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Quando la teleconsulenza funziona
Quali opportunità la telemedicina offre alla dermatologia?
La dermatologia si presta all’approccio telematico perché rispetto ad altre branche della medicina presenta il vantaggio di fare la diagnosi innanzitutto sull’esame obiettivo delle lesioni cutanee, e sulla storia personale e familiare del paziente. Per richiedere un parere autorevole a distanza è quindi sufficiente una buona macchina fotografica e una connessione alla rete.
Voi lo avete verificato non solo sulla carta ma anche in pratica…
Presso la Clinica Dermatologica dell’Università de L’Aquila abbiamo preso in esame l’applicazione della telemedicina alla dermatoscopia, una metodica strumentale non invasiva per lo studio in vivo delle lesioni pigmentate cutanee che permette di visualizzare parametri, altrimenti non visibili, con il solo esame clinico ingrandendo la lesione fino a 100 volte le dimensioni reali. E abbiamo verificato che per attivare un sistema di teledermoscopia è sufficiente disporre di strumenti molto semplici che vanno da un obiettivo e una macchina fotografica a un collegamento a Internet. Le immagini sono state trasmesse usando il sistema store and forward, cioè prima sono state salvate e in un secondo momento sono state inviate a una quindicina di centri dislocati in diverse parti del mondo che partecipavano al nostro studio.
Ma il paziente non veniva visitato?
Praticamente in ospedale visitavamo i nostri pazienti e acquisivamo le immagini di quelle che erano a nostro avviso le lesioni più “pericolose”. Quindi programmavamo l’asportazione di queste lesioni per eseguire un esame istologico e nel frattempo inviavamo per e-mail le corrispondenti immagini dermoscopiche archiviate in formato digitale ai centri collegati.
Quali risultati avete ottenuto?
Abbiamo confronto l’esito della telediagnosi a distanza sia con quella del clinico che ha visitato face to face sia con i risultato dell’esame istologico del campione asportato. I risultati ottenuti sono stati ottimi per gli specialisti con un’alta competenza in dermatoscopia, intermedi per quelli che avevano un livello medio di preparazione e scarsi per i colleghi che invece non avevano alcuna esperienza. E in alcuni casi la telediagnosi si è rilevata ancora più affidabile di quella fatta direttamente sul paziente. Quindi non è tanto la metodica che funziona o meno, ma piuttosto è l’esperienza del consulente che incide sull’affidabilità del risultato, almeno per quanto riguarda questo particolare approccio diagnostico che si basa sulla valutazione dei parametri dermatoscopici delle lesioni pigmentate cutanee, fornite dall’immagine, senza la necessità di visitare realmente il paziente.
Quindi in una scala da uno a dieci quali i benefici della teledermoscopia in termini di accuratezza diagnostica?
Il grado di accuratezza diagnostica delle teledermoscopia è completamente sovrapponibile alla dermoscopia face to face e dipende dall’esperienza dell’operatore che “guarda” la lesione: alto per quelli bravi, basso per quelli meno bravi. Pertanto, non vi è nessuna differenza significativa tra il clinico che visita il paziente e il collega che fa la telediagnosi se ha un alto livello di esperienza nella metodica.
Quali pericoli più frequentemente si corrono?
Il rischio maggiore è duplice. In primis, la possibilità che venga fatta la diagnosi della lesione sbagliata: il neo da analizzare viene scelto a priori da un primo operatore e non direttamente dal clinico che lavora a distanza, quindi si può correre il pericolo di analizzare il neo sbagliato a causa di un errore incorso prima della teleconsulenza. A questo si aggiunge rischio legato alla qualità delle apparecchiature impiegate nell’acquisizione delle immagini che, se non adeguata, potrebbe mettere il consulente clinico nella condizione di formulare un parere su un campione dove non sono ben visualizzati parametri dermatoscopici, da cui dipende l’affidabilità della diagnosi. È dunque essenziale che la qualità delle immagini sia quantomeno accettabile.
Quali accorgimenti – anche di tipo “tecnologico” – sono quindi necessari per minimizzare il rischio di errore?
Una buona macchina fotografica e una buona connessione. Le macchine fotografiche digitali di ultima generazione hanno raggiunto alte prestazioni e rappresentano a mio avviso la tecnologia migliore per l’acquisizione delle immagini. La linea per la trasmissione delle immagini deve essere più o meno veloce a seconda dell’urgenza della risposta che si attende. Nel caso in cui la diagnosi vuole essere real time, e non store and forward, sono indispensabili attrezzature più avanzate che garantiscono un’alta qualità di visione di una sequenza di immagini in tempo reale e non della singola immagine a distanza in secondo tempo dalla sua acquisizione. Si tratta di un teleconsulto più complesso, ma comunque fattibile, che richiede un maggiore investimento finanziario in rete telematiche a fibre ottiche o satellitari.
Ma già con una tecnologia elementare ed economica è possibile fare una buona diagnosi…
Sì. E lo abbiamo verificato in un altro studio multicentrico di telepatologia che ha dimostrato la validità e l’utilità dei mezzi telematici nella trasmissione di preparati istopatologici. Anche in questo studio dal confronto della diagnosi convenzionale con la telediagnosi non abbiamo rilevato grosse differenze nel risultato ad eccezione dei casi già di per se particolarmente difficili; come per la teledermoscopia l’affidabilità diagnostica è dipesa per la maggior parte della bravura del primo operatore a cui spettava la scelta del campo del vetrino da fotografare.
Quali sono gli ostacoli per rendere operativa una rete nazionale o internazionale di telemedicina?
Gli ostacoli sono soprattutto di tipo medico legale. Se la diagnosi è sbagliata, la responsabilità è della persona che ha fatto la telediagnosi o della persona che ha visitato il paziente? Oppure di entrambi? Purtroppo ad oggi non c’è una legislazione ben chiara che tutela sia le figure professionali coinvolte nella telemedicina sia il paziente. Un altro ostacolo – da non sottovalutare – è il problema della remunerazione del consulente che desidera essere retribuito a meno che non decida di dare la sua consulenza come favore personale o ai fini di uno studio clinico. Quando la telediagnosi verrà resa operativa a tutti gli effetti, dovrà quindi essere pianificato un compenso per i medici e andrà pensata una regolamentazione medico-legale.
E ostacoli di natura culturale?
Non più di tanto. Anche in Italia ci siamo evolvendo in questo senso. Alcuni pazienti più anziani, meno “tecnologici”, preferiscono sicuramente la diagnosi face to face a quella a distanza, però non penso che sia un limite per lo sviluppo di questo sistema diagnostico.
Quale le ripercussioni della teledermoscopia nel contesto del “secondo parere”? E quali relazioni si instaurano?
Sulla base della mia esperienza considero la telediagnosi applicata alla dermatologia un utile strumento per mettere in comunicazione medici specialisti di diversi centri. Scelta la lesione da diagnosticare, un dermatologo utilizza il mezzo telematico per rivolgersi a un centro di eccellenza e per ricevere dal collega più esperto una valutazione diagnostica o un supporto. In questa rete di comunicazione difficilmente può rientrare il medico di base perché non ha le competenze per selezionare le lesioni e potrebbe quindi mandare in consulenza delle lesioni sbagliate.
E il paziente non potrebbe richiedere il secondo parere?
No, fatta eccezione per quei casi in cui la lesione da diagnosticare è ben visibile in una foto del paziente o viene richiesta la lettura di analisi cliniche. Nel caso di un esame istologico, il paziente non è assolutamente in grado di sapere qual è la parte importante da vetrino e qual è l’ingrandimento che può dare un’informazione diagnostica: solo un patologo o un istologo ha le competenze per fare questo tipo di scelta.
Prossimi traguardi della telemedicina in dermatologia?
La telediagnosi automatizzata in cui il secondo parere viene chiesto alla macchina. Un suo sviluppo potrebbe essere la telediagnosi assistita che prevede la realizzazione di uno spazio virtuale dove i medici possono inviare delle immagini dermatologiche che vengono analizzate da un sistema automatizzato. Si tratta di un metodologia ancora a livello progettuale e non riproducibile nella pratica. In collaborazione con un team di ingegneri, abbiamo sviluppato un sistema analogo di diagnosi assistita (Nevuscreen): la macchina è in grado di riconoscere i contorni della lesione da esaminare e i parametri geometrici diagnostici sulla cui base calcola un ABCD dermoscopico, un algoritmo universalmente riconosciuto in dermatoscopia di routine calcolato sulla base delle informazioni elaborate dall’uomo. In questo caso a fornire la parte informativa non è l’uomo bensì il computer (colori, bordi, perimetro, strutture dermatoscopiche che il computer riconosce e inserisce in questo algoritmo che produce il risultato diagnostico: lesione tranquilla, lesione a rischio). È un sistema abbastanza riproducibile, ma servono ancora degli studi per confermarlo.
Per saperne di più…
Piccolo D, Peris K, Chimenti S, Argenziano G, Soyer HP. Jumping into the future using teledermoscopy. Skinmed 2002: 20-4. [abstract]