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AIDS, salute globale e empowerment

L’epidemia di HIV ha avuto vaste ripercussioni, dalle politiche sanitarie a livello globale al rapporto medico-paziente.

Ripercussioni che riguardano tutte le persone, più di quanto si possa immaginare. Come spiega Allan M Brandt (Harvard University) sul New England Journal of Medicine “l’Aids ha trasformato il sentire comune nella salute pubblica, nella pratica della ricerca, nell’atteggiamento culturale e nei comportamenti sociali (…) l’epidemia di HIV e le risposte che ha provocato sono state forze con un ruolo cruciale nella creazione della nuova salute globale”.

L’epidemia di HIV ha portato anche a una concezione “globale” della salute, nata dal riconoscimento del carattere sovranazionale dei problemi legati alla malattia, che non possono essere affrontati da singoli governi. Una concezione globale della salute comporta anche una spinta a identificare le principali disuguaglianze nella salute e a sviluppare strategie per la loro riduzione; in quest’ottica le persone colpite dalla malattia hanno un ruolo fondamentale nella scoperta e nell’advocacy di nuovi trattamenti e strategie preventive, e hanno diritto a un accesso equo alle cure. “Quando si scriverà tutta la storia dell’epidemia di HIV” conclude Brandt “sarà importante riconoscere che senza questa epidemia non ci sarebbe un movimento per la salute globale, così come lo conosciamo oggi”.

Se oggi parliamo di empowerment del paziente, lo dobbiamo allo stimolo degli attivisti, delle associazioni di pazienti, che a partire dagli anni Ottanta pretesero di essere protagonisti nella ricerca e nelle scelte che li riguardavano, “cambiando così la traiettoria della ricerca e dei trattamenti”. Sono da poco trascorsi 30 anni dall’elaborazione dei principi di Denver, del “People With AIDS (PWA) Self-Empowerment Movement”: con questo manifesto “le persone con AIDS” chiedevano , tra l’altro, di essere coinvolte nelle decisioni a ogni livello, di non essere colpevolizzate, di partecipare a convegni con un ruolo attivo, per condividere esperienze e conoscenze; rivendicavano il diritto ad avere una vita emotiva e sessuale soddisfacente, a un trattamento medico di qualità senza discriminazioni di alcun tipo dovute a orientamento sessuale, genere, diagnosi, condizione economica o razza; diritto alla spiegazione di tutte le procedure mediche e dei rischi, di accettare o rifiutare trattamenti, a fare decisioni informate sulla propria vita; alla privacy, al rispetto umano, a scegliere chi sono le persone di riferimento dal punto di vista affettivo; a morire e vivere con dignità.

E come dice Mark S King (HIV/AIDS Advocate) nel suo post How ’The Denver Principles’ Changed Healthcare Forever: “la prossima volta che un medico vi consulta in merito al cambiamento di una terapia o sulla necessità di un test diagnostico, dovete ringraziare i principi di Denver” (o viceversa, ogni volta che un paziente si sente autorizzato a chiedere spiegazioni al proprio medico) e in particolare quel gruppo di ’persone con AIDS’ che si riunì di propria iniziativa nell’ambito della National Lesbian and Gay Health Conference, elaborò il manifesto e lo presentò alla fine della conferenza suscitando la commozione della platea.

arabella festa

Ancora sull’Aids
– In occasione della VII Conferenza dell’International Aids Society (Kuala Lampur, Malesia) sono state presente le nuove linee guida dell’OMS, con indicazioni che vanno dalla prevenzione alle gestione degli effetti collaterali dei farmaci.
– Sul NEJM Peter Piot e Thomas Quinn fanno un bilancio di 30 anni di impegno globale contro l’AIDS con una panoramica degli ultimi progressi e delle sfide future.
– Il Lancet dedica all’HIV un numero speciale.

Fonte
Brandt AM. How AIDS Invented Global Health. N Engl J Med 2013; 368: 2149-52

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