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Imaging cardiovascolare, il futuro è già qui

L’identificazione delle placche aterosclerotiche a maggior rischio di rottura è uno degli obiettivi principali della Cardiologia moderna. Un obiettivo che appare quanto mai vicino grazie all’avvento di due nuove tecniche di imaging che consentono di analizzare a fondo la superficie delle coronarie, con la possibilità di intervenire in tempo per prevenire la formazione dei trombi o la rottura degli stessi vasi. Entrambe queste tecniche sono state presentate in occasione del II Convegno internazionale “Live Ivus”, tenutosi nella splendida cornice di Siena.

“Il nostro principale obiettivo è quello di individuare i soggetti a rischio e quindi di individuare la presenza e l’estensione di placche vulnerabili, che sono il substrato dell’evento clinico cardiovascolare”, spiega Carlo Pierli, Direttore dell’U.O.C di Emodinamica del Policlinico Santa Maria delle Scotte e organizzatore dell’evento. “Ciò non è semplice nel caso delle coronarie, in quanto le tecniche non invasive come la TAC e la risonanza magnetica non sono abbastanza efficaci nell’identificare questo tipo di placche”.

L’individuazione e l’analisi istologica di queste placche è oggi possibile grazie a due nuove tecniche diagnostiche: la tomografia a coerenza ottica (OCT) e l’istologia virtuale. La prima “utilizza la luce laser che gira rapidamente all’interno della coronaria facendo delle scansioni”, ci spiega il Giulio Guagliumi, cardiologo presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo. “In questo modo siamo in grado di scannerizzare un’arteria coronarica in 3-4 secondi senza doverla occludere, con la possibilità di ottenere immagini con una risoluzione 10 volte superiore a quella degli ultrasuoni e che permettono di vedere dettagli come lo spessore del cappuccio delle placche o verificare se gli stent sono ‘a parete’ oppure no”.

La seconda tecnica diagnostica, invece, funziona con la stessa sonda impiegata per l’ecografia coronarica. “Con una codifica colorimetrica è possibili analizzare i vari elementi della placca e vedere se la placca è ad alto rischio” aggiunge Massimo Fineschi, Dirigente Medico di 1° livello presso l’Azienda Ospedaliera Senese che, nel corso del Convegno, ha mostrato l’utilità delle tecniche in due interventi chirurgici effettuati in vivo presso l’Ospedale di Siena e mostrati in diretta video nel corso del congresso. L’alba di una nuova era di imaging cardiovascolare invasivo è quindi già cominciata. Anche se, in futuro, i medici contano di ottenere lo stesso tipo di informazioni attraverso tecniche non invasive, come la risonanza magnetica o la TAC.

stefano massarelli

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