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Quando la disuguaglianza compromette la salute mentale

È stato da poco pubblicato dal Pensiero Scientifico Editore il bel libro di Alberto Siracusano e Michele Ribolsi intitolato La povertà vitale. Disuguaglianza e salute mentale. Già nel titolo gli autori enunciano senza possibilità di equivoci lo stretto legame tra carenza di risorse economiche e stato di salute psichica dei cittadini. Per rendere ancora più chiara la pregnanza di questo legame, Siracusano e Ribolsi utilizzano l’espressione di “povertà vitale”. La povertà vitale è uno stato di privazione in cui la mancanza non riguarda solo gli aspetti quantitativi ma anche la dimensione relazionale, affettiva, valoriale e spirituale della vita. Si tratta di un concetto nuovo, di tipo qualitativo, che permette di avere una visione più attenta e corretta dei fattori di disuguaglianza e svantaggio e di sviluppare interventi sociali e psicologici utili a migliorare la qualità di vita di coloro che vivono in uno stato di sofferenza mentale a vantaggio di una società sempre più civile.

Del resto, come si legge nella corposa recensione al volume, appena uscita su Bioetica News Torino, la rivista del Centro Cattolico di Bioetica di Torino, “la tematica è attualissima, tanto da aver catturato l’attenzione di stimati studiosi in tutto il mondo; già nel 2016 Michael Marmot, professore di epidemiologia allo University College di Londra, aveva coniato l’espressione “malattia della povertà”, attribuendo a questa piaga sociale ormai dilagante il potere di arrecare danni considerevoli alla salute mentale”. Basti pensare, come rileva più avanti  Ilaria Losapio nel corso della stessa recensione, a quanto siano interdipendenti le due grandi emergenze epidemiologiche della depressione e della povertà: “Il legame che le unisce si può definire circolare: uno stato di estrema povertà può infatti portare alla maturazione di forme di depressione; allo stesso tempo, forme acute di depressione possono causare apatia e impoverimento del funzionamento lavorativo, con conseguente perdita del lavoro”.

E anche nei casi in cui apparentemente la spiegazione del disagio comportamentale sembra esulare  da considerazioni economiche, in realtà scopriamo come il fattore della disuguaglianza sociale, che sempre affonda le sue radici nella disuguaglianza economica, costituisca in realtà il terreno fertile per l’instaurarsi  della povertà vitale. È quel che accade, per esempio,  quando ci si trova di fronte al fenomeno del bullismo. Per comprenderlo,  gli autori del volume introducono il concetto di doppia disuguaglianza secondo il quale sia il bullo che la vittima manifestano comportamenti di segno opposto, ma entrambi devianti dalla condotta standard: aggressività e sottomissione. “È lapalissiano”, scriva ancora Ilaria Losapio, “il legame tra bullismo e povertà vitale, dal momento che la povertà vitale, intesa come stato di impoverimento morale, affettivo e relazionale, può costituire la base psicologica su cui si sviluppa l’aggressività contro l’altro.”

Possiamo senz’altro affermare che, nella congiuntura attuale, la scelta di dedicare un libro al rapporto tra povertà e salute mentale rappresenta un passo necessario per comprendere l’impatto dei grandi cambiamenti sociali sul benessere psichico e sulla qualità della vita quotidiana di tutti noi.

Erica Sorelli

 

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