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La Primary Health Care? Funziona eccome
I programmi basati sull’approccio Primary Health Care hanno portato un miglioramento dello stato di salute della popolazione ed un rafforzamento dei sistemi sanitari nei paesi a medio e basso reddito. Lo sostiene un articolo pubblicato sul blog Salute Internazionale.
Sono passati più di 30 anni dalla dichiarazione di Alma Ata, del 1978, cioè dalla definizione della Primary Health Care (PHC); una politica ed una strategia articolata pensata per migliorare lo stato di salute di tutta la popolazione, particolarmente rivolta ai più poveri, basata su pochi, semplici principi: facile accesso ai servizi, partecipazione delle comunità alle decisioni riguardanti la propria salute e alle attività sanitarie, enfasi su prevenzione e promozione della salute, tecnologie appropriate, integrazione dei servizi sanitari con altri settori, ad esempio la scuola, i trasporti, i lavori pubblici e sostenibilità degli interventi nel medio e lungo termine. I paesi a medio e basso reddito che hanno strutturato i loro sistemi sanitari sulla PHC sono riusciti ad aumentare l’accesso a servizi preventivi e curativi, in alcuni casi fino alla copertura universale ed in tempi relativamente brevi, come nel caso di Cuba, Sri Lanka, Kerala e Iran. Molti Paesi dell’America Latina, tra cui Messico, Brasile e Costa Rica hanno introdotto riforme del sistema sanitario nel senso della PHC negli ultimi anni con ottimi risultati in termini di copertura dei servizi. Paesi appena usciti da situazioni di conflitto, come Rwanda e Afghanistan, hanno introdotto pacchetti di servizi improntati alla PHC e i risultati preliminari indicano un rapido incremento dell’utilizzazione dei servizi relativi alla salute materno-infantile. La formazione e l’impiego su larga scala di figure professionali cliniche, non medici, formate secondo l’approccio PHC per trattare i problemi di salute più comuni ha permesso di aumentare enormemente l’accesso alla maggior parte dei servizi sanitari nell’Africa rurale. L’integrazione dei servizi di salute infantile, gestione delle malattie croniche, diagnosi e trattamento dell’HIV a livello di PHC ha portato risultati in termini di accesso, anche nelle aree rurali e periferiche dei paesi più poveri. Alcuni programmi prevedono anche l’integrazione della salute orale e della salute mentale nella PHC e sarà interessante valutarne i risultati.
Spiega Enrico Tagliaferri dell’U.O. Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera di Pisa: “I programmi basati sulla PHC hanno aumentato l’accesso ai servizi sanitari e si sono dimostrati efficaci nel migliorare alcuni tra i più importanti indicatori di salute, soprattutto, nelle fasce di popolazione più povere hanno indotto un rafforzamento dei sistemi sanitari nel loro complesso e a costi relativamente contenuti. Come sostenuto recentemente dal Direttore generale dell’OMS, Margareth Chan, la storia insegna che i programmi per lo sviluppo, per quanto ricchi possano essere, non migliorano durevolmente lo stato di salute della popolazione se non vanno a rafforzare il sistema sanitario nel suo complesso, in termini di infrastrutture di base, servizi e personale. Ciò sarà probabilmente ancora più vero nel prossimo futuro, visto che in molti paesi poveri si sta assistendo ad un impatto sempre maggiore delle malattie croniche non trasmissibili, con conseguente maggior impegno del sistema sanitario. Nel 2008, nel suo rapporto finale, la commissione dell’OMS sui determinanti sociali di salute, ha ricordato che le differenze nello stato di salute non sono frutto del destino, ma di scelte politiche sbagliate, ed ha indicato la Primary Health Care come modello per affrontare le cause sociali, economiche e politiche delle malattie. L’OMS ha recentemente ribadito che l’approccio della PHC è la strategia più efficace per affrontare i problemi della salute globale”.
Fonte
Tagliaferri E. La Primary Health Care funziona. SaluteInternazionale 05/05/2010