In molti, troppi casi, le scoperte incidentali di evidenze preoccupanti fatte durante imaging diagnostici effettuati nell’ambito di studi clinici su altri argomenti non vengono adeguatamente indagate né segnalate ai pazienti. Lo rivela uno studio pubblicato dagli Archives of Internal Medicine.
I ricercatori della Mayo Clinic di Rochester coordinati da Nicholas M. Orme hanno preso in esame 1426 imaging diagnostici effettuati durante trial clinici in corso nella loro struttura ospedaliera nei primi mesi del 2004. È emerso che le scoperte incidentali sono state ben 1055 (in molti casi più d’una in un singolo scan), per un totale di quasi il 40% del campione esaminato. Solo nel 6,2% dei casi i pazienti sono stati avviati a un approfondimento specialistico, negli altri casi la scoperta incidentale è stata trascurata perché non pertinente all’oggetto dei singoli trial in corso. “Sapevamo che le scoperte incidentali sono frequenti, ma sono stato sorpreso quando ho visto quel 40%”, ammette Orme. Va sottolineato che i dati nel caso della Mayo Clinic sono stati tutti notificati ai medici di Medicina Generale dei singoli pazienti, ma questa procedura è attiva solo in pochissime strutture ospedaliere d’avanguardia.
“Sebbene tutti abbiano la volontà di fare del bene”, spiega Susan Wolf della University of Minnesota Law School, “ci sono grossi problemi di budget e di carico di lavoro da considerare quando si analizza questo discutibile modo di procedere. Inoltre non va trascurato il fatto che in un trial su un dato argomento i referti magari vengono stilati da personale con un background e un addestramento non adatti a giudicare evidenze diagnostiche di ambito diverso. E infine, attenti a non confondere i ruoli del ricercatore e del clinico, che sono e devono restare diversi”.
Fonte: Orme NM, Fletcher JG, Wolf SM et al. Incidental Findings in Imaging Research – Evaluating Incidence, Benefit, and Burden. Arch Intern Med 2010; 170(17):1525-1532 doi:10.1001/archinternmed.2010.317