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Infarti stagionali
Nuove evidenze suggeriscono l’esistenza di una stagionalità nell’incidenza dell’infarto del miocardio. Al Congresso annuale dell’European Society of Cardiology (ESC) di Barcellona sono stati presentati i risultati di uno studio dello Skane University Hospital di Lund (Svezia), condotto su più di 280.000 pazienti, da cui è emerso un numero significativamente più alto di infarti miocardici nei periodi caratterizzati da temperature atmosferiche inferiori a 0° C.
La ricerca in questione è la più ampia mai realizzata sulla relazione tra l’incidenza di questa patologia e le condizioni metereologiche, avendo preso in considerazione tutti i casi (n=280.873) trattati in una unità coronarica tra l’1 gennaio 1998 e il 31 dicembre 2013. Questi sono stati analizzati in relazione alle informazioni riguardanti le specifiche caratteristiche meteo presenti al momento dei singoli attacchi, raccolte attraverso le centinaia di stazioni di rilevamento dello Swedish Meteorological and Hydrological Institute (SMHI). La temperatura atmosferica minima media è stata calcolata sia sull’intero territorio nazionale svedese che in sei aree specifiche e stratificata in tre fasce: <0° C, 1-10° C, >10° C. Dai risultati è emerso un numero medio giornaliero di infarti del miocardio più elevato nelle giornate caratterizzate dalle temperature più basse, rispetto a quelle più alte. Tale effetto è risultato statisticamente significativo su tutto il territorio nazionale. In particolare, in una giornata con una temperatura inferiore allo 0° C si sono verificati in media 4 infarti in più rispetto a una con più di 10° C. Tale aumento è risultato inoltre associato a velocità del vento più alte, a durate inferiori della presenza di luce solare e a livelli di umidità più elevati. Anche prendendo in considerazione sottogruppi specifici di pazienti (anziani, ipertesi, affetti da diabete, vittime di pregressi eventi cardiaci, soggetti sottoposti a trattamenti farmacologici) la relazione è risultata comunque statisticamente significativa. “L’effetto è stabile sia a livello nazionale che locale, – ha commentato Moman A. Mohammad, cardiologo dello Skane University Hospital tra gli autori della ricerca – il che suggerisce che le basse temperature possono rappresentare un fattore di innesco per l’infarto del miocardio”.
Il corpo risponde al freddo con una contrazione dei vasi sanguigni, che causa la riduzione della conduzione termica della pelle e il conseguente aumento della pressione arteriosa. Inoltre, si verificano tremore e aumento della frequenza cardiaca, che a loro volta determinano un metabolismo maggiore e un innalzamento della temperatura corporea. “Nella maggior parte delle persone questi meccanismi son ben tollerati, – ha concluso Mohammad – ma in soggetti aterosclerotici possono innescare un evento cardiaco”. Bisogna tuttavia considerare che la relazione individuata potrebbe essere spiegata, almeno parzialmente, da fattori come l’influenza e le infezioni del tratto respiratorio, la cui stagionalità è evidente e che costituiscono dei fattori di rischio. Allo stesso modo, essa potrebbe in parte dipendere da cambiamenti comportamentali quali una riduzione dell’attività fisica e l’adozione di pattern alimentari meno salutari.
Fabio Ambrosino
Fonte
Mohammad MA, Koul S, Rylance R, et al. Air temperature as an external trigger of ST-segment elevation myocardial infarction – a SWEDEHEART nationwide observational study. Presentato al Congresso annuale dell’European Society of Cardiology (ESC), 28 agosto 2017, Barcellona
Notizia pubblicata su Cardioinfo.it