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Ben Goldacre e la Reboxetina

“I medici che prescrivono farmaci non sanno che questi talvolta non fanno quello che in realtà dovrebbero fare, e nemmeno i loro pazienti. I produttori di farmaci invece lo sanno bene, ma non lo dicono”. Ecco in sintesi il messaggio principale del libro “Bad Pharma” di Ben Goldacre, medico, ricercatore e giornalista che tiene una seguitissima rubrica settimanale sul quotidiano britannico Guardian e gestisce il dissacrante blog www.badscience.net

Per descrivere il modo in cui l’industria farmaceutica mina il processo scientifico in favore del proprio profitto, Goldacre parte proprio dalla sua esperienza clinica e racconta: “La Reboxetina è un farmaco che io stesso ho prescritto. Altri farmaci non avevano funzionato per uno dei miei pazienti, così abbiamo deciso di provare qualcosa di nuovo. Ho letto i dati dei trial clinici prima di compilare la ricetta, e ho trovato solo studi ben progettati e con risultati più che positivi.(…) Il paziente e io abbiamo discusso brevemente le evidenze disponibili, e abbiamo concordato sul fatto che era il giusto trattamento da provare. Ho quindi compilato una ricetta. Ma entrambi eravamo stati tratti in inganno”.

Alice Fabbri, Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale, Università di Bologna, spiega sul blog di Politica sanitaria Salute Internazionale qual è l’inganno di cui parla Goldacre. “Nel 2010, un gruppo di ricercatori ha raccolto tutti i dati che erano mai stati prodotti sulla Reboxetina, sia degli studi che erano stati pubblicati sia di quelli che non erano mai apparsi in pubblicazioni scientifiche. Quando tutti questi dati sono stati analizzati, quello che si è delineato è stato un quadro sconvolgente. Sette studi erano stati condotti confrontando Reboxetina con un placebo. Solo uno, condotto su 254 pazienti, aveva portato a un chiaro risultato positivo, ed era stato pubblicato su una rivista accademica. Ma anche altri sei trial erano stati realizzati, con un numero di pazienti dieci volte superiore. Tutti questi studi avevano mostrato che la Reboxetina non era migliore del placebo; tuttavia nessuno di questi studi era stato pubblicato. Il quadro che si configura è ancora peggiore se si considerano le ricerche che hanno confrontato la Reboxetina con altri farmaci. In questo caso, quando sono stati analizzati gli studi non pubblicati, si è scoperto che i pazienti avevano più probabilità di avere effetti collaterali – e di abbandonare l’assunzione del farmaco proprio a causa di tali effetti – se stavano assumendo Reboxetina piuttosto che uno dei farmaci concorrenti”.

Ecco lo sconfortato commento di Goldacre: “Ho fatto tutto quello che si suppone un medico debba fare. Ho letto gli articoli, li ho valutati criticamente, li ho compresi, li ho discussi con il mio paziente e abbiamo preso una decisione insieme, sulla base delle evidenze disponibili. Secondo i dati pubblicati, la Reboxetina era un farmaco sicuro ed efficace. In realtà, non era meglio di un placebo e, peggio ancora, erano più gli svantaggi che i benefici. Come medico, ho fatto qualcosa che, sulla bilancia di tutte le prove, ha danneggiato il mio paziente, semplicemente perché i dati negativi non erano stati pubblicati”. Paradossalmente in questa vicenda nessuna legge è stata infranta; la Reboxetina è ancora in commercio, ma soprattutto, come sottolinea giustamente Goldacre, il sistema che ha permesso che tutto questo accadesse è rimasto immutato. Quello della Reboxetina tra l’altro è solo uno dei numerosi casi in cui le industrie farmaceutiche hanno consapevolmente insabbiato i risultati di studi che mostravano gli effetti collaterali dei loro farmaci.

Fonte: Fabbri A. Ricerca scientifica: non è sufficiente dire Bad Pharma. Salute Internazionale 17 dicembre 2012.

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