Il nostro rapporto con Jacopo è nato per uno strappo alla regola.
Solitamente non pubblicavamo volumi del genere “storie di pazienti” e quando, nel 2014, Diario di uno sfigato ventunenne è arrivato in casa editrice, non sapevamo davvero in quale delle nostre collane inserirlo. Ma il racconto ci aveva conquistato, così come il suo giovane autore. Privo di retorica, fresco, spontaneo, il libro era anche – inaspettatamente – allegro.
Quindi, alla fine, il modo lo abbiamo trovato perché il Diario di Jacopo Juri Grasso non si poteva non pubblicare.
Da allora Jacopo ci ha abituato a pensare a lui con sentimenti positivi. Per quante e tali fossero le “sfighe” (tante, troppe per una persona sola) a lui non si riesce ad associare un sentimento di pietà. Non nel senso più comune del termine. Dolore, sì, nel pensare ai numerosi ostacoli che ha dovuto affrontare fin da adolescente a causa della sua doppia malattia. Ma nel pensare alla sua vita – colma di passioni, talento, viaggi, natura, animali, amicizia, amore – le sensazioni dominanti sono altre: l’ammirazione, la bellezza, la fiducia nel futuro, non importa quanto lungo o breve possa essere. E questo anche grazie al suo stile unico (perché Jacopo non ha mai smesso di essere “stiloso”) e a quel giusto mix di leggerezza e gravità con cui viveva la vita.
Dopo l’intervista che ci ha concesso a febbraio del 2015, non ci siamo più incontrati di persona e ci siamo sentiti poco. Ma ci mancherà lo stesso. Ci mancherà sapere che c’era al mondo una persona così bella.
Ciao Jacopo, il Pensiero è con te.
Giulia Volpe