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Clima fuori controllo? Manca una seria informazione

“La maggior parte degli scienziati ritiene che siano in atto cambiamenti climatici e riconosce il ruolo causale dell’attività umana sul riscaldamento del pianeta, sostenendo la necessità di interventi in grado di ridurre le emissioni di gas serra”, così esordisce Paola Michelozzi del Dipartimento di epidemiologia del Ssr del Lazio in un articolo pubblicato sulla rivista Forward. Michelozzi, che interverrà sul tema del “tempo” il prossimo 31 gennaio alla giornata 4words 2019, sottolinea che stiamo vivendo una grande contraddizione: “da una parte scienziati e gruppi ambientalisti chiedono immediate azioni per prevenire una catastrofe ambientale, dall’altra l’assenza da parte del mondo politico di tutti i paesi di una risposta coordinata e vincolante”. Questo perché la comunità scientifica è sostanzialmente incapace di trasmettere messaggi chiari. Dal momento che i messaggi alla popolazione sono quasi sempre filtrati dalla politica e dai media, le informazioni che arrivano ai cittadini sono spesso contraddittorie e ingenerano molti più dubbi di quanti non ne chiariscano. “Lo sforzo futuro”, sostiene l’epidemiologa, “dovrebbe essere quello di riuscire a far sì che le persone si riconoscano come cittadini piuttosto che come consumatori condividendo un impegno su scala globale, ma essendo contemporaneamente in grado di riconoscere i benefici per la tutela del proprio territorio, del miglioramento della qualità della vita, del benessere personale e di quello collettivo”.

Questa stessa riflessione emerge sull’ultimo numero del New England Journal che vuole richiamare l’attenzione sugli effetti devastanti che i combustibili fossili stanno causando su scala globale. Lo sgretolamento del nostro sistema climatico, che un tempo era solo una preoccupazione teorica, si sta ora compiendo sotto gli occhi di tutti. Il numero delle vittime provocate da potenti tempeste, inondazioni, siccità e incendi è in costante aumento. Altre conseguenze inquietanti del dissesto climatico sono rappresentate dal dilagare di stress psicologico, instabilità politica e migrazione forzata. Gli effetti dell’emergenza climatica sono principalmente costituiti da problemi di salute e rappresentano un rischio per tutti noi, anche se a patirne maggiormente sono le persone più fragili o povere. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite ha concluso che per evitare gli effetti più catastrofici dei cambiamenti climatici dovremmo ridurre le emissioni globali di gas serra entro il 2030 e abolirle del tutto entro il 2040.

Le azioni individuali sullo stile di vita – ad esempio, camminare o andare in bicicletta, mangiare meno carne, ridurre lo spreco alimentare e risparmiare acqua ed energia -, che sono le più facili da intraprendere, offrono molti benefici per il benessere personale e per il miglioramento della salute individuale. Tuttavia, per quanto utili e da incoraggiare in ogni modo, non sono assolutamente sufficienti per vincere la sfida. Bisogna, infatti, tenere conto che, a fronte della diffusione delle cosiddette buone pratiche, a remare contro ci sono i giganteschi interessi finanziari delle organizzazioni coinvolte nell’industria dei combustibili fossili e l’ottusità di politiche che rinnegano la validità delle scienze che si occupano di clima. Per vincere la sfida, dunque, sarà necessario cambiare radicalmente le nostre istituzioni e l’intera società.

Un primo passo in questa direzione è rappresentato da un radicale cambiamento nella comunicazione dei rischi climatici ai cittadini. A questo riguardo, l’articolo del New England Journal of Medicine si dipana a lungo sulle responsabilità istituzionali del sistema sanitario negli Stati Uniti e sulle sue scarse capacità di comunicazione, dal momento che la maggior parte degli statunitensi percepisce il cambiamento climatico come un problema lontano che non li riguarderà personalmente e, in ogni caso, anche coloro che dimostrano una maggior consapevolezza si sentono semplicemente impotenti.

Invece, si legge, i medici potrebbero svolgere un importantissimo ruolo educativo sui cittadini: facendo capire con chiarezza gli effetti che i cambiamenti climatici hanno sulla salute e promuovendo scelte che conducano a ridurre rapidamente l’uso di combustibili fossili. I medici potrebbero, altresì,  aiutare a motivare le persone ad agire chiarendo i legami tra degrado ambientale e problemi concreti, come l’inquinamento atmosferico, le malattie trasmesse dagli insetti e il colpo di calore.

Del resto già qualche anno fa Anna Maria Bargagli e Paola Michelozzi erano arrivate alle medesime conclusioni nel loro bel libro intitolato Clima e salute (Pensiero Scientifico Editore) di cui consigliamo la (ri)lettura per fare il punto sulla correlazione tra comunicazione dei cambiamenti climatici e rischi per la salute. Fermo restando, sosteneva Paola Michelozzi, che “la prevenzione primaria è rappresentata dalle politiche da mettere in atto per rallentare, stabilizzare o invertire i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas serra”, nei prossimi anni il ruolo della comunità scientifica sarà di fondamentale importanza per incentivare e promuovere un mutamento profondo nelle coscienze dei cittadini. Segnatamente, spiegava ancora, la comunità scientifica sarà dirimente “per identificare proposte e azioni concrete per affrontare i rischi per la salute dei gruppi di popolazione più vulnerabili, per contrastare le diseguaglianze socio-economiche di salute e di accesso ai servizi, per promuovere investimenti in tecnologie sostenibili, per identificare e sostenere programmi educativi che favoriscano stili di vita associati ai maggiori benefici in termini di salute, contribuendo allo stesso tempo alla riduzione delle emissioni di gas serra”.

Erica Sorelli

4words. Le parole dell’innovazione in sanità

Centro congressi Fontana di Trevi
Roma, 31 gennaio 2019

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