Modificare il tempo di residenza dei farmaci, cioè il tempo in cui la molecola di un principio attivo resta connessa al target, può portare alla sintesi di agenti diagnostici e terapeutici nettamente più efficaci. Lo sostiene uno studio presentato al meeting annuale dell’American Society for Biochemistry and Molecular Biology, appena conclusosi ad Anaheim, in California.
Spiega Peter J. Tonge, direttore del Infectious Diseases Research all’Institute for Chemical Biology & Drug Discovery della Stony Brook University: “Io e il mio team riteniamo che alcuni farmaci siano particolarmente efficaci a causa del tempo di residenza elevato. Si tratta di un aspetto praticamente ignorato dalla maggior parte dei ricercatori, tanto che il tempo di residenza non è usualmente incorporato nel processo di sviluppo di un farmaco. Ci si concentra piuttosto sull’affinità termodinamica di un farmaco, che però è valutata a concentrazioni costanti di farmaco sul target. In vivo, quando le concentrazioni di farmaco fluttuano, è invece il tempo di residenza che è cruciale.
Fonte: Tonge PJ. Slow onset inhibitors of bacterial fatty acid biosynthesis: residence time, in vivo activity and in vivo imaging. American Society for Biochemistry and Molecular Biology meeting 2010, Anaheim.