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Manovra finanziaria, ecco come colpirà la Sanità pubblica

Il blocco del turn over colpisce indiscriminatamente tutte le regioni e tutti i settori della sanità. Tale misura discrimina a favore del privato accreditato e favorisce l’esternalizzazione dei servizi. L’effetto finale della manovra Finanziaria 2010 sarà il ridimensionamento del pubblico e il riscatto del privato. Lo afferma Nerina Dirindin dell’Università di Torino in un post pubblicato sul blog di Politica sanitaria Salute Internazionale.

La sanità pubblica sembra essere il settore che più di ogni altro è stato capace di dotarsi, nel corso degli ultimi decenni, di riforme strutturali che hanno contenuto il tasso di crescita della spesa e hanno consentito un continuo (ancorché ancora insufficiente) miglioramento della qualità dell’assistenza. Il livello della spesa sanitaria pubblica è inferiore a quello dei principali paesi europei: 6,7% del Pil nel 2007, a fronte di una media dei paesi con sistemi di sicurezza sociale (Francia, Germania, Austria) dell’8,1% e una media dei paesi scandinavi con sistemi universalistici del 7,3% (Oecd Health Data 2009). Inoltre, la dinamica della spesa ha registrato negli ultimi anni un significativo rallentamento: mentre “nel periodo 2000-2005 il tasso medio di incremento della spesa sanitaria è stato pari al 7,3% annuo, nel periodo 2006-2009 il tasso è risultato pari al 2,9%” (Ministero dell’Economia, RUEF 2010).

Anche rispetto al resto del settore pubblico, la sanità mostra livelli di performance decisamente più soddisfacenti. Nel 2009, ad esempio, la spesa pubblica primaria totale è cresciuta del 4,9%, mentre la spesa sanitaria pubblica è cresciuta solo dell’1,9% (Banca d’Italia, Relazione Annuale sul 2009). I risultati sono frutto degli interventi messi in atto dalle singole regioni, autonomamente o obbligatoriamente a seconda della diversa capacità di governo.

A fronte di una situazione decisamente migliore che nel resto della pubblica amministrazione, quali gli interventi previsti dalla recente manovra per la sanità? Spiega la Dirindin: “Con riguardo al personale dipendente, la manovra adotta per la sanità pubblica lo stesso tipo di intervento previsto per il resto del settore pubblico: il blocco del turn over, il quale colpisce indiscriminatamente tutte le regioni e tutti i settori della sanità. Una operazione poco rispettosa delle competenze delle regioni in materia di organizzazione del servizio sanitario, alle quali compete la scelta fra produrre direttamente attraverso personale strutturato o acquistare da fornitori privati. Il blocco del turn over discrimina a favore del privato accreditato (non soggetto a vincoli nella combinazione dei fattori produttivi) e favorisce l’esternalizzazione dei servizi (pratica che purtroppo ha prodotto modesti risultati in termini di efficienza e ha esposto il settore alla penetrazione della criminalità organizzata). Il blocco generalizzato produce inoltre effetti perversi, che colpiscono di più le realtà più efficienti. Le regioni più virtuose, infatti, che già erano intervenute sulla dotazione quantitativa e qualitativa di personale, trovano difficile contenere ulteriormente l’organico, mentre le regioni con una storica maggiore dotazione di personale possono affrontare il blocco con minori problemi.”

“Un aspetto sottolineato con forza dalle Regioni riguarda il diverso sacrificio richiesto ai livelli decentrati di governo rispetto al livello centrale. Nonostante le regioni abbiamo dimostrato una maggiore capacità di controllo della loro spesa (rispetto al governo centrale), i tagli incidono maggiormente proprio su di loro. Secondo le stime delle Regioni, per il 2011 la manovra ricadrebbe per il 55% sulle Regioni, che però rappresentano solo il 20% dell’amministrazione pubblica. Perché tali squilibri? Perché il livello centrale ha scelto di imporre rilevanti sacrifici all’esterno del proprio ambito di responsabilità? Ancora una volta i tagli più odiosi, quelli che incidono sul benessere dei cittadini, sono rinviati alle decisioni (inevitabili) degli enti decentrati. Ridurre le risorse a Regioni e Comuni vuol dire costringerli a ridurre i servizi. Ed i primi servizi destinati ad essere sacrificati sono quelli sociali, già pesantemente segnati dagli interventi a riduzione del fondo nazionale sociale e delle risorse per la non autosufficienza. Una situazione particolarmente difficile proprio in un momento in cui dovrebbero, al contrario, essere definiti i livelli essenziali e stimato il relativo fabbisogno finanziario. L’attuazione del federalismo fiscale appare sempre più problematico, anche perché si rischia di attribuire agli enti decentrati responsabilità su settori privi di finanziamento e in assenza di autonomia finanziaria. La minore attenzione alle politiche sociali avrebbe ricadute negative anche sulle politiche sanitarie, sempre più interessate a un forte sviluppo del sistema socio-assistenziale. Infatti, solo una forte integrazione sul territorio con il sistema sociale può contribuire a migliorare il benessere delle persone, e a valorizzare gli interventi sanitari moltiplicandone le ricadute positive sugli assistiti. Inoltre, soprattutto nelle regioni virtuose, gli interventi sulla spesa sanitaria sono possibili grazie a una più decisa riduzione delle prestazioni sanitarie inappropriate ora erogate in sostituzione di quelle sociali, inesistenti o comunque molto carenti”.

Fonte
Dirindin N. La scure della manovra sulla sanità. Salute Internazionale 21.06.2010.

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