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I misteri del microbioma umano

Per microbioma umano si intende la enorme popolazione di batteri, funghi e virus che vive nel nostro corpo, soprattutto nell’apparato digerente ma anche sull’epidermide, nel cavo orale, nell’apparato urogenitale, nell’apparato respiratorio. Questi microbi sono 20 volte più numerosi delle cellule del nostro corpo: parliamo di circa 200 bilioni di unità di più di 1000 specie diverse in un essere umano adulto. La variabilità di questa popolazione è semplicemente incredibile: si stima che solo il 17% dei ceppi batterici presenti sulla mano sinistra di un uomo sia presente sulla sua mano destra. Vista in quest’ottica, una persona non è soltanto un individuo della specie umana, ma un superorganismo costituito da numerosi ecosistemi, ognuno essenziale alla sopravvivenza del tutto.

Si stima che un neonato ‘erediti’ dalla madre circa 100 ceppi batterici durante il parto (solo se vaginale) e altre decine con il contatto con la pelle della madre nelle fasi immediatamente successive al parto. Altri ceppi arrivano da personale sanitario e familiari (soprattutto il padre ed eventuali fratelli e sorelle, le persone insomma alle quali sono permessi i contatti più diretti con il neonato). A 6 mesi di vita in media il neonato umano ospita 700 specie di microbi, e alla fine del terzo anno un bambino ha una popolazione di microorganismi unica come una impronta digitale.

È in corso l’Human Microbiome Project, una iniziativa dei National Institutes of Health con il fine di identificare e caratterizzare i microrganismi e il loro rapporto con lo stato di salute e di malattia dell’uomo. Si tratta di un progetto quinquennale con un budget complessivo di 115 milioni di dollari dal quale ci si attende molto. Quello che però è già chiaro sin d’ora è che il ruolo del microbioma nella salute umana è molto più importante di quanto non si credesse: comprendere le dinamiche delle popolazioni batteriche simbionti e governarle, invece di bombardarle con antibiotici – potrebbe rivelarsi in futuro la strategia vincente per sconfiggere numerose patologie anche gravissime.

“Il sequenziamento genico ha aperto la porta su enormi territori inesplorati popolati da comunità con interazioni molto complesse”, spiega Patrick Seed del Duke University Medical Center: finora i batteri venivano coltivati in dischi di Petri, ma questa tecnica di coltura è in grado di identificare solo circa il 20% dei ceppi batterici. “Il concetto classico di infezione è un singolo organismo che invade il nostro corpo e si riproduce inducendo una serie di alterazioni. Ma poi si è scoperto che certe patologie sembrano essere causate da squilibri nella popolazione di organismi che comunica con l’ospite. Allora perché questo nuovo modello non dovrebbe applicarsi a molte malattie?”. La ricerca attualmente ipotizza che alterazioni del microbioma siano alla base di patologie infiammatorie croniche, allergie, diabete, obesità: e sono solo alcuni esempi. “Più elevata è la diversità, minore la probabilità che patogeni esterni possano invaderci e stabilirsi in ambienti interni al corpo umano”, spiega Richard Ostfeld del Cary Institute of Ecosystem Studies di New York. “Se tutte le nicchie sono occupate, diventa difficile per gli ‘invasori’ trovare posto”.

Sono ormai numerose le conferme cliniche di questa ipotesi: in uno studio i ricercatori dell’US Department of Agriculture hanno introdotto nella dieta di polli d’allevamento una 29 specie batteriche allo scopo di realizzare una ‘esclusione competitiva’ e successivamente li hanno esposti alla Salmonella, alla quale sono notoriamente vulnerabili; la colonizzazione da parte della Salmonella è risultata inferiore del 99% rispetto al normale. In un altro studio un campione di flora batterica estratta da topi obesi è stato inoculato in topi non obesi inducendo – a parità di intake calorico – un repentino aumento di peso. Tali dinamiche sono anche alla base dei benefici effetti degli alimenti probiotici sulla salute intestinale umana, effetti ormai ampiamente dimostrati.

Ma non sta solo nella ‘esclusione competitiva’ il ruolo del microbioma nella patogenesi: recentemente Sarkis Mazmanian e June L. Round del California Institute of Technology hanno scoperto che topi di laboratorio privati di microbioma non sono in grado di sintetizzare la molecola anti-infiammatoria denominata IL-10, e tornano in grado di farlo se viene loro inoculata una nuova flora batterica. Questo e altri dati farebbero supporre ciò che era impensabile fino a qualche anno fa: il corredo genetico del nostro microbioma interagisce con l’ambiente al fianco del nostro. Avremmo in sostanza due genomi: il genoma umano (statico) e il microbioma (dinamico), e quindi le fluttuazioni nella popolazione che costituisce il microbioma si tradurrebbero nell’insorgenza di patologie (o nella loro remissione). Quindi l’abilità di governare tali fluttuazioni è la Medicina del futuro.

Fonte: Tennesen M. The trillions of microbes that call us home – and help keep us healthy. Discover Magazine 13/07/2011.

david frati

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