Il rischio di complicazioni gravi è sensibilmente più elevato in caso di parti cesarei non indicati clinicamente rispetto a quelli per i quali c’è una precisa indicazione. L’unico mezzo efficace per migliorare gli outcome clinici è praticare tagli cesarei esclusivamente in caso di precisa indicazione clinica. Lo afferma una ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità presentata sulla rivista Lancet.
I ricercatori coordinati da A. Metin Gülmezoglu del Department of Reproductive Health and Research dell’OMS hanno analizzato i dati di 9 Paesi asiatici: Cambogia, Cina, India, Giappone, Nepal, Filippine, Sri Lanka, Thailandia e Vietnam. In ogni Paese sono stati presi in esame i parti avvenuti nella capitale e in altre 2 province o regioni per due mesi, per un totale di 109.101 parti. Il tasso di cesarei è risultato del 27,3% (n=29.428), e l’indice di rischio di mortalità e morbilità materna (presenza di almeno un fattore tra mortalità, ricovero in Terapia Intensiva, trasfusione, isterectomia, ligatura dell’arteria iliaca interna) è risultato sensibilmente più elevato per tutti i tipi di taglio cesareo (antepartum senza indicazione clinica 2,7, 1,4–5,5; antepartum con indicazione clinica 10,6, 9,3–12,0; intrapartum senza indicazione clinica 14,2, 9,8–20,7; intrapartum con indicazione clinica 14,5, 13,2–16,0).
Spiega Gülmezoglu: “Nelle 122 strutture ospedaliere asiatiche prese in esame, più di 1 paziente su 4 subisce un cesareo. Il taglio cesareo dovrebbe invece essere praticato esclusivamente in presenza di precise indicazioni cliniche. Gli operatori sanitari hanno il dovere di prendere in esame i potenziali rischi del cesareo e informare correttamente le loro pazienti”.
Fonte
Lumbiganon P, Laopaiboon M, Gülmezoglu AM et al. Method of delivery and pregnancy outcomes in Asia: the WHO global survey on maternal and perinatal health 2007–08. The Lancet 2009; DOI:10.1016/S0140-6736(09)61870-5.