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La chiamavano ECM. Ma è marketing

Sul BMJ è uscita da poche settimane una Analysis intitolata “Rethinking continuing medical education” (1), a firma di Alfredo Pisacane, medico e ricercatore da tempo coinvolto nello sviluppo di progetti di educazione continua in medicina. Pisacane ha presentato sette proposte per limitare il sostegno commerciale alla ECM. Dopo qualche giorno dall’articolo del BMJ, abbiamo un tempestivo Commentary di Arnold S. Relman, uscito sul JAMA: “Industry support of medical education” (2). Considerati i molti punti di convergenza tra il suo punto di vista e quello di Pisacane, abbiamo invitato il professor Relman a spiegare sinteticamente come la pensa ai lettori italiani.

Professor Relman, le istituzioni mediche e il personale sanitario dovrebbero accettare il sostegno dall’industria ai propri programmi educazionali?

A mio parere, sarebbe ora che chi guida i professionisti sanitari avesse ben chiaro che i medici, e non l’industria farmaceutica, devono avere il compito di formare i medici stessi. C’è un’evidente e importante differenza tra l’educazione continua accreditata del professionista e l’informazione sui nuovi prodotti che l’industria farmaceutica eroga per scopi di marketing.

Due cose diverse, dunque.

Certamente, e la responsabilità dell’educazione del medico dovrebbe essere interamente nelle mani della professione medica.

E riguardo gli aspetti economici?

La separazione delle due attività farebbe sì che non ci sarebbe finanziamento a compromettere, o persino a chiamare in causa, l’integrità e l’indipendenza di ciò che è oggetto dell’attività didattica o degli stessi docenti.

Nessuna compromissione.

Sì, d’altra parte il marketing dei medicinali è il lavoro dell’industria. Alle aziende piace chiamarla “educazione continua”, ma non lo è: è marketing.

Se ci basassimo sulle prove di efficacia, sostiene Pisacane, per l’ECM sceglieremmo soluzioni didattiche più economiche; lei che ne pensa?

Credo anch’io che l’educazione continua in medicina non dovrebbe essere così costosa come oggi; sono anche convinto che i medici che partecipano a programmi di formazione professionale dovrebbero essere disposti ed essere in grado di pagare qualcosa per la propria crescita professionale.

Cosa consiglia alle associazioni dei medici e alle istituzioni?

Penso che l’industria e le istituzioni che fanno didattica medica dovrebbero ciascuna riconoscere le proprie responsabilità, separate e diverse, senza invadere la sfera altrui. Quella che negli Stati Uniti chiamiamo la “medical Academy”, così come lo staff che la compone, non appartiene al marketing farmaceutico così come il marketing farmaceutico non appartiene all’educazione del medico.

Più rispetto dei diversi ruoli, pertanto?

Sì, più rispetto per la distinzione dei ruoli sia da parte della Academy, sia da parte dell’industria; solo così potremmo arrivare ad un rapporto più sano e onesto tra le due parti.

24 settembre 2008

Bibliografia

1. Alfredo Pisacane. Rethinking continuing medical education. BMJ 2008;337:a973
2. Arnold S. Relman. Industry support of medical education. JAMA 2008;300:1071-3

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Chi è Arnold Relman

Arnold S. Relman è una delle più note personalità della Medicina internazionale; è stato direttore del Journal of Clinical Investigation e, dal 1977 al 1991, del New England Journal of Medicine; è autore del libro A Second Opinion: Rescuing America’s Health Care, pubblicato dalla Perseus Book nel 2007; è Professore Emerito alla Harvard University School of Medicine.

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