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Operatori sanitari e covid-19, l’occasione di cambiare il futuro

In un interessante articolo pubblicato su Recenti Progressi in Medicina, la storica testata del Pensiero Scientifico Editore, si affronta il tema della “pandemic fatigue” che colpisce gli operatori sanitari impegnati a contrastare la pandemia di SARS-Cov-2.

Al contrario di quanto accaduto durante la prima ondata pandemica, quando l’incertezza e la paura regnavano sovrane – come raccontano bene i quattro medici dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino, autori di Abbracciare con lo sguardo. Cronache dal reparto covid di cui consigliamo vivamente la lettura -, gli operatori sanitari oggi sembrano possedere meno risorse per contrastare il lento stillicidio di questi ultimi mesi rispetto a quelle messe in campo per affrontare l’impatto travolgente dei primissimi tempi. A questo proposito, si legge nell’articolo di Recenti Progressi in Medicina, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha introdotto il termine “pandemic fatigue” per indicare il malumore come reazione a una situazione senza apparente via d’uscita. “La prima preoccupazione è che medici e infermieri potrebbero non essere in grado di colmare ulteriormente le carenze (a questo punto in gran parte evitabili) del sistema sanitario. Perché le forze stanno venendo meno e perché è venuto meno il supporto da parte della popolazione. La seconda preoccupazione riguarda il disagio che potrebbe colpire gran parte degli operatori”. In altri termini si teme la diffusione di uno stato di malcontento e rabbia mai visto prima nonché la trasformazione della “pandemic fatigue” in “pandemic consumption”. 

Soluzioni rapide ma non strutturali

Anche sulle pagine di Forward, altra rivista di punta del Pensiero Scientifico Editore, l’attuale condizione dei medici è al centro della riflessione. “Al termine di questo 2020 possiamo con certezza dire che la pandemia in corso ha mantenuto alta l’attenzione sulla sanità italiana, facendo luce su problemi strutturali, organizzativi e tecnologici che per troppo tempo sono rimasti inascoltati” esordisce l’articolo firmato da Mirko Claus e Federica Viola, rispettivamente Presidente e Vicepresidente vicario di FederSpecializzandi, dedicato alla  paradossale carenza di medici denunciata da anni.

Nonostante se ne parli da molto tempo, negli ultimi anni ci sono stati soltanto dei timidi tentativi di arginare il problema, ma con lo scoppio dell’emergenza pandemica, la politica e le istituzioni coinvolte si sono trovati costretti ad affrontarlo. Così, sono emersi con indubitabile chiarezza gli effetti di “un decennio di cospicui tagli lineari che ha condotto a riforme che, se da un lato, hanno reso più efficiente il sistema, dall’altro lo ha fatto sulla pelle del personale sanitario, che dopo anni e complice il perdurare della pandemia è stremato.”

Le soluzioni adottate ad oggi per contrastare queste difficoltà non possono e non devono diventare la norma: “l’utilizzo indiscriminato di medici neolaureati e specializzandi con contratti precari nei reparti covid per esempio, qualora dovesse diventare strutturale e finalizzato esclusivamente all’assistenza, comporterebbe nel medio-lungo periodo uno scadimento della qualità delle cure”.

Sui legami tra sistema sanitario italiano e covid-19 si sofferma lungamente Marco Geddes da Filicaia nel suo ultimo libro Sanità ai tempi del coronavirus pubblicato dal Pensiero Scientifico Editore, un testo importante, esauriente e di gradevole lettura, che consente di non disperdere l’ampio spettro di conoscenze che questa drammatica esperienza ha fatto emergere. Perché il vero rischio che ci troviamo tutti a dover combattere, in primis come cittadini e potenziali pazienti oltre che come medici e operatori del settore, è che non si approfitti abbastanza del momento attuale per “dare una spinta forte e necessaria nella direzione dell’integrazione dei servizi con al centro unicamente la persona”, come spiegano Claus e Viola.

La formazione dei giovani medici è il punto cruciale attorno al quale ruota il futuro della sanità italiana e il timore che, terminata questa pandemia, la situazione attuale si fossilizzi è presente e reale: “lavorare in emergenza ha implicato trovare rapide soluzioni alle carenze, ma il rischio – come già vediamo da anni – è che le improvvisate misure temporanee diventino strutturali e definitive per inerzia”. 

Il problema della carenza di medici

Del resto, continuando a sfogliare l’ultimo numero di Forward, ci imbattiamo in un altro articolo su questo tema, intitolato in modo piuttosto evocativo “Quanti medici avremo nel 2030?” in cui il Presidente Fnomceo Filippo Anelli alla domanda “Cosa comporta la mancanza di medici nella gestione di una pandemia come quella di covid-19?” risponde: “Qualsiasi tipo di assistenza deve essere effettuata con un numero adeguato di medici e di personale sanitario per evitare un rischio clinico, un rischio di errore, di non avere il tempo necessario per pensare bene a quello che si deve fare. Le drammatiche immagini registrate tra marzo e aprile negli ospedali di Cremona, Piacenza, Parma, Bergamo, Lodi mostrano come i medici e gli infermieri facessero turni massacranti che talvolta superavano le 24 ore. Questo significa contare solo sulla passione, sul senso di abnegazione, ma la stanchezza determina un abbassamento dei livelli di qualità e di assistenza. Pensiamo, ad esempio, agli infermieri che devono essere pronti ad assistere malati che si sentono soli senza la possibilità di colloquiare con qualcuno. Credo che al termine della pandemia dovremmo fare tutti insieme una grande riflessione per dire che forse risparmiare in sanità significa compromettere la nostra salute e che un’organizzazione così frammentata tra Regioni non garantisce quel diritto all’uguaglianza che la Costituzione prevede”.

L’opportunità di migliorare

Alla luce di questo rapido excursus, possiamo dunque affermare con relativa sicurezza di non essere smentiti che la pandemia di SARS-Cov-2 può rappresentare una preziosa occasione di miglioramento e sviluppo. Perché, come scrive Nicholas Christakis nel suo bellissimo La freccia di Apollo pubblicato qualche settimana fa in contemporanea da Little, Brown & Company e da Il Pensiero Scientifico Editore, “la pestilenza scatenata da Apollo a Troia alla fine è cessata grazie all’intercessione di Achille ed Era, la regina degli dei. Dopo dieci giorni e molte vittime, le terribili frecce di Apollo si sono arrestate e l’arco è stato posato. Le epidemie finiscono. Ma il modo in cui arriveremo alla fine e in cui affronteremo questa antica minaccia ci definirà come persone”.

Erica Sorelli
Ufficio Stampa Il Pensiero Scientifico Editore

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