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Cosa è cambiato dal 1978?
Sono passati quarant’anni dalla nascita del nostro sistema sanitario nazionale. Una ricorrenza che merita una riflessione sui traguardi raggiunti e come garantirne la sostenibilità prossima e futura. Per capire che cosa capita dentro e fuori il nostro continente nella gestione della salute la rivista Torino Medica dell’Omceo di Torino ha dedicato un ricco approfondimento ai sistemi sanitari nel mondo (qui il numero della rivista). “La qualità effettiva e la capacità di gestione dipendono dalle decisioni politiche, dalla motivazione e dalla preparazione degli operatori e dalla maturità dei cittadini, dal superamento delle diseguaglianze. Variabili tutte indispensabili, ma difficili da armonizzare”, scrive Mario Nejrotti, direttore della rivista.
Il nostro sistema sanitario nazionale ha una buona impalcatura che ne giustifica l’ammirazione che desta nel mondo. Ma è un’impalcatura che va preservata per evitare quella decrescita infelice prospettata da Marco Geddes da Filicaia, autore di La salute sostenibile (guarda l’intervista video). “Iniziamo già a sentire gli effetti dei tagli alla sanità pubblica degli ultimi anni: sono in aumento gli anni trascorsi in cattiva salute, è peggiorata l’accessibilità ai servizi pubblici a causa dei lunghi tempi di attesa e dell’elevato prezzo dei ticket”, commenta Gavino Maciocco di Saluteinternazionale.info. “Dobbiamo chiederci quanto potrà durare il nostro servizio sanitario pubblico se le condizioni non cambiano e se la sua sostenibilità sembra poter dipendere solo da un secondo pilastro privato sanitario che i nostri politici presentano come unica soluzione…” (leggi l’intervista a pp. 22-24).
Il cosiddetto “secondo pilastro” si rende oggi così necessario? È una valida soluzione per contenere la spesa sanitaria e ridurre la spesa out-of-pocket? Secondo Gilberto Turati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (leggi l’intervista a pp. 26-27) “è un modo sbagliato di porre la questione: è urgente che la politica dia una risposta chiara di dove vuole andare col sistema pubblico. In base a quella risposta potremo discutere se ha senso o meno espandere l’attività di intermediazione della spesa privata”. Da non sottovalutare, sempre in un’ottica di sostenibilità del sistema sanitario, è la questione della corruzione che Turati definisce “la parte più volgare dell’inefficienza: non solo il sistema sanitario nazionale spreca soldi che potrebbero essere usati meglio, addirittura c’è qualcuno che ci guadagna in modo fraudolento. Ricordiamoci sempre che 100 euro di spesa gonfiata per la corruzione (o l’inefficienza) sono 100 euro in meno per il sistema sanitario nazionale e avrebbero magari offerto una giornata di vita in più (e forse un sorriso) a un qualche paziente curato dal sistema pubblico”.