La FDA ha recentemente deciso di ritirare la autorizzazione all’uso di Bevacizumab per il trattamento del carcinoma mammario metastico in prima linea, in associazione con paclitaxel, alla luce del rapporto benefici-rischi non soddisfacente emerso dagli studi clinici.
Una analoga presa di posizione non è stata presa da EMA ed AIFA, e pertanto l’uso in Europa ed in Italia è tuttora possibile l’impiego del farmaco. La decisione dell’FDA ha suscitato molte discussioni, in quanto in tutti gli studi in cui bevacizumab è stato impiegato nel carcinoma mammario è stato di fatto raggiunto l’end-point principale, rappresentato dal Progression Free Survival.
“È altrettanto vero che in nessuno studio si è osservato un beneficio in sopravvivenza, e questo è l’aspetto principale su cui si è basata la decisione FDA, insieme a quelli della incidenza di effetti collaterali (per lo più ben gestibili) e dei costi (sicuramente elevati). E proprio sull’aspetto degli end-point credo sia opportuna una riflessione”, commenta Antonio Frassoldati, Direttore dell’Oncologia clinica dell’Ospedale Sant’Anna di Ferrara.
“La presa di posizione americana è comunque importante, e, nonostante oggi l’uso del bevacizumab nel carcinoma mammario sia possibile, credo richiami ad una attenzione ancora maggiore per un uso appropriato, soprattutto in quelle pazienti per le quali esistano alternative terapeutiche, e per le quali sia ipotizzabile, per presenza di comorbidità, un possibile impatto sulla sicurezza”.
Fonti
Antonio Frassoldati. Il caso Bevacizumab: cosa insegna la decisione dell’FDA? Oncoinfo.it 01.12.2011