura e terapia che nel nostro Paese viene tutelato.

Maria Teresa Busca | La chiarezza concettuale è molto importante. Non dobbiamo rincorrere sempre e soltanto i grandi maestri ma dobbiamo riuscire a chiarire le nostre idee, essere sempre pronti a fare qualcosa in più e ad approfondire il significato delle parole che descrivono problemi complessi e dilemmi etici. Spero che il nostro dizionario metta il lettore nella condizione di poter fare una crescita personale, raggiungendo proprio ciò che William Frankena auspica: “maggiore conoscenza fattuale e maggior chiarezza concettuale”.

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