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La solitudine dei primi

Un labirinto fatto da pareti che ti guardano: è l’effetto della cosiddetta “face theory” per la quale cerchiamo sempre di inviduare un volto tra le immagini che ci assediano quotidianamente. Come già Jon Gray e Jamie Keenan avevano osservato nel 1997 nel loro libro “Twenty irrefutable theories of book cover design”, il viso è la prima e più diretta forma di comunicazione. Questo assunto è stato fatto proprio dagli editori di tutto il mondo che hanno decisamente scelto “facce” per le copertine delle loro novità.
E’ il caso di “La solitudine dei primi”, romanzo d’esordio di un nuovo scrittore italiano Giordano Di Paolo che, con una prosa accattivante e avvolgente, traccia le esistenze di un gruppo di universitari di Provincia, rassegnati alla marginalità culturale, professionale e sentimentale.
“La chiave per comprendere quello che definirei – ma sì – un vero e proprio affresco della postmodernità è nell’ordinazione in trattoria: come sa chi si accompagna ai giovani, la cena consiste ormai solo in primo, ed è in questa solitudine che si rivela l’isolamento dei ragazzi”… Le parole di Isabella Maiello de Castris, publisher e supporter personale di Di Paolo, rendono perplessi e inquieti.
E’ nella “comanda”, al dunque, che si svela un’Italia sola, incapace di costruire relazioni reali che vadano oltre la virtualità del social networking. Alla Bookfair il romanzo di Di Paolo è stato accolto con molto interesse: “E’ in lettua presso 8 editori anglosassoni, e 13 europei”, spiega la de Castris. Pare che lo scoglio sia nella traduzione del titolo e in una certa affinità con un altro recente libro di successo. Ma son solo malignità e sospetti…

carlo fudei

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