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Armi da fuoco nelle case, facciamo il punto
La nuova rivista dell’Omceo di Torino ilpunto.it, che ha come partner editoriale Il Pensiero Scientifico Editore, presenta un focus sulla detenzione delle armi da fuoco da parte dei cittadini che fornisce un ricco e variegato ventaglio di occasioni di riflessione riguardo alle quali proveremo di seguito a “fare il punto”.
L’aumento costante di articoli sulle armi da fuoco pubblicati nelle riviste indicizzate nella biblioteca dei National institutes of health – ovvero quella a cui si accede attraverso Pubmed – è la conferma del crescente interesse da parte dei medici e dei dirigenti sanitari per il problema rappresentato dal possesso individuale di pistole e fucili, che costituisce ormai un grave pericolo per la salute e per la vita della popolazione degli Stati Uniti. Come scriveva nel 2020 Jerome Kassirer sul JAMA Internal Medicine, negli Stati Uniti “le pistole sono ovunque: nelle strade, nei centri commerciali, nelle nostre chiese e nelle nostre case. È diventato troppo facile in un momento di rabbia o depressione afferrare un’arma carica nel cassetto di una scrivania e uccidere qualcuno o noi stessi. (…) Piuttosto che proteggere dagli intrusi, le pistole in casa hanno molte più probabilità di essere causa di omicidio o suicidio che si autodifesa.” Un ruolo di fondamentale importanza nella prevenzione di incidenti legati al possesso di armi da fuoco da parte dei cittadini è rivestito dai medici che, anche a detta di Kassirer, sanno distinguere le persone più a rischio – per esempio quelle con tendenza suicidaria o omicida-, nonché quelle che presentano caratteristiche di rischio individuali: chi abusa di alcol o sostanze, chi ha precedenti di violenza, chi soffre di demenza o altro tipo di decadimento cognitivo. “L’identificazione dei pazienti con fattori di rischio”, chiosa Kassirer, “consente ai medici di indirizzare i propri interventi” in modo mirato e significativo.
Se negli Stati Uniti la diffusione di armi da fuoco è foriera di non poche preoccupazioni legate alla sicurezza e all’incolumità dei cittadini, anche in Italia le cose non vanno meglio. Secondo quanto riporta ilpunto.it in questo interessante articolo, fra il 2014 e il 2017 si sono registrati 12.877 suicidi, di cui oltre mille con un’arma da fuoco. Del resto, è sotto gli occhi di tutti come, da alcuni anni, l’accesso alle armi da fuoco sia diventato più facile anche grazie alle nuove regole sulla concessione del porto d’armi per il tiro sportivo.
Manca un controllo reale e, come ha dichiarato Giorgio Beretta, dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa, “le norme per ottenere una licenza sono troppo blande.” Per acquistare un’arma da fuoco non sono richiesti esami psichiatrici né tossicologici, sono sufficienti un «certificato di capacità di maneggio dell’arma», che si ottiene rapidamente al poligono, e un certificato medico che attesti l’assenza di problemi psichici o tossicodipendenze.
Inoltre, si legge, “in pochi si preoccupano di revocare un porto d’armi a chi è stato oggetto di un trattamento sanitario obbligatorio e nessuna norma permette di mettere in connessione l’uso di farmaci per il controllo dell’ansia, della depressione o più in generale di disturbi psichiatrici con la possibilità di avere a casa, dentro un cassetto, un revolver o un fucile. Come abbiamo detto, sul porto d’armi c’è meno controllo che sulla patente di guida. Eppure le armi non sono neutre. Hanno un solo uso possibile: quello di sparare.”
In una società come la nostra, in cui crescono gli elementi di incertezza, di solitudine e di senso di abbandono, dovrebbe esserci un maggior controllo sulle armi, sulla loro diffusione e sul loro uso. A possedere gli strumenti adatti per cogliere le condizioni di salute della mente e per comprendere e valutare le situazioni di pericolo sono i medici che, come ha detto recentemente Filippo Anelli (presidente della Federazione nazionale medici chirurghi e odontoiatri – Fnomceo), sono i “garanti di quei diritti, di quei principi e di quelle libertà alla base della nostra democrazia”.
Se il dovere principale del medico è la tutela della vita, tra i tanti fronti aperti per la professione potrebbe trovare spazio anche questo: “In un momento in cui la Fnomceo vede anche i propri professionisti direttamente colpiti da una escalation di violenza e chiede l’adozione di soluzioni volte a garantire la sicurezza dei medici, riaffermare i valori etici di rispetto e solidarietà domandando una maggiore cautela nell’accesso alle armi da fuoco da parte dei cittadini è un tema importante sul quale riflettere.”
Avviandoci a concludere questo excursus sulla relazione potenzialmente pericolosa che lega la detenzione di armi da fuoco con i rischi correlati di fare un uso improprio di quelle stesse armi, non possiamo non toccare il tema dei femminicidi. Cominciamo col leggere che “più della metà delle donne vittime di femminicidio è uccisa dal proprio partner – marito, compagno, fidanzato o amante – che in poco meno di otto casi su 10 abitava con la donna.” Proseguiamo venendo a sapere che “l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e sulle politiche di sicurezza e difesa (Opal) precisa che un omicidio su quattro è stato commesso da legali detentori di armi.” Concludiamo con una domanda retorica: quante armi “leggere” ci sono nelle case degli italiani?
Anche per quanto riguarda i femminicidi, il ruolo del medico balza alla ribalta. “Nel percorso sanitario delle vittime di violenza – leggiamo sulla nuova rivista dell’Ordine di Torino – un ruolo centrale e decisivo dovrebbe essere assunto dai medici di famiglia, in particolare nei piccoli centri, ai fini di individuare i segnali di rischio per la vita delle donne. Dall’indagine è emerso infatti che molte donne avevano confidato solo a loro gli atteggiamenti vessatori subiti al fine di chiedere la prescrizione di farmaci per l’insonnia o per gli attacchi di panico o una qualsiasi forma di supporto; i disagi comportamentali o fisici dei bambini della coppia; le preoccupazioni per la condizione di salute mentale del marito. Specie rispetto a coppie anziane, è risultato che i medici di famiglia conoscono anche la storia clinica del futuro femminicida, poiché raccolgono le sue confidenze circa i suoi stati di disagio”.
Erica Sorelli
Ufficio Stampa Il Pensiero Scientifico Editore
Le norme per il rilascio del porto d’armi per uso sportivo sono le stesse da molti anni.
L’unica ”nuova regola” é che ne stata ridotta la validità da 6 a 5 anni, quindi aumentando sia i costi che la frequenza della visita medica per il rinnovo.
Scrivere che sarebbe più facile ottenerlo non corrisponde a verità.
Per quanto riguarda il femminicidio, le armi da fuoco non sono utilizzate nella maggior parte dei casi, quella riguarda le armi da taglio.